(Foto Gilderic, Flickr)

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Dure proteste impediscono ad una ong armena di realizzare un festival del cinema azero a Yerevan. L'opinione pubblica si divide, mentre continuano gli incidenti lungo la linea del cessate il fuoco in Nagorno Karbakh. Armenia e Azerbaijan stanno però negoziando e proseguono i colloqui a livello internazionale

29/11/2010 -  Ilenia Santin Yerevan

In seguito ai numerosi scontri registrati sul confine negli ultimi mesi, sono aumentati gli sforzi a livello internazionale per ridurre la tensione tra Armenia e Azerbaijan e scongiurare la ripresa di un conflitto in Nagorno Karabakh1.

Oltre a varie raccomandazioni sulla necessità di rispettare il regime del cessate il fuoco, l’OSCE ha deciso di inviare una missione di valutazione, svoltasi tra il 7 e il 13 ottobre, al fine di esaminare la situazione nell'area dopo l’intensificarsi degli incidenti lungo la linea di contatto. In attesa dei risultati della missione, altre misure sono state adottate nell’ottica dei negoziati di pace. In particolare, tra le cosiddette “peace building measures” che hanno caratterizzato il dibattito delle ultime settimane, si segnalano iniziative sia a livello di società civile che a livello politico internazionale.

Il festival del cinema azero a Yerevan

Nel primo ambito, dopo svariate iniziative volte ad avviare contatti tra organizzazioni della società civile dei due paesi, ed instaurare un dialogo tra le parti, rileva l’esito fallimentare di un festival dedicato al cinema azero a Yerevan, che ha suscitato reazioni forti, addirittura violente, nei confronti dei promotori. L’evento, programmato per gli inizi di novembre col sostegno dell’Ambasciata statunitense, prevedeva la proiezione di quattro cortometraggi azeri. Ad occuparsi dell’organizzazione è stata l’ONG locale “Caucasus Centre of Peace-Making Initiatives” (CCPMI), ma i primi dissensi si sono manifestati nei confronti di Lusine Vayachyan, scrittrice armena che ha pubblicizzato l’evento sulla propria pagina Facebook. In risposta alla pubblicazione, vari utenti hanno commentato con toni critici, a volte intimidatori, il “post”, dichiarandosi fermamente contrari al festival e soprattutto indignati del comportamento tenuto dalla donna, accusata di tradimento nei confronti della patria e di immoralità per aver sostenuto tale iniziativa. Il caso ha attirato l’attenzione dei media e provocato un’immediata reazione da parte di Georgi Vanyan, direttore dell’ONG, che si è dichiarato unico responsabile dell’evento. Contrariamente alle aspettative, sono arrivate critiche e opposizioni anche da parte di altri rappresentanti della società civile. Ara Papian, direttore di un’altra organizzazione locale, il Modus Vivendi Center, ha pubblicamente dichiarato di aver aderito alla protesta sul social network: poiché non è stata prevista l’organizzazione di un festival analogo a Baku, secondo Papian il progetto non rispetterebbe il principio di reciprocità trasmettendo un’immagine distorta dell’Armenia, unico tra i due paesi dove sarebbe necessario promuovere la tolleranza verso l’altro.

La locandina del festival

La locandina del festival

Il festival, intitolato “Stop!” in riferimento al tentativo di fermare l’intolleranza etnica, ha subito quindi un brusco arresto: la dura opposizione, manifestata soprattutto da gruppi di giovani nazionalisti, ha infatti costretto gli organizzatori prima a ritardarne l’inizio e poi a cercare una nuova sede disposta ad ospitare la proiezione dei film. A decretare il pieno fallimento del progetto è stata l’iniziativa dei gruppi di protesta, che hanno realizzato proprio il 12 novembre – data prevista per l’inizio di “Stop!” – un contro-festival, intitolato “L'odio contro gli armeni nel cinema turco e azero”, che ha definitivamente posto fine agli sforzi del CCPMI ed evidenziato come la tensione tra i due paesi sia ormai penetrata tra la gente.

Scambio di cadaveri e prigionieri

Per quanto riguarda il secondo ambito, a livello politico Armenia e Azerbaijan hanno compiuto un passo importante: dopo quasi due mesi dalla cattura, il corpo di Manvel Saribekyan, il giovane armeno catturato da militari azeri e poi deceduto durante la detenzione, è stato restituito alle autorità armene in cambio del rimpatrio di Eldar Tagiyev (cittadino azero sotto custodia delle autorità armene da quando, nel dicembre 2009, era entrato illegalmente in territorio armeno, ndr). Lo scambio, agevolato dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), era stato precedentemente concordato durante l’incontro ad Astrakan il 27 ottobre scorso: la cittadina russa è stata infatti la sede designata da Mosca per ospitare un meeting trilaterale sul Nagorno Karabakh.

Incontro a tre ad Astrakan

Durante l’incontro a tre, le parti hanno confermato la necessità di mettere in atto ulteriori misure di “confidence-building” al fine di proseguire il processo di pace avviato sotto l’egida dell’OSCE Minsk Group. Tale proposito è stato formalizzato dalla dichiarazione congiunta rilasciata alla fine del vertice, in cui i due Presidenti si impegnavano a rispettare le clausole della Dichiarazione Congiunta firmata a Mosca nel Novembre 2008, a rafforzare il regime di cessate il fuoco e ad adottare maggiori misure di confidence-building a livello militare, senza però alcun riferimento al ritiro dei cecchini dalla linea di contatto.

