Matrix (photo Tony Werman)

Matrix (photo Tony Werman

In Serbia sono sempre più frequenti le accuse di censura informatica mosse al governo. Sulla questione è intervenuta anche l’OSCE e la Commissione europea. Il premier Vučić ha dapprima reagito in modo molto polemico e duro, per poi abbassare i toni

04/06/2014 -  Dragan Janjić Belgrado

Il giorno stesso in cui il premier serbo Aleksandar Vučić in un severo comunicato stampa ha accusato l’OSCE di condurre contro di lui una “campagna sporchissima” e ha invitato la stessa organizzazione a “presentare le prove” del fatto che in Serbia sarebbe  in aumento la censura, la rappresentante dell’OSCE per la libertà dei media Dunja Mijatović ha precisato di aver discusso della questione col premier stesso e di aver ottenuto da Vučić la promessa che il governo si occuperà dei casi del blocco di alcuni siti internet e di commenti postati e poi spariti.

I media hanno ampiamente ripreso il comunicato di Vučić, così come il successivo comunicato di Dunja Mijatović, ma non hanno dato rilevanza alla forte discrepanza tra i due testi.

Nel comunicato di Vučić si afferma di non "voler credere” che Dunja Mijatović basi le sue affermazioni su informazioni ricevute da uno dei siti internet che “solitamente conduce una sporca campagna contro il mio governo”, né sulle "false informazioni" passate dai rappresentanti delle “cosiddette istituzioni indipendenti” e che lei poi non avrebbe a detta del premier nemmeno verificato.

Nel colloquio con Dunja Mijatović però queste accuse sembrerebbero passate in secondo piano, pertanto si può concludere che il premier abbia dovuto “abbassare la guardia”. I motivi del cambio di atteggiamento diventano più chiari se si tiene conto della posizione assunta dalla Commissione europea (CE) e resa pubblica il giorno successivo, martedì 3 giugno, dove si legge che la Commissione europea “ha ben presente” lo scambio di messaggi tra l’OSCE e il governo serbo sulla censura dei media e che presterà “molta attenzione alle questioni legate alla libertà dei media e alla libertà di espressione nel processo dei negoziati per l’adesione all’UE”.

Peter Stano, portavoce del commissario europeo Štefan Füle, ha ribadito che uno dei partner nel processo di adesione sarà proprio l’OSCE, precisando inoltre che “la posizione della Commissione europea è che la libertà di espressione e dei media sono principi molto importanti nel processo di adesione all’UE” e che la Commissione europea ritiene che ci siano prove alla base delle affermazioni fatte dall’OSCE sulla censura dei media in Serbia. Vučić, quindi, ha assunto un atteggiamento pragmatico, accorgendosi che le sue accuse sul conto dell’OSCE e i suoi giudizi sulla censura rischiavano d'essere controproducenti.

Censura

Le proteste per la censura su internet hanno raggiunto l’apice all’inizio di questa settimana, dopo che è stato colpito da un attacco digitale DDoS il sito di “Peščanik ” che spesso pubblica dure critiche sul conto del governo. Il sito è stato colpito dall'attacco dopo che era stato pubblicato un testo ad opera di un gruppo di studiosi in cui si affermava che la tesi di dottorato del ministro degli Interni serbo Nebojša Stefanović in alcune parti è frutto di plagio. L’oscuramento del sito ha in realtà solamente contribuito alla diffusione del pezzo, dal momento che prima che ci fosse l’attacco digitale il testo era già stato copiato e ripubblicato da un gran numero di altri siti e blog.

La limitazione della libertà di espressione su internet ha subito un’escalation durante le catastrofiche inondazioni che hanno investito la Serbia. La scorsa settimana sono state persino arrestate tre persone con l’accusa di aver diffuso il panico nei social network. E' stato loro comminato un mese di reclusione preventiva ma, dopo dure reazioni di parte dell’opinione pubblica locale e dell’OSCE, sono stati rilasciati e potranno difendersi a piede libero. Durante l’alluvione attacchi hacker hanno colpito vari siti che criticavano l’operato del governo nelle situazioni di emergenza.

Le modalità con cui il governo serbo è intervenuto nel dibattito sulla censura dimostra che le istituzioni serbe ritengono che sia OSCE che le “cosiddette istituzioni indipendenti” in Serbia, dovrebbero presentare le prove della censura al governo che poi le valuta e decide il da farsi. Non si ritiene quindi che uno dei compiti più importanti del governo sia quello di preoccuparsi della libertà di espressione e dei media, andando a indagare su ogni forma di violazione di quest'ultima, né si ritiene che le valutazioni di vari organi, compreso l’OSCE, dovrebbero essere la ragione che spinge il governo a preoccuparsi e fare tutto il possibile per migliorare la situazione.

Questo atteggiamento forse può piacere alla maggioranza degli elettori populisticamente orientati e inclini a pensare che i motivi delle difficoltà vanno cercati nei “traditori locali” e nei poco amichevoli “circoli stranieri” che pagano questi “traditori”. Ma l’OSCE, le associazioni dei giornalisti e gran parte del settore non governativo capiscono che già il fatto stesso che il governo abbia reagito ai giudizi sulla censura chiedendo le prove, in pratica è contemporaneamente una minaccia e un'assunzione di colpa.

La zappa

La campagna condotta da Vučić in prima persona contro i social network è equiparabile però ad una “zappa sul piede”. Le misure riguardanti la censura e le durissime uscite del premier Vučić, in particolare dopo le alluvioni, hanno allarmato parecchi. “Inizio ad avere paura” è la frase che sempre più spesso ripetono i membri del relativamente sottile strato sociale istruito. Questo sentimento di minaccia non passerà dall’oggi al domani, e anzi si può dire che il Partito progressista serbo (SNS) e la coalizione al governo hanno favorito la compattazione dei loro avversari politici.

Il modo in cui l’SNS e Vučić hanno reagito alle alluvioni in Serbia è, dal punto di vista politico, del tutto immotivato. Questo partito ha la maggioranza dei due terzi al parlamento non c’è alcun motivo di intraprendere una campagna mediatica per risolvere le crisi di emergenza oppure compiere rischiose azioni censorie.

In fondo è dovuto al fatto che l’SNS non ha ancora ben capito l’importanza delle istituzioni né tanto meno dei media. Non ha mai nemmeno provato a riformare né i primi e né a rendere più efficiente il sistema mediatico. Invece di fare questo, il partito di Vučić si mantiene sui toni populisti con cui ha vinto le elezioni: senza sosta “occupa” i media e ricopre il pubblico con videoclip, fotografie e testi sulle incessanti attività del governo e dei funzionari di partito in azione. Nella campagna elettorale tutto ciò può essere molto efficace, ma in casi di crisi gravi come le catastrofiche alluvioni abbattutesi sulla regione, tale atteggiamento rischia solo di mostrare tutta la incapacità e il malfunzionamento del governo.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Safety Net for European Journalists. A Transnational Support Network for Media Freedom in Italy and South-east Europe.


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