Victory Street, Bucarest, Romania - © Cristi Croitoru / Shutterstock

Victory Street, Bucarest, Romania - © Cristi Croitoru / Shutterstock

Il candidato dell’estrema destra sovranista George Simion ha vinto il primo turno delle elezioni presidenziali, conquistando in modo netto i favori dei romeni della numerosa diaspora. Cinque giovani italo-romeni ci raccontano quale futuro immaginano per la Romania

15/05/2025 -  Sielke Kelner

Come molti miei connazionali, ho trascorso buona parte degli ultimi cinque mesi cercando di comprendere le ragioni della folgorante ascesa dell’agenda sovranista in Romania. Del resto, la parola chiave di queste elezioni presidenziali è stata cambiamento — anche nella diaspora.

A dominare la scena sono stati i candidati anti-sistema. George Simion, leader dell’estrema destra, ha conquistato il 40% delle preferenze, affermandosi nettamente sugli altri sfidanti. Al ballottaggio, previsto per il prossimo fine settimana, affronterà Nicușor Dan, candidato indipendente, che ha ottenuto il 20,99% dei voti.

Ancora più netta è stata la spaccatura nella diaspora: Simion ha raccolto il 59,92% delle preferenze tra i romeni all’estero (oltre 500mila voti su quasi un milione di votanti), seguito da Dan con il 26,08%. La comunità migrante ha indicato con ancora maggiore decisione, rispetto agli elettori in patria, il proprio rifiuto del sistema politico tradizionale. La coalizione di governo PNL-PSD-UDMR ha registrato appena il 7,06% nella diaspora: una sconfitta pesantissima.

Da italo-romena, mi interessa soprattutto comprendere le inclinazioni politiche delle nuove generazioni emigrate. Per questo ho dialogato con cinque giovani italo-romeni, di età compresa tra i 20 e i 34 anni, nati in Italia o arrivati prima dell’adolescenza, per provare a capire quale Romania sognano. 

Il peso della diaspora

Circa 5,7 milioni di cittadini romeni vivono al di fuori dei confini nazionali . Le dimensioni di questa comunità conferiscono agli emigrati romeni un peso elettorale significativo, capace di influenzare gli esiti delle consultazioni politiche nel paese. 

Dati riferiti al 2021, fonte: Dipartimento per i Romeni all'Estero

Tra il 2 e il 4 maggio 2025, 973.129 di questi cittadini romeni della diaspora si sono recati alle urne. In Italia, paese di destinazione privilegiato dalla diaspora, hanno votato 174.747 persone. Qui, George Simion ha ottenuto una vittoria schiacciante, raccogliendo il 73% dei voti, con risultati analoghi anche tra gli emigrati in Germania e Spagna. Sempre in Italia, Nicușor Dan si è fermato al 14,93%. 

Secondo gli osservatori nazionali, questa mobilitazione è in parte spiegabile con il senso di frustrazione e tradimento provocato dall’annullamento della precedente tornata elettorale, percepito da molti come una lesione del diritto di voto.

Tuttavia, l’ascesa dell’agenda sovranista è anche il risultato di dinamiche più profonde. Già nel 2023, un sondaggio condotto dal Dipartimento per i Romeni all'Estero aveva rilevato un diffuso malcontento tra i membri della diaspora: alla domanda "Nell'ultimo anno, come pensa che stiano andando le cose in Romania?", il 59% dei 6.699 intervistati residenti all’estero aveva risposto che il Paese stava andando nella direzione sbagliata.

Ma perché i romeni della diaspora hanno votato in massa l’agenda sovranista con ancora più convinzione di quelli in Romania? Secondo Adrian Mihălțianu, giornalista ed editore della testata indipendente PressOne che vive a Verona, il trionfo di Simion tra gli emigranti romeni è da ricondurre a tre fattori: l’attenzione accordata dalla comunicazione politica di AUR alla diaspora; per converso, la mancata attenzione da parte dei politici europeisti nei confronti dei romeni all’estero; ed una stentata integrazione nei paesi ospitanti. 

