Tskhinvali (AP/BBC)

Violenze indiscriminate contro i civili da parte delle forze armate russe e georgiane, cluster bombs su convogli di profughi. Human Rights Watch chiede una missione di inchiesta in Georgia e Ossezia del Sud

21/08/2008 -  Anonymous User

Di Human Rights Watch, Tbilisi, 18 agosto 2008 (titolo originale: "Georgia: International Groups Should Send Missions")

Segue il comunicato stampa di Human Rights Watch, nostra traduzione

Investigare sulle violazioni e proteggere la popolazione

Human Rights Watch afferma che il sempre maggior numero di testimonianze sull'uso illegale delle forze armate da parte dei comandi russi e georgiani durante il conflitto in Ossezia del Sud evidenzia la necessità di missioni internazionali di inchiesta.

La continuazione di attacchi da parte di gruppi paramilitari e l'approfondirsi della crisi umanitaria indicano ulteriormente l'urgente necessità di una missione per proteggere i civili.

All'inizio del conflitto, il 7 agosto 2008, l'esercito georgiano è ricorso ad una violenza indiscriminata e sproporzionata che ha portato alla morte di civili nell'Ossezia del Sud. L'esercito russo da allora ha a sua volta usato una forza indiscriminata negli attacchi in Ossezia del Sud e nel distretto di Gori, bersagliando secondo alcune testimonianze i convogli di civili che tentavano di abbandonare le zone di conflitto.

Saccheggi, incendi dolosi e rapimenti stanno terrorizzando la popolazione civile, forzandola a lasciare le abitazioni e impedendo ai profughi di tornare nelle proprie case.

"Questo conflitto è stato un disastro per i civili" ha dichiarato Rachel Denber, vicedirettrice di Human Rights Watch per l'Europa e l'Asia Centrale. "Serve una missione internazionale di difesa che favorisca la protezione dei civili e crei un ambiente sicuro affinché gli sfollati tornino a casa. Inoltre le organizzazioni internazionali devono mandare missioni di inchiesta per accertare i fatti, monitorare la protezione dei diritti umani ed esortare le autorità a rendere conto di ogni crimine". Human Rights Watch fa appello all'Unione Europea affinché, con il consenso delle parti, invii una consistente missione di Politica Europea di Sicurezza e Difesa Comune (PESC) composta da forze di polizia e di sicurezza che garantiscano la protezione dei civili e il ritorno dei profughi nelle proprie abitazioni. Human Rights Watch ha sottolineato che vi sono una serie di opzioni aperte per la comunità internazionale per una missione di monitoraggio. Come primo passo, il presidente dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) potrebbe mandare un inviato speciale in Georgia e in Ossezia del Sud, sostenuto da un gruppo di esperti in diritto internazionale umanitario, per valutare le violazioni.

Human Rights Watch ha inoltre fatto appello alle Nazioni Unite affinché mandi un proprio team per valutare l'invio di una missione e prenda in considerazione l'uso della Commissione Internazionale d'Inchiesta Umanitaria stabilita dall'art.90 del primo protocollo delle Convenzioni di Ginevra, della quale fanno parte sia Georgia che Russia.

Questa sarebbe la prima volta che la Commissione effettua un'indagine in un conflitto e, in linea con le clausole del Trattato, quest'ultima avrebbe mandato per investigare su violazioni serie del diritto internazionale umanitario.

Attacchi delle forze russe

Con interviste a profughi che hanno abbandonato l'Ossezia del Sud e il distretto di Gori a causa degli attacchi russi, Human Rights Watch ha documentato l'uso indiscriminato della forza e attacchi mirati ai civili, incluso quello ad un convoglio di civili.

L'uso deliberato della forza contro i civili o obiettivi civili è un crimine di guerra. Human Rights Watch ha inoltre confermato l'utilizzo da parte dell'esercito russo di cluster bombs bombe a grappolo, ndr in due città della Georgia.

