Ossessionata dall'integrazione euro-atlantica Lubiana ha per molto tempo messo a margine i suoi vicini centro-europei. Ora però - pur di allontanarsi dai Balcani - le cose sembrano cambiare

14/02/2018 -  Charles Nonne

(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 3 febbraio 2018)

Poco prima che la Slovenia abbandonasse la Jugoslavia, nel giugno del 1991, altri ex paesi socialisti come la Polonia, l'Ungheria e la Cecoslovacchia creavano il “triangolo di Visegrad”. Obbiettivo: avviarsi il prima possibile lungo il processo di adesione all'allora Comunità economica europea (CEE). Il summit che si tenne nel febbraio del 1991 in questa piccola località ungherese sulle rive del Danubio – luogo scelto come riferimento esplicito ad un incontro anti-asburgo avvenuto nel 1335 tra i re di Ungheria, Boemia e Polonia – fu occasione per rafforzare la cooperazione in materia di politica economica e di facilitare l'accesso ai mercati dell'Europa dell'ovest. Due anni dopo il gruppo di Visegrad passa da tre a quattro membri (V4) dopo il divorzio consensuale tra Repubblica ceca e Slovacchia.

Una rivalità in costante evoluzione

Considerata come il motore economico dell'ex Federazione jugoslava la Slovenia del primo ministro liberale Janez Drnovšek (LDS) tenne in quegli anni la distanza dagli ex paesi del Patto di Varsavia. Nel 1997 sono però l'Ungheria, la Polonia e la Repubblica ceca ad entrare nella Nato, lasciando indietro la Slovenia. Da partner potenziali, i V4 e la Slovenia iniziano ad essere dei contendenti, se non dei rivali.

Il grande allargamento dell'Ue nel 2004 cambia ancora le carte in tavola e il presidente come i rappresentanti del governo sloveno divengono nuovamente ospiti graditi a Budapest, Praga, Bratislava e Varsavia. Tra il 2001 e il 2015 rappresentanti di stato sloveni vengono invitati a più di 10 incontri del Gruppo di Visegrad, senza però essere invitati ad entrare a far parte del club.

“Come la Croazia, la Slovenia ha affermato da tempo di essere interessata, senza però mai ufficializzare la propria candidatura”, spiega Anna Orosz, ricercatrice presso un think tank legato al ministero degli Affari Esteri ungherese. “Ciononostante la cooperazione tra i V4 e la Slovenia è antica”.

Dall'inizio degli anni 2010 Lubiana si è avvicinata all'Europa centrale: nel 2014 ha concluso un accordo di principio con la Repubblica ceca per formalizzare un format “Visegrad plus” o “V4+1” che avrebbe permesso di individuare dei campi di collaborazione senza però allargare il gruppo. “È chiaro che la Slovenia, dopo la crisi finanziaria, ha iniziato ad adottare una modalità di pensiero più strategica e multidimensionale”, continua Anna Orosz.

Un semi-fallimento della diplomazia slovena?

Nel 2015 il parlamento sloveno ha definito la Slovenia “un paese centro-europeo e mediterraneo, al centro della regione alpino-adriatica-transdanubiana e all'intersezione tra i Balcani occidentali e l'Europa dell'ovest”. Molteplici linee di orientamento per la sua diplomazia. Nello stesso periodo una strategia per la politica estera presentava la Slovenia come un partner naturale del gruppo di Visegrad.

La cooperazione con i V4 riguarda i Balcani occidentali ma anche trasporti, economia, politiche di coesione e agricole. Nel luglio del 2017 è a Budapest che i V4 invitano Slovenia, Croazia e Austria per serrare i legami. Nell'ottobre 2017 un summit a Bratislava permette allo slovacco Robert Fico di coinvolgere Lubiana per combattere i doppi standard nella qualità dei prodotti alimentari. In un raro gesto di sfida nei confronti di Bruxelles il ministro sloveno per l'Agricoltura, Dejan Židan, dichiara che “è dal 2009 che si sentono promesse da parte dei commissari europei senza conseguenze sul campo. Samo obbligati ad agire da soli”.