Mihălțianu spiega come non solo i sovranisti sono stati impegnati in una campagna elettorale che già dura da cinque anni, costantemente rivolgendosi agli emigranti: “i cosiddetti politici sovranisti si sono organizzati molto bene nella diaspora, hanno parlato la lingua dei connazionali all’estero e, anche se non si sono necessariamente degnati di visitarli, si sono rivolti costantemente a loro e hanno trasmesso un messaggio molto semplice: Signori, costruiremo una Romania in cui possiate tornare. Questo ha toccato profondamente il cuore di molti.”

Del resto, continua Mihălțianu, non si può non prendere in considerazione la frustrazione professionale di tanti immigrati romeni in Italia, i quali “finiscono per accudire anziani, lavorare per terra, fare lavori che i locali non vogliono più fare, quindi la loro soddisfazione è minima. La loro interazione con la cultura e i valori locali è minima, e per questo molti hanno un desiderio enorme di tornare nel loro Paese, dove i loro valori sono, per così dire, tradizionali romeni, rurali. Dalla musica popolare al costume tradizionale, al nazionalismo nello stile che hanno conosciuto i loro nonni e bisnonni”.

Un profilo sociale, quello tratteggiato da Mihălțianu che è confermato dai dati: la maggior parte dei romeni che vivono fuori dalla Romania ha trovato impiego nel settore delle costruzioni (19%), seguiti da quelli che lavorano per l’industria alberghiera (9%). Non sorprende quindi che quattro romeni su dieci progettino di tornare “a casa”.

Tornare “a casa”. Quale Romania sognano le seconde generazioni 

Lorenzo, italo-romeno di 20 anni, ha votato per Nicușor Dan perché si dichiara indignato dalla coalizione PSD-PNL, che definisce espressione di un “trasformismo becero”. La sua scelta è ricaduta su Dan in quanto più vicino ai suoi valori europeisti e atlantisti: partenariati che, a suo avviso, hanno permesso all’economia romena di prosperare negli ultimi vent’anni. Pur riconoscendo alcune criticità nell’agenda di Dan — “anche lui ha le sue ombre”, ammette — Lorenzo afferma di avere fiducia nella sua personalità. 

Quando gli chiedo perché, secondo lui, esista uno scarto generazionale tra gli elettori della diaspora, la sua risposta sembra echeggiare quella di Adrian Mihălțeanu: alla base vi sono esperienze di vita e percorsi culturali differenti.

Molti immigrati romeni in Italia, osserva Lorenzo, non hanno avuto accesso a un’istruzione elevata e sono stati costretti a emigrare a causa di condizioni economiche drammatiche che impedivano loro una vita dignitosa. Tuttavia, l’esperienza migratoria si è spesso tradotta in una condizione di frustrazione. 

Lorenzo è nato in Italia, ma quando gli chiedo se si trasferirebbe in Romania, mi risponde con convinzione: “Il mio più grande sogno è tornare in Romania e contribuire a risollevarne le sorti.” Gli faccio notare che, per lui, non si tratterebbe di un ritorno ma di un andare per la prima volta. Ma è un errore mio: la sua scelta verbale racconta di un senso di appartenenza che trascende i confini della biografia.

Anche Bogdan, 34 anni, ha votato Dan al primo turno del 2025. Ha espresso la sua preferenza per l’ex sindaco di Bucarest “perché mi sembra una persona per le persone, per i cittadini. Mi ispira fiducia e credo nei valori democratici che esprime”. Inoltre, è convinto che abbia le qualità necessarie che permetteranno alla Romania una maggiore visibilità sul piano europeo ed internazionale. 

Quando gli chiedo come si spiega la popolarità di Simion tra i suoi connazionali che vivono in Italia, Bogdan mi risponde che Simion si è proposto come un politico à la capo ultras, come un capo popolo, una reazione identitaria che secondo lui ha riscosso molto successo tra i romeni in Italia ed altrove.  

