Foto (H-Alter)

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Un progetto interessante e inusuale, visitare la capitale croata guidati da senzatetto, alla scoperta dei luoghi invisibili della città. Il tutto grazie al progetto Invisible Zagreb (Zagabria Invisibile)

13/08/2018 -  Ivana Perić Zagabria

(Originariamente pubblicato da H-Alter il 6 luglio 2018)

Negli ultimi anni si sta sempre più diffondendo il cosiddetto “pro-poor tourism”, che viene presentato come turismo a favore dei poveri, anche se probabilmente sarebbe più appropriato definirlo come turismo che sfrutta i poveri, un argomento di cui H-Alter si è già occupato .

Promosso come una forma di turismo che porta benefici alle fasce più povere della popolazione dei paesi in via di sviluppo, il turismo pro-poor favorisce il diffondersi del fenomeno dei tour guidati nei quartieri più poveri delle città (il cosiddetto “slum tourism”), spesso etichettati come luoghi “pericolosi”, “inaccessibili”, “estremi”. Il problema è che queste iniziative molto spesso nascono senza un reale coinvolgimento delle comunità locali e il ricavato da esse ottenuto non va a beneficio di queste comunità.

Nel turismo pro-poor mancano iniziative locali volte a promuovere collaborazione, solidarietà e interazione all’interno delle comunità locali, mentre prevalgono tour guidati, rivolti ai turisti stranieri, che consistono in brevi e superficiali passeggiate “esotiche”. In questo modo il fenomeno della povertà viene feticizzato, senza alcun tentativo di collegarlo al più ampio quadro delle disuguaglianze nazionali e globali, sulle quali noi tutti incidiamo, direttamente o indirettamente.

Luoghi invisibili

Il progetto Invisible Zagreb (Zagabria Invisibile), frutto della collaborazione tra l’agenzia Brodoto, impegnata in iniziative di responsabilità sociale, e l’associazione umanitaria Fajter, rappresenta un esempio diverso. Il progetto è nato – come affermano i suoi ideatori – dall’entusiasmo e dal rispetto reciproco. Si tratta del primo tour di Zagabria guidato dai senzatetto, ex ed attuali.

Il tour non è di carattere turistico, bensì educativo. Sono gli stessi senzatetto a scegliere come rappresentare se stessi e la città, e la maggior parte del ricavato è destinata, oltre che al finanziamento e alla promozione del progetto, al miglioramento delle condizioni di vita dei senzatetto. Alla fine del tour, rivolto sia alla popolazione locale sia ai turisti stranieri, è possibile contribuire con una donazione su base volontaria – ognuno dona quanto può e quanto desidera.

“L’idea iniziale era di organizzare le attività educative nei nostri locali, ma ci siamo resi conto che i luoghi autentici avrebbero lasciato tracce molto più profonde sui partecipanti, per cui abbiamo deciso di svolgere le attività all’aperto. In realtà si tratta di un anti-tour, perché visitiamo i luoghi già ben conosciuti, ma con l’intento di mostrare il loro lato invisibile”, spiegano dall’agenzia Brodoto. Gli anti-tour educativi fanno parte di un più ampio progetto, il cui scopo è quello di aiutare i senzatetto a sviluppare le competenze richieste dal mercato del lavoro e di favorire la loro graduale risocializzazione.

Ad oggi sono state organizzate due passeggiate, a cui hanno partecipato sia i turisti stranieri sia gli abitanti locali, e le reazioni sono state molto positive. “Alcuni turisti polacchi ci hanno detto che ora guarderanno i senzatetto della loro città con occhi diversi”, dice Suzana, che partecipa al progetto come traduttrice. L’esperienza è stata particolarmente apprezzata da cittadini e cittadine di Zagabria, che hanno avuto la possibilità di vedere la propria città sotto una luce completamente diversa.

Una città viene vissuta in modo diverso da ogni suo abitante. Quelli che per alcuni cittadini sono luoghi di inclusione e di libertà, per altri sono luoghi di esclusione, luoghi proibiti. Gli oggetti più comuni, che alcune persone nemmeno notano, per altre rappresentano un vero tesoro, parte imprescindibile della memoria della città. Nei luoghi dove alcune persone solo transitano, altre si soffermano sempre.

E per tutto il tempo passiamo gli uni accanto agli altri, portando con noi le nostre piccole realtà parallele, e insieme ad esse le nostre percezioni parallele della città. Proprio per questo è importante intrecciare le strade, mescolare i mondi, vivere la città nella diversità del vissuto di ogni suo abitante.

