Una estesa rete transnazionale di organizzazioni della società civile è attiva nei Balcani per monitorare il rapporto tra energia e ambiente e stimolare il dialogo tra opinione pubblica e isituzioni

31/01/2008 -  Nicole Corritore

La regione dei Balcani è notoriamente un'area strategica per il trasporto di prodotti energetici dal bacino del Caspio verso l'Europa e per questo è da anni oggetto di interessi geopolitici forti e importanti, esterni all'area stessa, che sta portando ad un fenomeno di "invasione" della regione di progetti sul tema dell'energia. Tutti i paesi del sud-est Europa sono territori potenzialmente interessati dal passaggio di oleodotti e gasdotti in un contesto in cui la popolazione locale rischia di vedere violati alcuni fondamentali diritti civili.

Che cosa si sta muovendo nella società civile dell'area rispetto a questo tema? A settembre del 2007, dietro iniziativa dell'associazione ambientalista croata Eko Kvarner - finita anni fa alla ribalta della stampa internazionale in relazione al caso "Druzba Adria" e che ha portato al blocco della costruzione del terminal petrolifero sull'isola di Krk - ha avviato un'iniziativa molto ambiziosa: creare una rete di organizzazioni non governative, associazioni e gruppi, non solo ambientalisti, denominata "South East Europe Pipeline Network".

Da gennaio 2008, l'associazione conta più di 40 membri tra ONG, associazioni e gruppi provenienti da Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia, Albania, Romania, Bulgaria, Grecia e Italia. Ma non si esclude, nello sviluppo futuro dell'iniziativa, che la rete si allarghi anche ai paesi più a est attraversati dagli oleodotti.

Scopo dell'iniziativa è fungere da "osservatorio" dei progetti di realizzazione dei corridoi di trasporto dei prodotti energetici, fin dalla loro fase di ideazione; monitorare sul territorio i rischi ambientali che ogni tratta potrebbe provocare e battersi affinché vengano rispettati standard internazionali di tutela ambientale. Intento intrinseco dell'iniziativa, inoltre, è sostenere il processo di democratizzazione, aumentare il grado di partecipazione della società civile ai processi decisionali, nonché assicurare l'accesso alle informazioni connesse ad ambiente ed energia da parte dell'opinione pubblica.

Ciò che colpisce è la presenza tra le fila della neonata rete di numerose ong e associazioni che non si occupano di ambiente, come ad esempio l'Helsinki Committee che si occupa di diritti umani e Transparency International - The global coalition against corruption. "Un simile approccio è necessario - dichiara il portavoce del SEE Pipeline Network, Vjeran Pirsic - la questione energetica è il maggior generatore di corruzione nell'area del sud-est Europa e quindi è assolutamente necessario affrontarla da più prospettive".

Oggetto primario di osservazione da parte della rete, saranno i progetti di costruzione di tre vie di trasporto della nafta: il cosiddetto oleodotto PEOP - European Pipe Line che si collegherebbe al veccio TAL - Trans Alpine Line; l'AMBO - Albania Macedonia Bulgaria Company; e il tracciato Burgas-Alexadroupolis. Verranno inoltre tenuti sotto osservazione anche i tre principali gasdotti (il NABUCCO, il South Stream e il Blue Stream) perché, sebbene il gas non porti in sé i potenziali rischi ambientali della nafta, alcuni aspetti della realizzazione dei gasdotti vanno attentamente monitorati.

Ma come agire in una condizione di "eccesso di progetti" di trasporto, dove ogni tratta presenta in sé diversi patrocini e interessi geopolitici? Una delle possibili risposte sembra essere una estesa rete transnazionale di organizzazioni della società civile che tengano alta l'attenzione sul tema dei rischi ambientali, della trasparenza delle decisioni e dei diritti delle comunità locali in una relazione di dialogo con investitori e istituzioni.

A seguito dell'incontro tenutosi nel mese di settembre 2007 a Sisak in Croazia, è stato stilato un protocollo che prevede un piano di azione ben definito. Tale piano, siglato dai presenti alla riunione, tra i quali l'associazione italiana Adriatic GreeNet (network internazionale per la tutela e la salvaguardia dell'Alto Adriatico), è stato poi ratificato dai nuovi membri aggiuntisi alla rete nei mesi successivi.

La prima fase del piano di azione, che si sta concludendo in questi giorni, ha visto la realizzazione della mappatura delle aree considerate critiche. In altre parole, la rilevazione di specifici rischi legati al mancato rispetto degli standard internazionali di tutela ambientale e la valutazione del loro potenziale impatto su comunità anche molto distanti tra loro.

Per tale lavoro di monitoraggio sono stati creati dei piccoli "task team", costituiti ciascuno da due esperti di settore e un rappresentante della rete. La composizione dei task team è differente a seconda delle specifiche questioni ambientali che ciascun team dovrà monitorare in maniera approfondita nei singoli territori. Il bacino dal quale il SEE Network Pipeline può attingere oggi, conta 50 persone tra esperti provenienti da settori molto diversi, da quello tecnico a quello ambientale fino al settore giuridico.

