Il primo ministro bulgaro Boyko Borissov ai tempi della presidenza del Consiglio Ue della Bulgaria (Belish/Shutterstock)

Il primo ministro bulgaro Boyko Borissov ai tempi della presidenza del Consiglio Ue della Bulgaria (Belish/Shutterstock)

Una serie di scandali ha scosso la Bulgaria alla vigilia delle prossime elezioni europee, e rischia di condizionare i risultati e mettere in secondo piano il dibattito sui grandi temi del futuro dell'Unione

15/05/2019 -  Francesco Martino Sofia

Appartamenti acquistati a prezzi stranamente agevolati da parte di politici e funzionari pubblici. Fondi europei utilizzati per costruire “guesthouse” e agriturismi, poi utilizzati come case-vacanza o abitazioni private, sempre da parte di amministratori pubblici, spesso dietro la cortina fumogena di ditte compiacenti, prestanomi e parenti vari.

La campagna elettorale per le elezioni europee in Bulgaria è segnata da una serie di scandali - esplosi nelle scorse settimane - che hanno messo di nuovo sotto accusa la classe dirigente di un paese che, secondo Transparency International , conserva stabilmente da anni il poco invidiabile primato di paese Ue con la corruzione percepita più forte.

A pagarne lo scotto al momento è soprattutto GERB (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria), il movimento conservatore del premier Boyko Borisov, che nonostante le dimissioni di alcune figure chiave, oggi arranca nei sondaggi, e secondo le ultime rilevazioni, potrebbe finire superato dall'opposizione socialista.

Case, immobili e fondi europei

Il primo scandalo - presto ribattezzato “Apartamentgate” dai media locali - è scoppiato lo scorso marzo, quando un'inchiesta giornalistica ha portato alla luce acquisti immobiliari a Sofia dai prezzi sospetti, con alcune delle figure chiave di GERB tra i protagonisti: personaggi politici del calibro di Tsvetan Tsvetanov, eterno scudiero di Borisov e numero due del partito, o della ministra della Giustizia Tsetska Tsacheva, già candidata di GERB nelle ultime elezioni presidenziali.

In un contesto tutt'altro che chiaro, i fortunati acquirenti avevano potuto usufruire di drastici sconti sull'acquisto di appartamenti di lusso in alcuni dei quartieri “in” della capitale. I prezzi di favore erano gentilmente garantiti dalla compagnia “Arteks”, che caso o meno, ha goduto di una modifica di legge che ha esteso i permessi (ormai scaduti) relativi alla costruzione di un controverso grattacielo nel quartiere di Lozenets. Tutti i politici coinvolti hanno negato qualsiasi illecito, ma le teste sono rotolate: Tsvetanov ha dovuto rinunciare alla carica di deputato e capogruppo di GERB in parlamento, la Tsacheva al ministero (in compagnia di altri due vice-ministri).

E ancor prima che l'“Apartamentgate” si placasse, un nuovo scandalo ha scosso i piani alti del potere: un numero indefinito di “guesthouse” e agriturismi, costruiti o rinnovati utilizzando generosi contributi europei per lo sviluppo delle aree rurali, si sono rivelati lussuose case private, utilizzate da politici e funzionari, e spesso intestate a parenti e amici.

Il primo caso a fare scalpore ha coinvolto il vice-ministro dell'Economia Aleksander Manolev (dimessosi anche lui il 17 aprile scorso), che avrebbe utilizzato come casa per le vacanze una guesthouse costruita su un terreno di sua proprietà nella regione termale di Sandanski, in Bulgaria sud-orientale. L'opera, finanziata dai fondi per lo sviluppo regionale dell'Ue, ha ricevuto un sostanzioso contributo di 380mila leva (195mila euro): denaro che (forse) ora dovrà essere restituito.

Esposte dai media, le istituzioni preposte si affannano ora ad effettuare verifiche su tutte le circa 700 guesthouse realizzate negli ultimi anni coi contributi europei. Le prime sentenze intanto sono di stampo prettamente politico: martedì 14 maggio anche il ministro dell'Agricoltura Rumen Porozhanov, che nel suo precedente ruolo di direttore del “Fondo Agricoltura” era responsabile dei controlli sul versamento dei contributi europei, ha presentato ufficialmente le sue dimissioni.

Testa a testa

Come già fatto in passato in occasione di scandali e difficoltà, il premier Borisov ha rispolverato la carta della severità (in passato Borisov è stato a capo della polizia) e della disciplina di partito, promettendo “le punizioni più pesanti a tutti [i membri di GERB] che non hanno pensato alle conseguenze delle proprie azioni e che si sono abbandonati all'idea che tutto fosse loro permesso”. “Presentare le proprie dimissioni è solo metà dell'opera”, ha tuonato corrucciato il premier.

Secondo gli ultimi sondaggi, la strategia di contenimento del danno sta funzionando solo in parte. Dopo lunghi anni di egemonia politica, GERB subisce un'emorragia di consensi legata in modo esplicito agli scandali in corso, ed è stata raggiunta e forse superata dal Partito socialista bulgaro (BSP), in un testa a testa che verrà deciso negli ultimi giorni di campagna elettorale.

Anche i socialisti, però, sembrano più impegnati nelle lotte interne di partito che concentrati ad approfittare delle evidenti difficoltà di GERB. Le divisioni sono culminate durante la definizione delle liste elettorali, sfociata in una lotta senza esclusione di colpi, che per poco non ha portato alla clamorosa esclusione di Sergei Stanishev, attuale leader del Partito socialista europeo.

Oltre ai due principali partiti, dati appaiati intorno al 32% delle preferenze, anche il Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS), tradizionale riferimento politico della minoranza turca, accreditato del 9-10% dovrebbe riuscire con certezza ad inviare eurodeputati a Bruxelles. Reali chance di raccogliere voti a sufficienza per almeno un europarlamentare le hanno anche i nazionalisti della VMRO e l'alleanza “Bulgaria democratica”, che raccoglie le varie anime della destra liberale e ambientalista.

La serie di scandali ha riacutizzato la tradizionale sfiducia degli elettori nei confronti della politica bulgara, e il numero di cittadini che si dichiarano pronti a votare è in calo costante (32,9% a fine aprile). Con un'affluenza che si preannuncia addirittura più bassa di quella del 2014 (35,84%), il risultato del voto dipenderà sostanzialmente dalla capacità dei principali partiti di mobilitare il “nucleo forte” del proprio elettorato, mentre lo spazio per il cambiamento risulta inevitabilmente ridotto.

Dibattito sul futuro dell'Ue: non pervenuto

Schiacciate dagli scandali, interpretate come un referendum sull'attuale esecutivo, snobbate da una fetta sostanziale dell'elettorato, le prossime elezioni europee rischiano di essere per la Bulgaria un'occasione mancata per discutere sul futuro dell'Unione europea in quella che è probabilmente la sua fase storica più delicata.

I temi centrali di come riformare e rendere più efficiente l'Ue restano, almeno per il momento sullo sfondo, inesplorati da un serio dinamico dibattito politico. Un vero e proprio paradosso, considerato che per la Bulgaria l'Unione ha rappresentato in questi decenni – e continua a rappresentare - il pilastro della stabilità politica e il principale motore dello sviluppo economico.


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