Attacchi in Ossezia del Sud

Tskhinvali (AP/BBC)

Slava Meranashvili, 32 anni, di Kekhvi, un villaggio di etnia georgiana nell'Ossezia del Sud, a nord della capitale Tskhinvali, ha raccontato a Human Rights Watch che il suo villaggio è stato più volte bombardato da jets russi. Ha detto: "Il 10 o 11 agosto, sono cominciati massicci bombardamenti e andati distrutti l'edificio amministrativo e uno stabile dell'ospedale. I bombardamenti si sono verificati giorno e notte. Sembrava che mirassero a grandi edifici che avrebbero potuto ospitare le forze armate georgiane".

La casa di Meranashvili era vicino ad una scuola che è stata bombardata, ma ha affermato che nessuna forza georgiana alloggiava là o si trovava nei paraggi della sua abitazione.

Ha inoltre affermato a Human Rights Watch: "Durante i bombardamenti del 9 agosto è stato ucciso il vicino di casa di mio zio. Mio zio l'ha seppellito nel suo cortile".

Meranashvili ha lasciato Kekhvi il 12 agosto, e descrive così la sua fuga: "Abbiamo dovuto camminare nei boschi fino al distretto di Gori, dove i nostri soldati ci hanno aiutato ad evacuare. Mentre camminavamo nei boschi i bombardamenti continuavano. Ho dovuto sdraiarmi nella palude e strisciare per ore. Avevo paura ad alzarmi".

Human Rights Watch ha intervistato sei civili scappati l'8 agosto con dei convogli da diversi villaggi dell'Ossezia del Sud. I convogli sono stati bombardati, apparentemente da parte di velivoli militari russi, vicino al villaggio di Eredvi. Testimoni che viaggiavano in un convoglio formato da una dozzina di auto hanno dichiarato a Human Rights Watch che verso le 4 di pomeriggio cinque aerei russi hanno sorvolato il convoglio, poi sono tornati indietro e hanno aperto il fuoco. Temo Kasradze, del villaggio di Kemerti, che stava fuggendo con suo nipote, ha descritto l'attacco: "C'erano cinque persone nella nostra auto. Improvvisamente c'è stata un'esplosione. Forse cinque o sei macchine sono state colpite... Ho visto persone ferite e uccise. C'era sangue". Tre testimoni hanno parlato di due sorelle che viaggiavano in un'auto bianca Niva uccise in un attacco. Secondo i testimoni non c'erano edifici, truppe o veicoli militari sulla strada.

L'8 agosto, verso le 7 del pomeriggio, Tengiz Magaldadze, 41 anni, anche lui di Kemerti, stava guidando un furgone con venti persone lungo il medesimo itinerario. Non appena arrivati sulla strada principale di Eredvi, Magaldadze ha notato tre esplosioni a circa 20-25 metri di fronte al veicolo. Magaldadze non ricorda di aver visto velivoli, ma siccome c'erano tre esplosioni l'una vicina all'altra, concluse che erano state causate da un aereo.

Nella notte del'8 agosto, anche Emzar Babutsidze viaggiava su un pickup con molte altre persone lungo la circonvallazione, in un convoglio formato da tre macchine civili. A meno di 2 km da un checkpoint presidiato da soldati russi, il pickup è stato colpito da una granata che ha ucciso il guidatore e l'unica donna nella macchina. Babutsidze crede che la granata sia stata lanciata da un veicolo di fanteria BMP-2. I passeggeri hanno messo i resti del corpo dell'autista e della donna nel bagagliaio di una delle macchine e li hanno portati all'ospedale di Gori, prima di proseguire per Tbilisi.

Attacchi nel distretto di Gori

Mentre i russi avanzavano nel distretto di Gori, hanno lanciato una serie di attacchi che hanno colpito civili nelle loro abitazioni mentre si preparavano a fuggire.

