La lettera R di uno speciale abecedario, dedicato ai 25 anni dall'indipendenza della Moldavia. Un'intervista a Vitalie Sprinceana, sociologo e giornalista per Platzforma.md

22/12/2016 -  Francesco Brusa

La divisione fra Russia e Romania, in quanto distinte sfere di appartenenza identitaria, è una frattura che riemerge in molti ambiti della società moldava, spesso anche solo come quadro interpretativo. Quali sono le conseguenze di tale divisione? È possibile distinguere in essa “fatti storici” da altri elementi, che invece magari rappresentano esagerazioni o “miti” tesi a perseguire determinate politiche (per es. quelle unioniste)?

La polarizzazione frequente in molte dinamiche della società e politica moldave fra Russia, da un lato, e Romania (spesso intesa come passaggio per entrare nell'Unione Europea) dall'altro, è in qualche modo una falsa polarizzazione. Russia e Romania sono infatti due facce della stessa medaglia, ovvero l'insistere nella ricerca di legittimità e soluzioni al di fuori del territorio nazionale per quelle che sono in definitiva delle problematiche interne. Si tratta di una sorta di “escapismo”, di fuga dalla realtà.

È innegabile che la Moldavia abbia fatto parte di entrambe queste esperienze storiche e, pur generalizzando molto, in tutt'e due i casi si è trattato di un contatto violento e ambivalente dal punto di vista della popolazione moldava. Senza ombra di dubbio il regime sovietico ha esercitato un ruolo oppressivo ma allo stesso tempo non si possono negare le conquiste raggiunte nell'area in quel periodo, come l'industrializzazione e l'alfabetizzazione di massa. Così la Romania ha introdotto per prima una riforma agraria nella zona ma d'altra parte trattava la Moldavia come una colonia arretrata, senza una chiara linea di sviluppo locale. È possibile allora mantenere un approccio che combini tutte queste contraddizioni? La realtà è che troppo spesso si tratta di discorsi faziosi e sbilanciati: si prendono solo i lati positivi o negativi di una delle due parti per avvallare la propria posizione.

Credo invece che la storia non sia in alcun modo un giudice per dirimere la questione. Non esiste alcuna motivazione razionale che può far decidere la Moldavia per un polo o per l'altro. Insisto, sia le spinte pro-Russia che quelle pro-Romania cui assistiamo oggi sono sintomi della stessa “malattia”, ovvero la mancanza di coraggio e di un'idea di futuro per questo paese.

È vero che discorsi simili possono anche sortire un effetto benefico per la società moldava, poiché cercano di connettere la comunità a un insieme più grande, allargandone gli orizzonti. Ma, d'altra parte, diventano discorsi “tossici” nel momento in cui minano qualsiasi tentativo di costruire qualcosa nel qui ed ora, nel territorio che per un motivo o per l'altro oggi costituisce la nostra nazione. Inoltre, si tratta di tensioni che prendono come riferimento dei termini sostanzialmente immaginari: né la Russia né la Romania hanno la concreta volontà politica o le capacità economiche per prendersi sulle spalle la situazione moldava.

In questo, c'è stato una sorta di “tradimento” da parte della classe intellettuale nei confronti della popolazione. Ci si è concentrati su problematiche di carattere culturale e storico, cercando di fornire una nuova identità alla nazione dopo l'indipendenza e si è finito con l'ignorare completamente i bisogni più urgenti e materiali. Il fatto è che la Moldavia è già perfettamente integrata in un sistema geopolitico ed economico più ampio, ed è integrata come periferia. Nulla, né un'eventuale connessione con l'Unione Europea né una maggiore vicinanza con la Russia, può al momento cambiare questo suo “status”. Credo che la strategia da utilizzare sia pertanto cercare di trarre il massimo beneficio possibile da tale posizione intermedia, essere una cerniera fra due mondi. Ma, a livello internazionale, la Moldavia è uno stato debole e deve esserne sempre consapevole. Inutile combattere russi o rumeni immaginari: occorre costruire una nuova società con più equilibrio fra pubblico e privato di quella attuale.


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