Tra di essi sono numerosi i consulenti croati - perché in passato già coinvolti nella valutazione dell'impatto ambientale del progetto "Druzba Adria" - ma si contano anche esperti provenienti da paesi esterni ai Balcani, come l'Ucraina. Tutti hanno dato disponibilità a collaborare gratuitamente, mentre la copertura delle spese sostenute per i monitoraggi viene assicurata grazie al finanziamento di due fondazioni occidentali: la Foundation EastEast di Londra e la tedesca Heinrich Boll Foundation.

Gli incontri di raccolta dei dati e di discussione pubblica organizzati nei Paesi della regione, si sono tenuti nell'arco degli ultimi due mesi e si sono conclusi, solo due giorni fa, ad Atene. Ciò che emerge dalle dichiarazioni rilasciate da Pirsic al ritorno dalla Grecia, è una fotografia della società civile incontrata che presenta diverse sfaccettature anche all'interno di uno stesso Paese.

Negli ultimi giorni, tra Novi Sad, Belgrado, Bitola, Salonicco e Atene, è stato raccolto un generale e profondo interesse verso la tematica, pur con sensibili differenze. Il team del Network che ha partecipato agli incontri in Serbia e Vojvodina, ha notato da un lato l'esistenza di organizzazioni molto preparate come l'associazione Vojvodjanska Zelena Inicijativa (Iniziativa Verde della Vojvodina) sia sul piano della conoscenza del tema, sia su quello della capacità di sensibilizzazione sociale e politica sul proprio territorio; d'altro canto una serie di realtà associative ancora timorose di occuparsi di tematiche ritenute scottanti perché legate a doppio filo con grandi interessi politici ed economici. "Mentre in Grecia - racconta Pirsic - ha sorpreso la scarsa conoscenza, da parte dell'opinione pubblica, dei problemi ambientali causati dal rilascio delle acque di zavorra delle petroliere, nei quali le coste greche potrebbero incorrere visto che alcuni porti del paese sono destinati al carico della nafta".

Vjeran Pirsic sottolinea quanto sia stato importante incontrare e conoscere direttamente queste realtà locali. In molti casi, infatti, la valutazione a priori, dunque "dall'esterno", dell'entità delle problematiche locali e delle potenzialità dei gruppi che vi vivono di stimolare delle risposte da parte delle istituzioni locali, è risultata molto diversa rispetto alle possibilità reali. Un caso offerto ad esempio da Pirsic è quello dei tavoli di lavoro realizzati a Valona: le ONG locali hanno dimostrato di possedere un ottimo livello di preparazione su temi di tutela ambientale e un grado di determinazione ad ottenere dei risultati concreti molto più elevato di quanto il Task Team della rete si aspettasse. In altri casi, chiaramente, si è verificato il contrario.

Unico paese nel quale non sono state inviate delle Task Team è la Romania. "Questo perché con le ONG romene che fanno parte del SEE Network - dichiara Pirsic - esiste un rapporto di collaborazione di lungo periodo e si conoscono bene gli ambiti e il livello qualitativo del loro lavoro. Per cui il monitoraggio è stato realizzato utilizzando le informazioni raccolte direttamente da esse".

Con i dati raccolti, entro la metà di febbraio prossimo verranno redatti rapporti dettagliati sui punti critici di ogni regione. Nell'elaborazione di tali rapporti e nella successiva azione "politica", la rete si baserà su tre documenti europei importanti: la SEA Directive (Strategic Environmental Assessment); la Convenzione ESPOO (sulla valutazione dell'influenza ambientale in un contesto transfrontaliero); la Convenzione Aarhus (sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale).

La seconda fase di attività prevede proprio l'utilizzo delle relazioni riassuntive da parte dei diversi membri della rete, per chiedere ai propri governi, a livello centrale e locale, risposte concrete rispetto alla soluzione dei problemi segnalati. Dunque come intendono agire rispetto ai nuovi e potenziali danni dell'ambiente analizzati dalla rete, ad esempio in caso di fonti di acqua potabile prospicenti le vie di trasporto della nafta o sul tema dei danni all'ecosistema marino a causa delle acque di zavorra delle petroliere. E come intendono vigilare affichè gli investitori, privati e pubblici, coinvolti nella costruzione degli oleodotti si attengano agli standard richiesti. Non solo: anche in quale modo i governi centrali e locali intenderanno informare l'opinione pubblica su tutti gli aspetti dei progetti energetici in oggetto e quindi assicurare un alto grado di trasparenza.

Il lavoro di aumento dell'attenzione sul tema, che la SEE Network Pipeline intende fare, non si ferma alla regione dei Balcani. "l'Europa - sottolinea Pirsic - ha un dovere morale verso la regione balcanica. Perché si tratta di energia che, attraverso i nostri territori, dal bacino del Caspio si riversa sul mercato europeo. Intendiamo rivolgerci dunque anche a Bruxelles, affinché la nostra iniziativa riceva sostegno e perché il nostro scopo è far sì che il trasporto di energia diventi strumento di innalzamento, e non di distruzione, degli standard di democrazia nella regione".


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