Vasiko Tevdorashvili, amministratore di Mereti, ha raccontato a Human Rights Watch che gli attacchi degli aerei russi sono cominciati il mattino del 9 agosto. Una donna è stata uccisa mentre dormiva nell'attacco iniziale. Non appena gli abitanti del villaggio hanno cominciato a radunarsi in uno dei quartieri per prepararsi a scappare, i velivoli russi hanno attaccato di nuovo, lanciando questa volta sulla zona cinque bombe che hanno ucciso all'istante cinque persone. Altre due sono morte in seguito alle ferite riportate nell'attacco. Un altro testimone ha sostenuto che almeno dieci persone sono state ferite. Una bomba ha distrutto completamente due case e ne ha danneggiate molte altre.

Tevdorashvili descrive ciò che seguì: "C'erano molti feriti. Ho dovuto decidere chi aveva più possibilità di sopravvivenza e infilarli nell'ambulanza. Abbiamo bruciato i morti nei cortili e abbandonato il villaggio". Tevdorashvili afferma che non c'era alcuna base militare georgiana nel paesino e nessuna forza georgiana presente al momento dell'attacco.

L'11 agosto, Nunu Chlaidze, insegnante, è scappato con il marito da Pkhvenesi, dopo che nella prima mattinata i russi avevano attaccato obiettivi militari dentro e intorno al villaggio, causando danni collaterali alle case dei civili. Lei è fuggita con il marito e i vicini, ma è tornata indietro dopo aver visto in un telegiornale alla TV che i civili della regione di Gori non venivano attaccati. Tuttavia, non appena si sono avvicinati ad un blocco stradale russo vicino al villaggio di Sakasheti, la loro macchina è stata bersagliata. Lei ritiene che il marito sia stato ferito e abbia perso il controllo della macchina, che in seguito ha urtato un tank russo. Chlaidze è stata colpita due volte alla schiena e i soldati russi l'hanno portata ad un ospedale di campo dove è stata curata. E' fuggita dall'ospedale. Non ha notizie del marito.

Attacchi delle forze georgiane in Ossezia del Sud

Human Rights Watch (HRW) continua a documentare il ricorso alla violenza indiscriminata da parte delle forze armate georgiane nei loro attacchi verso Tskhinvali e i villaggi vicini, il 7 e 8 agosto, attacchi che hanno causato molte vittime civili e grandi distruzioni.

Rachel Denber, di HRW, sostiene che: "Ogni indagine esaustiva richiede tempo, ma stiamo continuando ad acquisire informazioni che indicano attacchi indiscriminati da parte delle truppe georgiane".

Le interviste di Human Rights Watch a più di cento persone a Tskhinvali e nei villaggi di Nizhni Gudjaver e Khetagurovo hanno prodotto un quadro ulteriormente chiaro dell'uso indiscriminato di lanciarazzi multipli e carri armati da parte delle forze georgiane.

A Tskhinvali, Human Rights Watch ha visto numerosi obiettivi civili gravemente danneggiati, inclusi un ospedale, appartamenti, case, scuole, asili, negozi, edifici amministrativi e l'università.

Le forze georgiane hanno cominciato a bombardare verso la mezzanotte del 7 agosto, continuando ininterrottamente per tutta la notte. Le aree più colpite di Tskhinvali sono state la parte meridionale, quella a sud est e la zona centrale della città. Quando sono state lanciate le prime granate molti residenti, incluse donne, bambini e anziani, si sono affrettati verso i loro scantinati per rifugiarvisi.

Hanno trascorso due giorni nelle cantine, uscendo solo il 10 agosto, quando le truppe russe hanno preso il pieno controllo della città. Alcuni erano così spaventati che sono rimasti nei loro scantinati fino al 13 di agosto. Il bombardamento di Tskhinvali ha provocato vittime civili. Per esempio, un razzo ha colpito la casa di Anisim Jagaev, 74 anni, in via Kulaeva. Sua figlia ha dichiarato a Human Rights Watch: "Durante i bombardamenti un razzo ha colpito la casa, mandando a fuoco il tetto. Mio padre è uscito per cercare di spegnere le fiamme e in quel momento è giunto un altro razzo. E' stato ferito alla coscia da un pezzo di granata. Nostra madre lo ha trascinato in cantina e ha trascorso molte ore nel tentativo di fermare il sangue, ma non aveva nulla per bendare la ferita. E' morto lentamente tra le sue braccia".

