
Melitopol, Ucraina - foto Zla Mavka
Zla Mavka è una rete di donne ucraine, nata dal basso, che opera nelle aree sotto occupazione russa. Prendendo il nome dai mitici spiriti della foresta ucraini, noti per la loro natura selvaggia e misteriosa, le Mavka sono un movimento di resistenza non violenta
In una modesta cucina nella città occupata di Melitopol, in Ucraina, all’inizio del 2023 un piccolo gruppo di donne si è riunito per discutere una questione che si era ormai imposta come dominante nella vita nella loro città: come resistere.
Melitopol, città strategica dell’Ucraina sudorientale, era sotto l’occupazione militare russa da quasi un anno. Con le bandiere ucraine strappate, le autorità filo-Cremlino insediate e i media sostituiti dalla televisione di stato russa, la vita quotidiana stava perdendo ogni forma riconoscibile. Tuttavia, durante quell’incontro, lontano dai riflettori, ha iniziato a prendere corpo una resistenza non violenta promossa da donne.
L’incontro ha portato alla creazione della rete Zla Mavka [fate arrabbiate], che riunisce le donne ucraine che operano sotto occupazione. Ispirate ai mitici spiriti della foresta ucraini, noti per la loro natura selvaggia e misteriosa, le Mavka sono un movimento di resistenza non violenta. Il loro obiettivo è preservare l’identità, la cultura e la morale ucraina in una città in cui gli occupanti vogliono cancellarle.
Una città sotto occupazione
La città di Melitopol, che contava circa 150mila abitanti prima della guerra su vasta scala lanciata dalla Russia, è un importante snodo nella regione di Zaporizhzhia, nell’Ucraina meridionale. Collega la penisola di Crimea, occupata dalla Russia nel 2014, alle aree orientali dell’Ucraina, anch’esse oggi sotto il controllo russo.
Dopo l’invasione del sud del paese nelle prime settimane della guerra su vasta scala iniziata il 24 febbraio 2022, Melitopol è stata rapidamente occupata. Entro il primo marzo, l’esercito russo ha preso il controllo della città, sostituendo i funzionari dell’amministrazione locale con amministratori filo-russi.
Sin dall'inizio, l’occupazione è stata segnata dalla repressione. I cartelli in lingua ucraina sono stati rimossi, le proteste represse e decine di residenti – tra cui molti giornalisti, attivisti e funzionari pubblici – sono stati arrestati o sono semplicemente spariti.
Le forze russe hanno introdotto i loro programmi scolastici, diffondendo le notizie attraverso i media controllati dal Cremlino e iniziando a rilasciare passaporti russi per incoraggiare l’”integrazione”: gli abitanti del posto dovevano diventare cittadini russi, altrimenti avrebbero subito gravi conseguenze da parte delle autorità occupanti.
Nonostante questi sforzi, molti residenti hanno rifiutato di adeguarsi. La resistenza civile, seppur spesso silenziosa e invisibile, è persistita e talvolta si è anche intensificata, come nel caso delle “mavke arrabbiate”.
Non si tratta di una classica iniziativa segreta, quindi non coinvolge soldati o militanti, concentrandosi invece sulla popolazione locale e sulla lotta non violenta. Il movimento unisce le donne – tra cui molte madri e caregiver – che hanno scelto di rimanere nella propria città. La resistenza si concretizza in giornali clandestini, azioni di protesta simboliche e di diffusione di informazioni concrete per contrastare la disinformazione russa.
“I russi si aspettano [da noi] un atteggiamento passivo”, spiega la fondatrice del gruppo, che ha preferito mantenere l’anonimato. “Credono che col tempo l’occupazione possa diventare la normalità. Noi siamo qui per garantire che non venga mai percepita come qualcosa di normale”.
Il giornale diffuso clandestinamente dalle mavke rappresenta il fulcro della loro attività, fornendo notizie aggiornate sulla guerra, promemoria delle festività nazionali ucraine e brevi testi sulla storia e l’identità. Viene stampato segretamente e distribuito a mano, spesso lasciato nelle cassette della posta, sulle panchine o all’interno dei condomini. L’obiettivo è raggiungere i cittadini, soprattutto quelli – spesso anziani – che non hanno accesso a Internet e quindi sono costretti a informarsi esclusivamente attraverso i media controllati dai russi.
“Chi guarda solo la tv russa inizia a credere a quello che sente”, spiega la fondatrice del movimento. “Il nostro giornale vuole rompere questa dinamica per ricordare alla popolazione che l’Ucraina non è svanita”.