Gli impegni presi ad Astrakan sono stati rispettati e il 4 novembre è avvenuto lo scambio. Successivamente alle operazioni, il portavoce del ministero della Difesa armeno, Davit Karapetyan, ha dichiarato alla stampa nazionale che Yerevan si aspetta da Baku la stessa determinazione e impegno nel garantire il rimpatrio degli altri prigionieri di guerra armeni detenuti in territorio azero.2 

Nonostante le autorità armene abbiano dichiarato, in seguito all’autopsia sul corpo di Saribekyan, che il giovane fu torturato prima del decesso, il dato – pur rafforzando le accuse di atrocità inflitte ai prigionieri più volte mosse a Baku – non ha inficiato il risultato della mediazione russa: in un periodo caratterizzato da incrementi nel budget della Difesa e continui investimenti nell’acquisto di armi da entrambe le parti, e dalla retorica militarista dei comunicati ufficiali, lo scambio ha rappresentato uno sviluppo positivo nella via verso la costruzione della pace, e le autorità dei due paesi hanno dimostrato maggiore disponibilità al dialogo e alla mediazione rispetto ai rappresentanti della società civile.3

L’esito positivo dell’incontro di Astrakan sembra dunque aver spianato la strada verso il Summit dell'OSCE di Astana, dove l’1-2 dicembre prossimi avrà luogo un nuovo incontro tra Sargsyan e Aliyev. In molti, tra esponenti politici ed esperti, parlano di occasione importante per i negoziati di pace, tuttora in bilico a causa delle continue rivendicazioni da ambo le parti.

Movimenti interni all'esercito armeno

Oltre alle tensioni con l’esterno, l’Armenia si trova però a confrontarsi anche con difficoltà interne, legate al processo di riforma del ministero della Difesa. Dopo le smentite iniziali alle voci di abusi tra le file dell’esercito, in seguito agli incidenti mortali che hanno coinvolto da fine luglio una quindicina di soldati – deceduti non in combattimento ma per mano di commilitoni – si è deciso di varare un piano di riforme che assicurasse una maggiore trasparenza del dicastero e credibilità dei suoi rappresentanti.

Tra le varie misure adottate in tale contesto vanno segnalati l’arresto di alcuni ufficiali superiori e di grado, e l’avvio di un’inchiesta interna guidata dal vice capo dell’Esercito, il Generale di Stato Maggiore Valeri Grigoryan. Successivamente, è stato approvato anche un rimpasto delle cariche vicine al ministro Seyran Ohanyan, tra cui spicca la nomina a Primo viceministro – accolta favorevolmente dagli ambienti occidentali – del colonnello Tonoyan, uomo di fiducia del ministro, sostenitore di una riforma di adeguamento della Difesa agli standard NATO, in passato rappresentante militare presso l'Alleanza Atlantica e dal 2009 a capo del Dipartimento di Politica della Difesa. Come evidenziato da Richard Giragosian, analista politico e direttore della think tank ACNIS (Armenian Centre for National and International Studies) , la presenza “positiva e benaugurante” di Tonoyan potrebbe tuttavia non essere sufficiente a contrastare le fazioni corrotte: tale riposizionamento non garantirebbe insomma una soluzione ai problemi di stabilità del Dicastero, con il rischio che il ministro stesso diventi bersaglio degli attacchi dell’opposizione e del partito “Armenia Prospera”. Quest’ultimo, pur facendo parte della compagine di governo, ha più volte dimostrato interesse a candidare alle prossime elezioni il proprio leader, l’influente oligarca Gagik Tsarukyan, ponendosi così in competizione con l’alleato Partito Repubblicano di Sargsyan.

A confermare tali timori, il responsabile dell’ONG “Armenia Helsinki Committee”, Avetik Ishkhanian, ha dichiarato come il susseguirsi dei decessi “non-combat” di soldati sul fronte – altri quattro tra il 19-20 novembre – proverebbe la debolezza del sistema e l’inefficacia delle riforme avviate, giudicate insufficienti di fronte ad un esercito ormai “incontrollabile”.

Secondo Giragosian, la situazione non sarebbe però del tutto negativa per Yerevan: gli incidenti nell’esercito e i problemi di corruzione interni al Ministero contribuirebbero a distogliere l’attenzione dai problemi di politica interna, mantenendo l’opinione pubblica concentrata sul Karabakh e unendo così il Paese sui temi nazionalistici del confronto con Baku. L’escalation di tensione registrata negli ultimi mesi permetterebbe inoltre alla “Yerevan ufficiale” di assumere atteggiamenti “decisi” sul piano internazionale, come avrebbe dimostrato – sempre a detta di Giragosian – il Presidente armeno, non presentandosi al Summit NATO di Lisbona  in segno di protesta contro la Dichiarazione che ha espresso sostegno al principio di integrità territoriale promosso da Baku per la soluzione del conflitto.

 

1 In lingua armena anche Artsakh. In lingua azera, invece, la regione viene detta Dağlıq Qarabağ

2 Secondo dati recenti, gli armeni detenuti in Azerbaijan sarebbero circa una dozzina.

3 Il cantante italiano Al Bano, dopo un concerto a Yerevan il 18 ottobre, ha deciso di visitare il Nagorno Karabakh, suscitando così aspre critiche da parte del pubblico azero. Il cantante, famoso in entrambi i paesi, compare ora nella “lista nera” delle persone diffidate dall’entrare in Azerbaijan.

4 Dal 2004 al 2007 Tonoyan ha ricoperto l’incarico di Rappresentante Militare presso la NATO.
 


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