La luna di miele è stata però guastata dall'imporsi delle questioni migratorie che ha messo in cattiva luce, a Bruxelles, l'Europa centrale. Secondo Anna Orosz le esitazioni della Slovenia non saranno di breve durata: “Se i V4 non godranno dei favori europei Lubiana si guarderà bene dal favorire forti avvicinamenti”. Una situazione che potrebbe però cambiare nel caso il Partito democratico sloveno (SDS), guidato da Janez Janša , vicino all'Ungheria, arrivasse al potere. Il deputato dell'SDS Branko Grims sosteneva già nel 2015 che “il gruppo di Visegrad deve essere la nostra sola prospettiva realistica”. Secondo Iztok Mirošič, segretario di stato presso il ministro degli Esteri della Slovenia “il cuore dell'Europa centrale, di cui la Slovenia fa parte, è costituito dal gruppo di Visegrad”. Prima di ammettere però che la diplomazia slovena in Europa centrale è “ridotta ma efficace”.

Problemi comuni

Ma il V4 è così attraente e potente come la sua eco mediatica lascerebbe intendere? “Sarebbe impossibile farne un gruppo istituzionalizzato in seno all'Ue attuale ed è per questo che il gruppo rimane un forum informale”, sottolinea Anna Visvizi, direttrice di ricerca presso l'istituto per l'Europa centrale e orientale (IESW). L'agenda del gruppo di Visegrad dipende ogni volta dal colore politico dei governi in carica e più in generale dall'ordine del giorno delle istituzioni europee. Il forum serve infatti innanzitutto ad individuare posizioni comuni prima degli incontri a Bruxelles.

La Slovenia e i suoi partner centro-europei non è che non abbiano forti relazioni: nel campo dell'industria automobilistica con la Slovacchia; delle infrastrutture con l'Ungheria, il commercio e il turismo con la Repubblica ceca. Tra le infrastrutture slovene il porto di Capodistria offre un prezioso accesso al mare a Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca. Lubiana può allinearsi al Gruppo di Visegrad ad esempio su questioni come il Partenariato orientale, la questione Brexit o la politica agricola comune. “Questi paesi hanno più cose in comune di quanto gli stereotipi lascerebbero credere, che si tratti di migrazioni, questioni sociali a livello europeo o della direttiva sul distacco dei lavoratori”, afferma Anna Visvizi. “Certo è che alcuni interessi in termini di politiche da attuare possono variare anche sensibilmente”, aggiunge - “prendiamo ad esempio la questione del vicinato: la Polonia è soprattutto concentrata sulla questione in Ucraina mentre l'Ungheria s'interessa ai Balcani”.

Ma non è escluso che tra i V4 sull'agenda europea si abbiano posizioni divergenti. Che si tratti della protezione delle frontiere esterne, della riforma della politica di asilo o delle relazioni con gli Stati Uniti le posizioni attuali divergono, a volte in modo rilevante. Essendovi all'interno del gruppo la regola del consensus, l'eventuale ingresso della Slovenia renderebbe ancora più difficile raggiungere posizioni comuni.

Una questione di identità

Il gruppo di Visegrad sembra comunque aver raggiunto una fase di maturità. Esistono anche dei format alternativi come il Triangolo di Weimar franco-tedesco-polacco o progetti particolari come l'Iniziativa dei Tre Mari. Per Marek Lenč, ricercatore ed esperto di affari europei presso l'Università Matej Bel (Slovacchia), “il V4 è innanzitutto un concetto politico, che è divenuto motore della creazione di coalizioni in seno all'Ue. Ha funzionato con la forma attuale per 27 anni. Anche se divergenze interne lo possono indebolire, non possono annientare il progetto in quanto tale”.

In questo contesto la probabilità che il Gruppo di Visegrad possa allargarsi ad uno dei paesi vicini pare improbabile. “Aggiungete un quinto paese centro-europeo e si troverebbe in modo sistematico un'appartenenza alternativa”, aggiunge Lenč. Il V4 si fida poco delle appartenenze multiple e questo rischia di penalizzare la Slovenia, comunque legata allo spazio ex jugoslavo. Inoltre il format “V4+1” è divenuto ormai una tradizione e vede partecipare una lista crescente di partecipanti, di cui la Slovenia è uno tra i molti: Austria, Croazia ma anche Israele e a volte la Corea del Sud. Lubiana è ancora alla ricerca della propria identità, tra Balcani, Europa centrale e Mediterraneo. È nel suo interesse spingere per una relazione particolare con il gruppo di Visegrad? Per Marek Lenč, “è un dilemma al quale solo la Slovenia può rispondere”.


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