Mile, da senzatetto a guida

È giovedì sera, ci troviamo davanti al monumento al re Tomislav. Ci sono solo poche persone che aspettano, la scorsa settimana ce n’erano molte di più – il venerdì e il sabato sono evidentemente i giorni migliori per questo tipo di attività. Mi aggrego al gruppo guidato da Mile Mrvalj, ex senzatetto e fondatore dell’associazione Fajter.

Quando è arrivato a Zagabria dalla natia Sarajevo, Mile si è trovato costretto a vivere in strada per tre anni e mezzo. Dopo essersi diplomato alla scuola superiore d’arte applicata, a Sarajevo aveva aperto una galleria d’arte, che col passare del tempo accumulava sempre più debiti. “Speravo che ad un certo punto le cose avrebbero cominciato a migliorare, che sarei finalmente riuscito ad uscire dai debiti, ma non è andata così”, spiega Mile.

Era rimasto senza niente e senza niente è arrivato a Zagabria. I primi mesi sono stati particolarmente difficili. Nonostante a Zagabria nessuno lo conoscesse, Mile si sentiva a disagio nel dover raccogliere le bottiglie e cercare cibo nella spazzatura, sicché inizialmente lo faceva solo di notte, quando non si sentiva esposto agli sguardi altrui. Dormiva tra le macerie, nei palazzi abbandonati, ovunque potesse trovare qualche riparo.

“La gente di solito associa i parchi ai momenti di riposo e rilassamento, al verde e al bene pubblico. Ma per un senzatetto, che viene cacciato dal parco quando si addormenta su una panchina, i parchi sono zona vietata”, ci racconta Mile, indicando con la mano il parco Tomislavac, un punto d’incontro molto amato dagli abitanti di Zagabria.

Poi ci porta alla stazione ferroviaria centrale, fino al distributore di caffè, dove nei mesi invernali veniva per stare un po’ al caldo, per bere un caffè e riposare, dopodiché, nelle notti particolarmente fredde, faceva un altro giro sul tram, per scaldarsi.

A poca distanza dall’edificio della stazione, ci sono alcune panchine nascoste sotto un albero che, grazie alla loro posizione isolata e poco visibile, sono un posto ideale per chi, come spesso capitava a Mile, cerca un po’ di riparo.

“È facile cadere in uno stato depressivo quando si è costretti a vivere in strada. Anch’io ho avuto momenti di sconforto. A volte piangevo per giorni interi, non avevo voglia di fare niente, non potevo fare niente. Ad un certo punto cominci a dubitare di te stesso, delle tue capacità, della possibilità di cambiamento, e siccome la società continua a respingerti e nessuno vuole nemmeno avvicinartisi, i dubbi crescono”, racconta Mile mentre, seduto su una panchina, fa scorrere tra le dita il tabacco trinciato, iniziando a prepararsi una sigaretta.

Dice che molte persone che vivono in strada cadono nell’alcolismo o diventano tossicodipendenti, trovandosi così a dover affrontare ulteriori problemi. Ci tiene però a precisare che, in questi casi, l’alcolismo non è causa, bensì conseguenza dell’essere senzatetto. “Ci sono tanti pregiudizi nei confronti dei senzatetto, la gente li considera fannulloni, che si sono meritati di finire in strada. È una sorta di meccanismo di difesa, le persone cercano di convincersi che a loro non potrà mai succedere una cosa del genere. Neanch’io avevo mai pensato che potesse capitarmi di vivere così”, ci spiega Mile mentre camminiamo lungo i binari.

Aumento dei senzatetto

Oggi nessuno può affermare con certezza che non finirà mai a vivere per strada. Come dimostra una recente ricerca condotta a livello europeo, la costante crescita del costo della vita ha portato a un preoccupante aumento del numero di persone senza dimora. Negli ultimi anni, il numero dei senzatetto in Germania è aumentato del 150%, in Irlanda del 145% e in Belgio quasi del 100%. Gli autori dello studio individuano cinque pilastri su cui basare una strategia integrata contro l’esclusione abitativa, compreso il cosiddetto “Housing First”, un approccio applicato in modo sistematico in Finlandia, dove nel periodo compreso tra il 2009 e il 2016 il numero di persone senza dimora si è ridotto in misura significativa.