Anche Daniela, 26 anni, ha votato Dan, nonostante nutra alcune riserva circa le posizioni unioniste di Dan nei confronti della Moldavia, e nonostante una certa vaghezza programmatica quando si parla di diritti civili. 

Quello che invece l’ha convinta di più, sono le sue competenze tecnocratiche come anche la sua estraneità al sistema partitico tradizionale romeno. Cosa ne pensa del trionfo di Simion in Italia? “Un paradosso per chi vota dall’estero a favore di un antieuropeista, ci si dimentica che è stato proprio l'accesso all’UE a rendere possibile la libertà di movimento”.

Iustina, 28 anni, ha votato per Dan perché, con una famiglia proveniente dalla capitale romena, ha potuto sperimentare direttamente la trasformazione di Bucarest sotto la sua amministrazione, candidato di cui apprezza l’etica e la concretezza. 

Quando le chiedo la sua opinione rispetto alla popolarità del candidato AUR fuori dalla Romania, Iustina ammette di essere perplessa. Sui voti della diaspora in Italia, mi dice, ha avuto un peso la cultura politica italiana degli ultimi anni, segnati dall’ascesa di Fratelli d’Italia al governo. Ma riflette anche sul clima di impunità che ha caratterizzato alcuni scandali politici recenti della storia romena, come il tragico incendio che in una discoteca del centro di Bucarest causò la morte di 32 giovani nel 2015.

Gabriel, 27 anni, invece è l’unico tra i miei giovani interlocutori a sostenere Simion. Ascolto le sue motivazioni con molto interesse quando mi spiega che Simion “è una persona giovane, decisa con un’impostazione mentale e caratteriale decisa, dura. È l’unico che secondo me ha espresso quei principi che potrebbero far rialzare la testa alla Romania. Uno dei pochi che potrebbe andare in un parlamento europeo e far sentire la sua voce.” 

A convincere ulteriormente Gabriel è stato il sostegno accordato a Simion dalla Premier Giorgia Meloni e dal suo vice, Matteo Salvini, dimostrazione del rispetto istituzionale di cui gode in Italia. 

Gli chiedo di elaborare, di spiegarmi quali sono i principi che lo hanno convinto che l’agenda di AUR sia quella più appropriata rispetto ai bisogni della Romania. Tra le priorità dell’agenda di Simion che Gabriel condivide ci sono: l’attenzione ai giovani, l’intenzione di rinazionalizzazione di alcuni settori dell’economia romena e la promessa di permettere alla diaspora di tornare in Romania. 

Gabriel continua, articolando meglio il suo sostegno a Simion: “Molti lo ritengono golan [in romeno teppista, delinquente, termine che nel contesto politico ha una significativa accezione storica, facendo riferimento ai manifestanti anticomunisti che manifestarono durante la rivoluzione del 1989 e che furono etichettati dal regime appunto come golani] ma non per forza è un termine negativo. Se utilizzi quella faccia tosta per raggiungere degli obiettivi che possono far comodo e rialzare la testa della Romania [non c’è nulla di male] e lui ha cercato di dimostrare che il suo interesse primario è quello romeno”.

Che Romania sognano questi giovani di seconda generazione? 

Chiedo ad ognuno dei miei intervistati quale augurio rivolgono alla Romania del prossimo futuro, che cambiamenti vorrebbero vedere in Romania.

Lorenzo spera che la politica romena presti più attenzione ai giovani, alla loro istruzione e che questo inneschi un cambiamento culturale nel paese. Bogdan si augura che i cittadini vengano rimessi al centro dell’agenda politica, affinché si sentano rappresentati e possano partecipare attivamente alla cosa pubblica, ma anche affinché del benessere del paese possano goderne tutti. Aggiunge che auspica che nel futuro prossimo la società romena diventi più inclusiva e accogliente per tutti. 