Un’altra tattica è quella della resistenza simbolica. Il gruppo ha distribuito rubli falsi con messaggi contro la guerra, posizionando zucche alle porte di noti collaboratori del regime russo e disegnando piccole bandiere ucraine nei vicoli o sui pali della luce.
Questi atti, spesso scartati dalle forze di occupazione come semplici scherzi, hanno un forte significato per la popolazione locale. Sono il segnale che la resistenza è ancora viva e che l’Ucraina non è stata dimenticata.
I rischi e la sorveglianza
Essere attivisti sotto occupazione è pericoloso. Le forze russe a Melitopol hanno effettuato numerosi blitz contro presunti membri della resistenza, arrestando i civili per semplici post sui social e costringendo le persone detenute a registrare le loro “confessioni”. I detenuti vengono spesso trasferiti in Crimea o in Russia, dove le tutele legali sono minime.
Le mavke sono consapevoli dei rischi.
“Basta un solo errore”, ammette la fondatrice. “come lasciare il telefono senza protezione, fidarsi della persona sbagliata o trovarsi nel posto sbagliato quando passa una pattuglia”.
Per ridurre al minimo i rischi, il gruppo agisce seguendo i protocolli di sicurezza molto rigidi. La comunicazione è limitata, i membri utilizzano pseudonimi e le attività vengono frazionate. Nessuno sa tutto. Finora il gruppo è riuscito ad evitare arresti, grazie alla disciplina e alla costante vigilanza.
“Viviamo nella paura”, afferma un membro del gruppo. “La paura però non equivale necessariamente al silenzio”.
I motivi che spingono le mavke a resistere sono molteplici. Alcune donne hanno perso i loro familiari in guerra. Altre erano membri attivi della società civile anche prima dell’invasione. Per molte, la motivazione è più semplice: rifiutano di accettare l’occupazione della propria città e la distruzione della propria identità nazionale.
Col tempo il movimento si è espanso oltre Melitopol, con piccole cellule che ora operano in altre aree occupate dell’Ucraina meridionale, comprese le regioni di Kherson e Zaporizhzhia e la penisola di Crimea. Ogni gruppo agisce in modo indipendente per evitare di attirare l’attenzione. Pur condividendo gli obiettivi generali, il coordinamento tra i vari gruppi è limitato e indiretto.
Uno dei progetti più personali del gruppo si chiama “The Mavka Diaries”, una raccolta di testimonianze anonime scritte da donne che vivono sotto occupazione. Queste storie, pubblicate attraverso canali online sicuri e in edizione limitata, documentano la vita quotidiana, dal superamento dei posti di blocco russi agli effetti psicologici dell’isolamento. I diari sono stati condivisi con i media ucraini e con le organizzazioni internazionali per i diritti umani, offrendo spunti di riflessione sulla vita dietro le linee nemiche.
“Chi vive fuori dalla zona di occupazione ci pone spesso domande elementari del tipo: ‘Avete l’elettricità? C’è cibo?’”, racconta la fondatrice. “Questi diari sono un modo per dimostrare che non stiamo solo sopravvivendo. Stiamo resistendo”.
L’attività delle mavke si inserisce in un più ampio contesto di resistenza civile nell’Ucraina occupata. Nei primi giorni dell’invasione, erano scoppiate proteste di massa in città come Kherson, Berdiansk e Melitopol. Dopo la repressione di queste manifestazioni, la resistenza è diventata meno visibile: piccoli gruppi, messaggi in codice e reti clandestine lavoravano per mantenere viva l’idea di Ucraina.
Il governo ucraino riconosce il ruolo della resistenza locale. Il presidente Volodymyr Zelenskyy ha a più riprese elogiato quelli che “continuano a combattere” in silenzio. Pur non facendo formalmente parte dell’esercito ucraino, questi gruppi sono considerati fondamentali per una campagna più ampia di difesa del paese.
Mentre la guerra su vasta scala entra nel suo quarto anno, la città di Melitopol’ rimane sotto il controllo russo e viene spesso citata dagli analisti militari ucraini come un obiettivo importante delle operazioni future. Considerando la sua posizione lungo il cosiddetto “ponte di terra” tra Russia e Crimea, la liberazione di Melitopol’ infliggerebbe un duro colpo strategico all’esercito russo.
Nel frattempo, la popolazione locale resiste e non perde la speranza.
“La nostra città è stata occupata”, afferma la fondatrice del movimento delle mavke, “ma non anche la nostra identità. È quest’ultima che difendiamo”.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!