L'aveva annunciato già da tempo. Ma ha aspettato l'imminenza delle elezioni politiche. Il premier albanese Berisha ha presentato lo scorso 28 aprile la candidatura ufficiale all'Unione Europea. Bruxelles risponde con scetticismo

04/05/2009 -  Marjola Rukaj

Dopo l'adesione alla NATO lo scorso aprile, l'Albania ha iniziato la corsa a ostacoli verso Bruxelles. E' stato questo il messaggio che il premier Sali Berisha ha voluto trasmettere lo scorso 28 aprile da Praga consegnando ufficialmente la candidatura dell'Albania all'adesione europea. Della candidatura ufficiale dell'Albania, a Tirana si parlava almeno da qualche mese, mentre la stessa iniziativa messa in atto nel vicino Montenegro, veniva calorosamente salutata dal premier Berisha. In pochi però avevano preso sul serio la possibilità che una vera candidatura ufficiale fosse imminente. La consegna del fatidico documento avviene proprio mentre la campagna elettorale per le imminenti politiche si anima sempre più e i risultati delle elezioni sembrano sempre più incerti.

"L'Albania è pronta a fare questo grande passo", ha più volte ribadito il premier Berisha, puntando a illustrare la sua convinzione e sottolineando le riforme politiche adottate durante il suo governo. Nonostante la debolezza istituzionale sia ancora un problema evidente del paese balcanico, il capo del governo ha ritenuto opportuno presentare la candidatura albanese, una volta conclusa la ratifica dell'ASA (Accordo di associazione e stabilizzazione) da parte di tutti gli stati membri dell'Unione Europea. In tal modo dopo l'adesione al Patto Atlantico - celebrata come grande conquista storica dell'Albania - il governo Berisha ha fatto anche il primo passo verso l'adesione europea, completando entrambe le componenti dell'inscindibile binomio dell'integrazione Euro-Atlantica che gli albanesi si sentono promettere in occasione di ogni appuntamento elettorale.

I media di destra, e i sostenitori di Berisha, hanno commentato l'evento con titoli quali "E' stato un aprile euro-atlantico", "L'aprile dell'integrazione" e "Il mese del maggior sostegno internazionale" facendo eco all'interpretazione dei fatti da parte del premier Berisha. Dal canto suo il leader della destra albanese, ha celebrato l'iniziativa con gli slogan divenuti ormai di routine in tali occasioni, definendo la giornata della consegna, come "una conquista dell'Albania" e "il grande giorno in cui l'Albania ritorna all'Europa cui era stata strappata violentemente 50 anni fa".

Sono stati numerosi però anche i commentatori che hanno visto con sfiducia l'iniziativa di Berisha, interpretandola come un atto forzato, attuato per meri fini elettorali. Il fatto che la candidatura abbia avuto luogo proprio ora mentre di essa si parlava già lo scorso dicembre potrebbe lasciar pensare che si voglia approfittare dal grande impatto elettorale che potrebbe avere. Una contraddizione evidenziata da parte dei media e dei politici di sinistra che hanno messo in rilievo lo scetticismo internazionale con cui è stata accolta sin dall'inizio la candidatura albanese. I rappresentanti di Bruxelles hanno a più riprese sconsigliato esplicitamente una tale mossa, mentre il premier Berisha ha continuamente sostenuto di avere concordato la candidatura con gli internazionali, e con il governo ceco.

"Non è consigliabile intraprendere questo passo - ha affermato senza mezzi termini Olli Rehn, responsabile dell'allargamento dell'UE - la candidatura all'adesione è un processo burocratico lungo e farraginoso che farà sprecare troppe energie. Meglio usare quelle energie per attuare le riforme". Già quando la possibile candidatura circolava nelle cancellerie di Tirana, i messaggi da Bruxelles, consigliavano di presentare l'eventuale candidatura solo dopo le elezioni del prossimo 28 giugno.

Anche a candidatura consegnata, saranno proprio le elezioni a fungere da barometro della democrazia albanese. Nonostante l'effettiva candidatura ufficiale da parte dell'Albania, Olli Rehn, e il vice presidente del Consiglio Europeo Jacques Barrot, sostengono infatti che la candidatura albanese non verrà presa in esame prima delle prossime elezioni albanesi, e dalla loro correttezza ne dipenderà l'esito in ambito europeo. Il fatto che la candidatura albanese dipenda dalle elezioni del 28 giugno, contribuisce non poco a placare gli entusiasmi, dato che le irregolarità in sede elettorale sono un vero e proprio tallone d'Achille del pluralismo albanese.

Il premier Berisha, al termine di un mandato movimentato in cui non sono mancati i gradi scandali e i rapporti burrascosi tra i poteri dello Stato, non è affatto sicuro di una riconferma. Nonostante ciò in diverse interviste, con tono scherzoso e informale, ha affermato che rimarrà al potere "per altri 100 anni", o "finché il Signore non provvederà", non nascondendo il suo obiettivo di rimanere a tutti i costi in carica anche per il prossimo quadriennio. Dato che neanche l'opposizione ha nulla di nuovo da offrire in materia di programmi e personalità politiche, la lotta elettorale si prevede dura e conflittuale. Il paese è stato avvolto infatti da una febbre di sondaggi in cui vari enti pubblicano risultati contrastanti, che sembrano trasformarsi in vere e proprie leve di manipolazione mediatica pre-elettorale.

Ambigue le reazioni alla mossa di Berisha da parte della sinistra, che per la prima volta non si è trovata in sintonia con gli avversari politici, come di solito avviene in occasione di grandi passi della cosiddetta integrazione euro-atlantica del paese. Quando Berisha aveva iniziato a parlare della candidatura dell'Albania, l'opposizione attraverso le dichiarazioni di Arta Dade, una delle personalità storiche della sinistra albanese, faceva eco ai politici di Bruxelles che sconsigliavano la candidatura in questo momento politico. Negli ultimi giorni, un'altra personalità del PS, Valentina Leska, ha definito la mossa del governo Berisha come avvenuta in largo ritardo rispetto a quanto l'Albania meritasse. Ciò che è stato a più riprese ripetuto anche all'interno della politica albanese è stata la crucialità delle prossime elezioni.

"L'Albania ha diritto a proporre la sua candidatura all'UE - ha affermato il premier ceco Mirek Topolanek, dopo il discorso solenne tenuto da Berisha a Praga lo scorso 28 aprile - ma tutto dipenderà dal suo progresso e dalle sue riforme".

La mossa del premier rischia comunque di apparire, anche all'elettorato, come un atto prettamente unilaterale dallo scarso valore concreto. Oltre ai problemi interni albanesi che mettono in dubbio la maturità del paese per lanciarsi verso la sfida dell'adesione, l'Albania dovrà infatti pazientare davanti alle prossime elezioni europee contrassegnate dalla fatica da allargamento e dalla crisi economica mondiale, che faranno tardare di molto l'attenzione di Bruxelles nei confronti del paese balcanico.

La prossima tappa realistica di avvicinamento dell'Albania all'UE sarà la tanto agognata liberalizzazione dei visti, che si vocifera possa finalmente avvenire verso la fine del 2009. Anche essa però non è data per certa, dipendendo - a detta dei burocrati di Bruxelles - dal progresso del paese e dalle sue riforme. Intanto da qualche mese in Albania sta avendo luogo la distribuzione delle carte d'identità ed entro il 2010 gli albanesi disporranno di passaporti biometrici, adempiendo almeno ad una delle condizioni poste per la liberalizzazione dei visti.


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