Quasi ad integrare le riflessioni di Lorenzo e Bogdan, Daniela mi racconta di sognare un paese che tuteli diritti sociali e civili, che rispetti i migranti, la comunità queer e le minoranze etniche; una Romania animata da una politica fatta da persone giovani e competenti, possibilmente con provenienze dal mondo della società civile, svincolate dall’eredità partitica degli ultimi decenni, insomma una politica guidata da “una logica dei diritti non dei partiti”, mi spiega. 

L’augurio di Iustina complementa quelli dei suoi coetanei: spera che il cambiamento parta dalla cultura, dall’impegno civico e politico, dall’istruzione nelle scuole.

E non dovrei rimanere sorpresa che l’augurio di Gabriel, che ha votato Simion, sia compatibile con quello degli altri. Alla mia domanda, mi risponde evocando il ricordo dell’ultima volta che ha visitato il suo paese natale, quando andando a trovare il nonno in ospedale si è scontrato con i meccanismi di paese corrotto, una corruzione che permea anche le strutture sanitarie pubbliche. Il suo augurio per la Romania è che sia in grado di valorizzare la propria storia, le proprie risorse e non si svenda per due denari.

Visioni compatibili 

Che il posizionamento politico della diaspora romena potesse influenzare l’esito delle presidenziali del paese ce lo avevano dimostrato già le elezioni del 2014.

Quell’anno il ballottaggio ribaltò il risultato del primo turno favorevole all’allora premier e presidente del Partito Socialdemocratico Victor Ponta. La vittoria di Klaus Iohannis vide centinaia di persone scendere nelle città romene ed inneggiare alla diaspora . Le successive tornate elettorali hanno registrato un crescente coinvolgimento della diaspora la quale ha visto 940.000 presenze all’estero alle presidenziali del 2019 e 821.703 a quelle dello scorso novembre. 

L’esito delle elezioni dello scorso novembre, come quelle del primo turno del 2025, non è necessariamente espressione di una radicalizzazione antidemocratica dell’elettorato romeno , a casa come tra la diaspora. Bensì una richiesta di cambiamento radicale rispetto un sistema partitico corrotto che ha tradito le promesse di benessere economico che avrebbero dovuto essere distribuite in maniera equa come naturale conseguenza della transizione democratica e capitalistica e dell’ingresso nell’UE.

Questo benessere invece ha investito soprattutto le grandi e medie città , lasciando indietro le periferie del paese, ed accrescendo il divario tra i cittadini dei grandi centri urbani e quelli dei villaggi e le periferie. In particolare, per la diaspora, il voto di protesta è un voto che esprime anche una frustrazione che coniuga un desiderio di ritorno, all’augurio di poter fare ritorno in un paese in cui una classe politica onesta riesca a guidare il paese verso un benessere caratterizzato da standard di vita in linea con il resto dell’UE per tutti i distretti della Romania. 

Sebbene le promesse che i giovani italo-romeni intervistati chiedono alla classe politica del paese siano espressione di una generazione a cavallo tra due culture politiche, e sebbene queste non necessariamente corrispondano con le aspirazioni dei loro genitori, esse sintetizzano le inclinazioni politiche dello strato sociale romeno più dinamico. Che siano sostenitori di Dan o di Simion, le loro aspettative per il futuro del paese sono complementari, non incompatibili.

Tuttavia, i miei interlocutori affidano le loro speranze a candidati che si rifanno a modelli politici contrapposti: da un lato i social-liberali ed europeisti, dall’altro i nazionalisti e euroscettici. Le due visioni divergono sulla percezione della posizione internazionale della Romania.

I sostenitori di Dan riconoscono i benefici che il partenariato con l’UE ha portato al Paese dal 2007 a oggi. I sostenitori di Simion si sentono traditi dall’Europa e reclamano per la Romania un ruolo di primo piano — anche a costo di affidarsi ad un golan, purché riesca ad affermare l’importanza del Paese.

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Questo articolo è stato prodotto nell'ambito di “MigraVoice: Migrant Voices Matter in the European Media”, progetto editoriale realizzato con il contributo dell'Unione Europea. Le posizioni contenute in questo testo sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni dell'Unione europea.


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