L'interno di una chiesa ortodossa

Berat, foto di Camilla de Maffei

Erion si muove nel suo laboratorio con un’attenzione che racconta di anni di esperienza. Un luogo magico, quasi segreto, celato in un angolo della splendida esposizione permanente del Museo Nazionale Iconografico Onufri a Berat, Albania. Erion è uno dei più esperti restauratori e conservatori del museo

20/08/2020 -  Christian Elia

(Quest'articolo fa parte del webdoc Dollibashi )

“Quando ti poni di fronte a un oggetto come questo, che arriva da un lungo viaggio nel tempo e spesso anche nello spazio, lo devi fare con cura. E’ un privilegio e una responsabilità. Devi farlo con il rispetto massimo per l’artista che l’ha creato, attento a non alterarlo, ma solo a contribuire che altri – in futuro – ne godano. Ed uno scambio: prendi e dai. E’ un confronto, dal quale esci sempre più ricco di prima”.

Erion Lezi si muove nel suo laboratorio con un’attenzione che racconta di anni di esperienza. Un luogo magico, quasi segreto, celato in un angolo della splendida esposizione permanente del Museo Nazionale Iconografico Onufri. Erion è uno dei più esperti restauratori e conservatori del museo.

"Lavoro qui dal 2009, sono oltre 200 le opere d’arte raccolte, curate ed esposte qui. Vennero radunate durante il regime comunista che, per fortuna, non le ha distrutte, da monasteri, collezioni personali e chiese di Berat e dintorni. La più antica è del 1300, la più recente è del 1905", racconta Erion, che parla come si muove. E parla e si muove mentre ha davanti un’icona che ha bisogno del suo intervento. Sembra che tutto quello che fa, Erion, abbia lo stesso – attento – ritmo.

Il laboratorio di Erion è come la più piccola di una serie di matrioske incastonate l’una dentro l’altra. Attorno al laboratorio c’è il museo, attorno al museo c’è la magnifica chiesa ortodossa della Dormizione di Maria, un edificio ricostruito nel 1797 sopra le fondamenta di un’antica chiesa risalente al X secolo. Attorno alla chiesa, il monumentale centro storico di Berat, dichiarato patrimonio dell’Unesco. Una cittadella fortificata, stratificata di storia ed elementi.

Erion Lezi, foto di Camilla de Maffei

Erion Lezi, foto di Camilla de Maffei

"Questa città ha più di 2500 anni di storia. La trovate in ogni passo, tra architetture delle case e icone qui dentro. Ed è un centro ancora vivo", racconta Erion, che è nato e cresciuto a Berat. "Ci vivono circa 600 persone, più o meno 200 famiglie, tutto l’anno. Oggi che Berat, l’Albania in generale e questo luogo sono meta di visitatori, c’è possibilità di restare, senza andar via, nella parte nuova della città, a Tirana o all’estero. Se questo processo resta rispettoso del territorio, è davvero un bene, e questa collezione ogni anno attira più visitatori".

Anche perché la collezione è ricca e preziosa, ma ha anche la sua star. Il Museo è infatti dedicato a Onufri. “Il Maestro Onufri è di sicuro la figura di maggior rilievo della scuola iconografica di Berat, che pure conta tanti artisti. Il suo periodo d’oro è stato quello tra il 1535 e il 1554. Pittore e presbitero della chiesa ortodossa albanese, che all’epoca era sotto l’autorità di Costantinopoli, Onufri ha rappresentato con i suoi capolavori un momento epocale della produzione di icone, c’è un prima e un dopo Onufri – racconta Erion – è stato capace di essere la sintesi del mondo nel quale viveva, nel cuore della conquista ottomana dell’Albania, ma educato nella Repubblica di Venezia, con le influenze della scuola bizantina di Costantinopoli. E nelle sue opere, il Rinascimento incontra l’Oriente”.

Le rivoluzioni apportate allo stile delle icone che dominava il gusto fino ad allora sono epocali. “Prima di tutto la prospettiva: la tradizione era basata su figure a mezzobusto, a due dimensioni, mentre proprio le influenze rinascimentali del maestro introdussero le tre dimensioni e la prospettiva. E i colori – spiega Erion – addirittura, ancora oggi, si parla di ‘rosso’ Onufri, perché riusciva ad avere l’effetto della pittura a olio, pur continuando a usare tempera su legno, come la tradizione ortodossa. Il suo successo è stato mondiale e anche durante il comunismo è stata una delle poche realtà culturali albanesi che ha potuto girare il mondo. Nel 1974, al Petit Palais di Parigi, c’erano centinaia di migliaia di persone ad ammirarlo”.

La cura di Erion nel proteggere questo patrimonio, anzi nel conservarlo, come spiega lui, senza interagire troppo con un’opera per evitare un ‘falso storico’, in questi anni, avrà pur prodotto delle preferenze. “Difficile dirlo. Oltre le icone che sono qui, c’è un patrimonio di oltre 12mila icone in Albania, molte delle quali bellissime. Però, si, alcune preferenze ci sono. E sono tre: "La Madonna con Gesù sul braccio destro, per iniziare, detta Odegitria. E l’icona di Gesù nel Tempio, che probabilmente è il trionfo del ‘rosso’ di Onufri. Ma più di tutte, un’icona anonima, detta della Madonna sorgente di vita. Per la prima volta, nello sfondo, vengono poste assieme chiese e moschee, campanili e minareti. C’è tutta la nostra storia e il tempo di Onufri in quella scelta plurale ed è ancora oggi un modo di raccontare l’Albania".

 


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