Panorama

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Negli anni Novanta, mentre il resto dei Balcani era in preda la nazionalismo più sfrenato, l'Albania sembrava un'isola felice. Ora, però, il vento nazionalista sembra aver contagiato anche il Paese delle aquile. Un'analisi di questo fenomeno ci viene offerta da Ermal Hasima in un editoriale pubblicato per il settimanale albanese Panorama. Nostra traduzione

29/08/2011 -  Ermal Hasimja Tirana

(Un testo pubblicato dal settimanale albanese Panorama il 16 agosto 2011)

Circa dieci o quindici anni fa, l’Albania sembrava un’isola felice nel mare della follia nazionalista dei Balcani. Le ragioni di questo clima così pacato potevano essere fondamentalmente due: o l’Albania era un Paese più emancipato delle altre nazioni balcaniche, e di conseguenza non rischiava di farsi contagiare dalle epidemie nazionaliste, oppure gli albanesi, come in altri casi nella storia, arrivano con un certo ritardo e tale malattia avrebbe infettato anche loro, dopo gli altri.

La situazione attuale e alcune tendenze del discorso pubblico in Albania purtroppo mi sembra che diano ragione alla seconda ipotesi. Nel corso degli ultimi due anni il discorso nazionalista non si è moderato, anzi, si è rafforzato. L’indipendenza del Kosovo paradossalmente sembra aver dato un forte impulso a tale processo. Per anticipare le reazioni a quanto sto affermando, che s'affolleranno nei blog a seguito della pubblicazione di quest’articolo, dove vengono smascherati i "traditori della nazione", bisogna premettere che vi è una grande differenza tra nazionalismo e patriottismo.

Il nazionalismo si basa su una superiorità della dignità nazionale creata attraverso la denigrazione del prossimo. E' difficile esista nazionalismo senza l'umiliazione del prossimo, in particolar modo del proprio vicino. L’effetto psicologico che produce sta tutto nel gusto della superiorità. L’unità identitaria è alimentata innanzitutto dall’immagine di un potenziale pericolo che proviene dal prossimo. Non da un’entità astratta, ma da chi si colloca geograficamente molto vicino, e forse anche all’interno della nazione: una minoranza, un migrante, uno che proviene da fuori, un traditore.

Gli albanesi, però non hanno bisogno di nazionalismo. Hanno bisogno di patriottismo, e di senso civico. La costruzione di strategie politiche su fondamenta nazionaliste, di solito acceca politicamente gli eventuali seguaci. I discorsi nazionalisti creano l’illusione che il maggior problema del Paese oggi sia il pericolo che viene da fuori. Si può dire che questo sia reale? Sono forse colpevoli i greci o i serbi per la nostra corruzione, per quello che è successo lo scorso 21 gennaio, per la disoccupazione, per le catastrofi ambientali e l’abuso dello spazio pubblico, e tutto il resto? E’ forse il cambiamento della toponimia "straniera" una delle priorità nel nostro Paese? Diventeremo forse il Paese più sviluppato e più felice al mondo, dopo che avremo illuso le nuove generazioni dimostrando che siamo la nazione più saggia, e più pacifica, più laboriosa, e più antica del pianeta? Che siamo autoctoni, sin dai tempi dell’ameba e dei parameci? Sono colpevoli di tutto ciò che non va nel nostro Paese greci e serbi?

Quello che ho detto qua sopra non esclude la possibilità che determinate strutture greche o serbe cerchino di influenzare in qualche modo la nostra politica. Ma la domanda fondamentale rimane la stessa: può il nazionalismo risolvere i nostri problemi? Io credo di no. Ognuno di noi se ci pensa un po’ si accorgerà di essere circondato da molti albanesi nazionalisti. Amici, colleghi, vicini, e anche da nazionalisti mediatici, che stanno a farfugliare tutto il giorno sul nazionalismo, ma che non si vergognano di derubare lo Stato, quindi la patria, e gli albanesi, di farsi corrompere e di corrompere altri, di evadere le tasse, di immischiarsi in affari più che loschi e così via.

Io non credo a questi nazionalisti. Anzi ne ho paura, perché sono pericolosi per il Paese. Io credo nel patriottismo di migliaia di albanesi invisibili e silenziosi che lavorano tutti i giorni con onestà e che non hanno bisogno di avere un nemico serbo o greco per essere dei buoni albanesi. Non credo ai nazionalisti che usano la questione çam in campagna elettorale, e poi se ne dimenticano subito dopo. Tutti i nazionalisti messi insieme non possono fare per questo Paese più di quanto possa fare un’addetta alle pulizie comunali di Tirana che svolge il suo lavoro in maniera responsabile. Anzi potrebbero addirittura fare il contrario, farci affondare tutti. Come è avvenuto con i serbi e il loro nazionalismo guidato da Milošević e tanti altri.

Come nel caso di Milošević, il nazionalismo porta a galla individui di tutti i tipi, che nel migliore dei casi credono sinceramente alla pazzia identitaria, ma che nella maggior parte dei casi sono dei disoccupati che trovano finalmente un mestiere gratificante. Il nazionalismo non è solo un rifugio, spesso è l’ultimo dei rifugi, di burocrati anonimi come Milošević o di pittori falliti come Hitler. Il fatto che si sia aperti, si abbina benissimo all’immagine dell’ideologia: un rifugio aperto a tutti! Ma l’ultimo rifugio dei nazionalisti è in realtà la politica. Non a caso il nazionalista politicante è spesso uno che si è riciclato da un altro settore dove non ha ottenuto lo status aspirato. Non a caso, la politica è una porta su cui il nazionalista politicante ha bussato varie volte senza ottenere successo anche prima, oppure l’ha sognata timidamente.

Nel contesto albanese, il nazionalismo si combina molto bene con la rinascita della sinistra radicale in Albania e in Kosovo. E’ diventato di moda essere nazionalista e neomarxista allo stesso tempo, nonostante le contraddizioni ridicole create da questo matrimonio. Questo tipo di nazional-socialismo, naturalmente cerca di non avere delle referenze storiche, ma solo teoriche e contestuali albanesi.

Non penso che vi siano degli albanesi sani di mente, che credano seriamente a questa giustificazione, ma questo non altera per nulla lo scopo. Anche senza paragonarlo a quello che è successo in Europa negli anni '30, questo tipo di unione del nazionalismo con la sinistra radicale è di nuovo problematico. Si tratta sempre di una fabbrica dove vengono prodotti dei bisogni emergenti per nemici esterni, e interni, e una visione totalizzante della politica. Non tutti gli xenofobi, i razzisti e i totalitaristi del mondo erano o sono nazisti e fascisti.

Ma il nazionalismo presenta anche altri problemi. Divide la società albanese in due gruppi: nazionalisti e traditori. E di solito con i nazionalisti non si può dibattere, perché le discussioni avvengono a livello simbolico e identitario. La ragione non calza bene nel mondo delle emozioni. E dato che è pasto per la folla, il nazionalismo gioca nel proprio campo: è l’ideologia più afferrabile dalle folle e la più difficile da smontare con le argomentazioni, perché non tutti hanno studiato le teorie del nazionalismo a livello universitario. Men che meno in Paesi come il nostro, con un mediocre livello d’istruzione.

E comunque, questa crescita del discorso nazionalista, bisogna affrontarla. Nonostante il rischio di andare incontro a ideologi professionisti e amatoriali, che giocano nel campo dell’ignoranza. Questo dibattito è infatti la prova che ci sono degli albanesi che amano il proprio Paese, abbastanza da non lasciarlo in mano ai distruttori di turno.


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