Non esistono dati ufficiali sul numero dei senzatetto a Zagabria, ma si stima che ce ne siano circa 4000, un numero molto superiore ai posti disponibili nelle strutture di accoglienza. A Zagabria ci sono due centri di accoglienza per le persone senza fissa dimora, entrambi situati alla periferia della città, il che di certo non aiuta a contrastare l’emarginazione. Queste persone vivono ai margini della società – stando alle parole di Mile “come lupi solitari” – dove è facile perdere ogni contatto con la realtà.

“A volte capita che una persona perbene offra un lavoro a un senzatetto, e poi si stupisce se quest’ultimo non riesce a portarlo a termine rapidamente. Quando una persona vive in strada per uno, due anni, o anche di più, la sua vita cambia completamente; si perdono abitudini lavorative, come anche quelle igieniche, si diventa asociali. Questo problema non può essere risolto da un giorno all’altro. Bisognerebbe prevedere un percorso, della durata di un paio di mesi, dedicato alla risocializzazione di queste persone”, racconta Mile, ricordando i senzatetto con i quali spesso trascorreva il tempo nella stazione e cercava un riparo per la notte.

“Ogni volta che arrivavo in un posto abbandonato dove intendevo passare la notte, mi fermavo all’ingresso per dieci minuti ad ascoltare. Avevo paura che nel frattempo fosse arrivato qualcuno, che dentro ci fosse una persona pericolosa, aggressiva. Non si sapeva mai cosa aspettarsi, le persone che si trovano in una situazione del genere spesso soffrono di disturbi psichici. Non ho ancora superato del tutto questa paura, non riesco a rilassarmi completamente”, spiega Mile.

Un grande problema per i senzatetto sono le disposizioni relative al divieto di “vagabondaggio” contenute nel Codice penale, nel Titolo dedicato ai delitti contro l’ordine pubblico. Ma come non vagabondare, se non si ha un posto dove andare? Un altro paradosso sta nel fatto che la polizia sanziona i senzatetto per la violazione dell’obbligo dell’esibizione della carta d’identità, che non possono ottenere in quanto non possiedono una dimora stabile.

Mile continua a parlare, tenendo viva l’attenzione di tutti i presenti, e le domande si susseguono l’una dopo l’altra: Che cosa ha dovuto fare per sopravvivere? Com’è riuscito a tirarsi fuori?

Il cielo sopra le nostre teste si tinge di colori tenebrosi, tra poco inizia a piovere. Decidiamo di ripararsi nel centro Importanne.

“La maggior parte delle persone si ferma solo per un attimo davanti a un cestino per la spazzatura, ma per me quell’oggetto rappresentava fonte di sopravvivenza e di trauma. Sopravvivevo grazie alla raccolta delle bottiglie, ma se sapeste quante cose terribili ho visto in quei cestini, cose che nessun uomo dovrebbe vedere. Una volta ho aperto un sacchetto e dentro c’era un gatto morto, col ventre aperto e gli intestini che pendevano fuori. Nei tre giorni successivi non riuscivo nemmeno ad avvicinarmi ai cestini, e ancora oggi mi capita di sognare quella scena. Per non parlare degli odori. Quel puzzo vi si attacca alla pelle senza che ve ne rendiate conto, e poi vi stupite se la gente vi evita”, racconta Mile. Ha attirato anche l’attenzione di una commessa del chiosco, che è uscita per fumare una sigaretta e ascoltare il suo racconto.

Tour di sensibilizzazione

Il tour comprende la visita di diversi luoghi vicino alla stazione ferroviaria e nel centro città. Ogni passeggiata è diversa e Mile non segue mai un copione prestabilito – parla dal cuore, attingendo ai suoi ricordi, ma sempre partendo da una chiara cornice concettuale.

L’obiettivo del progetto è quello di coinvolgere sempre più senzatetto nell’organizzazione delle passeggiate, ma anche di ottenere un quadro della situazione in altri paesi attraverso lo scambio di esperienze con i turisti stranieri, nonché di sensibilizzare la popolazione locale al problema dei senzatetto.

Questa volta ci salutiamo davanti all’ingresso della stazione, nello stesso luogo da cui eravamo partiti. Mile dice che il suo senso dell’umorismo gli ha salvato la vita, e scherza dicendo che finalmente è diventato un imprenditore.

“Naturalmente, nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza l’aiuto di persone generose e aperte che mi hanno sostenuto. Nessuno può uscirne fuori da solo”, conclude Mile.

Allora iscrivetevi al tour Invisible Zagreb per sostenere un approccio emancipatore e dignitoso alla questione dei senzatetto e in cambio otterrete una lente del tutto speciale attraverso cui osservare questa città dove c’è spazio per tutti.


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