Secondo alcuni residenti di Tskhinvali, quando l'offensiva georgiana via terra ha avuto inizio, l'8 agosto, in alcuni quartieri le milizie ossete hanno assunto posizioni di difesa dentro appartamenti civili, e questo ha attratto il fuoco georgiano. Le milizie avevano armi automatiche.

Residenti locali affermano ad esempio che verso le 3 di pomeriggio dell'8 agosto un carro armato georgiano ha aperto il fuoco verso alcuni appartamenti di via Tselinnikov, nella zona ovest di Tskhinvali, dopo che un gruppo di milizie ossete aveva cominciato a ritirarsi attraverso il quartiere.

Sei colpi di carro armato hanno colpito l'edificio, distruggendo cinque appartamenti. Gli inquilini hanno affermato a Human Rights Watch: "Siamo corsi tutti verso i sotterranei, ma un uomo anziano di 80 anni che abitava al quarto piano non ce l'ha fatta a giungere in tempo. Il suo appartamento è stato colpito da una bomba e ha preso fuoco. Quando l'attacco è terminato, siamo saliti di sopra e abbiamo visto l'anziano in ceneri. Abbiamo seppellito i suoi resti nel cortile".

I residenti locali hanno dichiarato a Human Rights Watch che l'attacco non ha provocato vittime tra le milizie, che conoscevano.

Le milizie ossete erano un obiettivo militare legittimo. Il diritto internazionale umanitario impone tuttavia a tutte le parti il dovere di evitare o rendere minimi i danni verso i civili e gli obiettivi civili. In particolare, dove è possibile, la parte belligerante non deve mettere in pericolo i civili a causa di bersagli militari, come ad esempio combattenti presenti in zone densamente popolate. Le forze armate georgiane erano inoltre obbligate a tener conto dei rischi dell'attacco per i civili e ad evitarlo, se era evidente che le vittime civili avrebbero pesato maggiormente dei vantaggi militari che si potevano raggiungere.

Secondo gli abitanti del villaggio, sempre l'8 agosto, almeno quattro civili sono morti a causa di attacchi georgiani a Khetagurovo, un paese di circa 750 abitanti a sud-ovest di Tskhinvali.

I ricercatori di Human Rights Watch hanno visto diverse abitazioni del villaggio colpite da razzi multipli e granate da mortaio. Gli abitanti hanno affermato a Human Rights Watch che una donna anziana era morta in un incendio causato da un razzo che aveva colpito la sua casa.

In seguito ai bombardamenti, la fanteria georgiana è entrata nel villaggio, colpendo i cancelli e le staccionate delle case con pallottole e chiedendo la resa delle milizie. Secondo un testimone, una pallottola vagante ha ucciso una donna anziana, Anastasia Jiueva, mentre andava a nutrire le sue galline. Gli abitanti del villaggio affermano che a quel punto non c'erano più milizie nel paese, in quanto erano scappate prima dei bombardamenti nascondendosi nei boschi.

Perlomeno una parte della fanteria georgiana non era consapevole che i civili erano rimasti nel villaggio. Un uomo anziano ha affermato che quando i soldati entrarono nel suo cortile furono scioccati di trovarvi lui e la moglie. Secondo la sua testimonianza, un militare disse: "Siete rimasti qui tutto il tempo, durante i bombardamenti Noi pensavamo che i civili fossero fuggiti".

Nessuno dei 15 abitanti del villaggio si è lamentato di un trattamento crudele o degradante da parte dei soldati georgiani, i quali controllarono le case cercando eventuali milizie e armi.

I paesani sono preoccupati che possano esserci altre vittime di cui non sono a conoscenza. Madina, 30 anni, ha dichiarato a Human Rights Watch: "Non siamo sicuri su chi sia riuscito a scappare e chi sia morto. Il villaggio ora è praticamente deserto. Ci vorrà tempo per determinare l'esatto ammontare delle perdite".


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