Dura polemica in Bosnia sull'uso di un vaccino contro l'epatite B. Sarebbe stato utilizzato benchè non del tutto sicuro.
Da alcuni mesi si trascina in Federazione bosniaca una polemica riguardante un vaccino contro l'epatite B, il Diteper. A luglio Pagoda Savic, direttrice dell'associazione "SOS Telefon" di Sarajevo, aveva accusato Zlatko Puvacic, direttore dell'Istituto Epidemiologico, di aver diffuso un vaccino scaduto.
Quasi tutti i medici in quell'occasione si erano schierati con quest'ultimo almeno sino a quando non è stata resa pubblica la notizia che un ragazzo di Sarajevo, proprio in seguito alla somministrazione del vaccino incriminato, sarebbe entrato in coma.
A Sarajevo è stato allora organizzato un simposio di esperti in materia, anche provenienti dall'estero, che però non hanno riscontrato nulla di particolare nel programma di vaccinazione deciso da Puvacic. Dopo qualche polemica, sollevata dalla stessa Savic, il congresso si è concluso. Da quest'ultimo è emerso che, per precauzione, sarebbe stato meglio sospendere la vaccinazione con il Diteper.
Ma in breve periodo sono emersi altri elementi. E' stato infatti lo stesso direttore dell'Istituto Epidemiologico ad affermare che alcuni vaccini provenienti dall'estero non erano regolari. In particolare sotto accusa uno stock di vaccini provenienti dall'Australia che avrebbero contenuto il batterio Pertosius.
"Altri vaccini, importati nel mese di giugno, non possedevano il tappo protettivo - ha denunciato Puvacic - e proprio per questo motivo potevano provocare l'encefalite". Proprio l'encefalite sarebbe alla base della tragedia che ha causato il coma del ragazzo a Sarajevo.
E Puvacic ha attribuito parte delle responsabilità al Ministero della salute. "I vaccini sono arrivati in Bosnia in seguito a forti pressioni effettuate sull'Istituto Epidemiologico dal Ministro stesso" dichiara quest'ultimo. Secca smentita del Ministro Misanovic, sino ad ora rimasto ai margini della polemica, "tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto su consiglio di Puvacic, è lui il primo responsabile per quanto è accaduto" dichiara al quotidiano Dvevni Avaz.
Del caso del vaccino contro l'epatite si sta occupando ora anche l'Interpol che vuole capire se i vaccini importati all'interno del progetto GAVI - così è stata chiamata la campagna contro l'epatite B - sono stati acquistati seguendo le procedure corrette e rispettando gli standard internazionali.
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