Il referendum indipendentista in Găgăuzia, le aspirazioni russe della Transnistria le pressioni di Mosca e le sirene dell'Europa. Tutti gli ostacoli di Chişinău sulla via per Bruxelles

20/02/2014 -  Danilo Elia Chişinău

Non bastava la Transnistria ora ci si mette pure la Găgăuzia. Il doppio referendum consultivo del 2 febbraio ha segnato un inequivocabile 98,7% a favore della separazione da Chişinău e di un'integrazione nell'Unione doganale guidata dalla Russia, assieme a Bielorussia e Kazakistan. Ora che la possibile firma dell'Accordo di associazione con l'Unione europea si fa più vicina - per evitare un bis in stile Ucraina si parla già del prossimo agosto - un nuovo fianco si scopre sulla frontiera moldava.

Il referendum, indetto dal governo locale găgăuzo all'indomani dell'avvio dei negoziati per l'Accordo tra Moldavia e UE, era stato dichiarato immediatamente illegittimo dalla Corte suprema di Chişinău. Questo non è bastato però a fermare le aspirazioni separatiste della regione, com'era prevedibile ascoltando le parole del governatore găgăuzo Mihail Formuzal, prima ancora che si aprissero i seggi: "Penso che per i prossimi 10 anni sia nostro interesse far parte dell'Unione doganale con la Russia".

In rosa la regione della Gaugazia

In rosa la regione della Găgăuzia

A urne appena chiuse sono ritornate alla mente le minacciose parole di Dmitri Rogozin, vice primo ministro russo e rappresentante speciale del Cremlino in Transinstria che, alla vigilia del summit di Vilnius sul partenariato orientale, aveva ammonito: "Il treno moldavo in corsa verso l'Europa potrebbe perdere qualche vagone", in Transnistria e Găgăuzia.

Che a Mosca si stiano affilando le armi per far cambiare idea alla Moldavia non è solo una deduzione basata sulle dichiarazioni di Rogozin o sul fatto che i referendum siano stati finanziati con circa 200mila euro da Yuri Iacubov, un uomo d’affari russo di origini găgăuze. E' la stessa parte europea a manifestare chiaramente di temere un'offensiva russa: il presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso ha espresso l'auspicio che la Moldavia possa decidere del suo avvicinamento all'UE senza subire pressioni esterne, mentre pochi giorni prima, meno diplomaticamente, il Commissario all'allargamento Štefan Füle aveva definito inaccettabili le pressioni russe sui partner orientali, chiedendo espressamente a Mosca di non interferire negli sforzi della Moldavia per arrivare alla firma dell'Accordo.

Limiti insormontabili

L'apertura del fronte găgăuzo punta probabilmente a indebolire le già poco convincenti contromisure di Chişinău per tenere uniti i pezzi del puzzle moldavo ed evitare la frammentazione del paese. "Siamo pronti a dotare la Transnistria di una larga autonomia sul modello catalano", ha detto il premier moldavo Iurie Leanca, salvo poi ammettere che "non stiamo elaborando alcun piano per risolvere il conflitto transinstriano. Ci concentriamo su un processo graduale, consapevoli di quelli che sono i limiti insormontabili della questione".

Mentre ci si appresta ad affrontare il prossimo 27 febbraio i nuovi colloqui dei 5+2 (con Moldova, Transnistria, Ucraina, Russia, Osce, Ue e Usa), una recente risoluzione del Parlamento europeo ha condannato la discriminazione linguistica in atto nelle scuole transnistriane nei confronti della lingua romena (la stessa parlata in Moldavia), definendola senza mezzi termini una violazione dei diritti umani.

Nel frattempo, Tiraspol - capitale della Transnistria - è già proiettata verso una futura integrazione con la Russia. Poco più di un mese fa il Soviet supremo ha approvato una legge di riforma costituzionale, proposta dal presidente Evgenj Shevchuk, per inglobare in toto la legislazione della Federazione russa in quella della piccola repubblica separatista. Quando questo processo sarà completato, la Transnistria diventerà di fatto la quindicesima repubblica della Federazione, seppur senza alcun formale atto da parte di Mosca. "La Russia non ha alcuna intenzione di accettare l'integrazione della Transnistria", si è affrettato a dichiarare Leanca, ma la verità è che - per la prima volta in vent'anni - qualcosa davvero si sta muovendo sulla frontiera orientale della Moldavia.

Due realtà differenti

Ma al di là del fatto che la Transnistria sia già da tempo avviata sulla strada della separazione da Chişinău, è forse la Găgăuzia a rappresentare ora una minaccia più concreta, oltre che una più efficace leva nelle mani del Cremlino. Mentre la prima infatti è già de facto un'entità territorialmente separata, la seconda è un territorio che fa parte integrante della Moldavia, seppur dotato di larga autonomia. D'altro canto, mentre in Transnistria vivono quasi 180mila cittadini moldavi (più o meno il 30% della popolazione), la Găgăuzia ha una componente etnica molto più compatta, con un 80% della popolazione găgăuza. Non deve quindi sorprendere l'esito del referendum da poco tenutosi.

Quale che sia il fianco più scoperto, la Moldavia si appresta a essere la prossima pedina sullo scacchiere del partenariato orientale. Dalla parte russa non mancano del resto altre armi, dalle migliaia di moldavi che lavorano in Russia e che potrebbero essere espulsi dall'oggi al domani, a un nuovo blocco delle importazioni dei prodotti moldavi, fino alla dipendenza energetica di Chişinău da Mosca.

Dalla parte europea, sembra che l'argomento più convincente sia l'eliminazione dei visti per i cittadini moldavi che, in caso di un'indipendenza delle due entità, non si estenderebbe ai residenti in Transnistria e Găgăuzia.

Può sembrare poco, ma non lo è.


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