Giulia Levi 18 dicembre 2015
I fiori di Srebrenica, copertina - Fondazione Langer.jpg

La Fondazione Alexander Langer Stiftung, in collaborazione con la rivista “Una Città”, ha pubblicato un quaderno tematico  dedicato a 10 anni di relazioni intessute fra la Fondazione e la Bosnia Erzegovina. Un rapporto iniziato nel 2005 con la consegna del premio Langer a Irfanka Pašagić di Tuzlanska Amica e proseguito negli anni successivi con la nascita del progetto “Adopt Srebrenica”

Nel mese di novembre è uscito il quaderno tematico “I fiori di Srebrenica” , realizzato dalla Fondazione Alexander Langer Stiftung di Bolzano in collaborazione con la rivista “Una Città”. Con questo quaderno la Fondazione ha voluto tornare su alcune tappe fondamentali del percorso di cooperazione e di relazione con questo territorio della Bosnia Erzegovina, attraverso le riflessioni sorte dagli incontri coltivati inegli anni.

Tra i vari contributi inseriti nel quaderno, vi è quello di Yael Danieli, psicologa che dirige il “Group Project for Holocaust Survivors and their children” e che ha lavorato con Irfanka Pašagić nell'ambito della rete “Promoting a Dialogue: Democracy Cannot Be Built with the Hands of Broken Souls”. Nel suo intervento parla della rottura operata dal trauma nel sistema identitario di un individuo e della “cospirazione del silenzio”. Un silenzio che ha accompagnato anche i crimini della guerra in Bosnia Erzegovina. In tali circostanze l'ascolto diventa condizione primaria per provare a ridare dignità alle persone, a riconoscere il dolore dell'altro.

Nella pubblicazione si parla di come misurarsi con la memoria di eventi traumatici del passato, attraverso le parole di Primo Levi, usate durante la Settimana Internazionale della Memoria tenutasi a Srebrenica nel 2014. Parole che provengono da un'esperienza diversa e lontana nel tempo, ma che offrono chiavi di lettura universali.

 

Tra i contenuti anche il testo a firma di Giorgio Mezzalira, che pone la questione del difficile rapporto tra memoria comune e pluralità delle memorie, problema che accomuna la Bosnia Erzegovina al Sudtirolo dei tempi di Langer e dei nostri: “fare memoria significa pensare al passato per prendersi cura del presente”. Ma quale passato? La ricerca sui fatti e i numeri di una guerra sono il primo passo per sfuggire alle manipolazioni.

A seguire Nemanja e Žarko Zekić (Adopt Srebrenica), in collaborazione con lo “Humanitarian Law Center” di Belgrado ricostruiscono la cronologia del Genocidio avvenuto a Srebrenica nel luglio del 1993.

Perché vivere oggi a Srebrenica? Muhamed Avdić e Velibor Rankić raccontano la sfida del ritorno nei luoghi dell'infanzia e il giornalista Marinko Sekulić presenta la cronaca dei primi ritorni dei profughi dal 1998 in poi, nella raccolta di storie nel volume di recente pubblicazione “Come riferisce l'inviato da Srebrenica”. Le pagine sul Centro di Documentazione Adopt Srebrenica presentano un importante lavoro di ricerca sulla vita in città prima della guerra, testimonianze di un passato di convivenza.

Srebrenica anche come luogo di vita, dunque, dove è difficile ma possibile affrontare i nodi del passato. Il Premio Langer 2015 ad Adopt Srebrenica ribadisce questa speranza. Così come il fatto che quest'anno Euromediterranea 2015 si è tenuta in Bosnia Erzegovina per ricordare il forte rapporto fra Alexander Langer e l'area balcanica. Fabio Levi ripercorre i 10 giorni della manifestazione, dalla conferenza internazionale di Tuzla “Può esistere un'Europa che non sia multiculturale?” all'11 luglio, giorno della commemorazione del genocidio.

Nel testo inedito “La lezione bosniaca” del novembre 1992, Alexander Langer coglie con lungimiranza la sfida lanciata dal conflitto bosniaco: “Oggi chi lavora sulla pace...deve approfondire molto la questione dell'esclusivismo etnico. Questo riguarda anche le nostre società. Rischia di prevalere l'idea che...ogni convivenza non può che portare conflitti, pertanto è meglio evitarla”. Come scrive Irfanka Pašagić, “Srebrenica deve diventare la città della memoria. Ma anche la città della speranza. La città nella quale impareremo delle lezioni. E speriamo che questa volta vengano imparate veramente. Perché non si ripeta, come si sta ripetendo oggi in Siria, in Ucraina...”.

Per ulteriori informazioni:

Fondazione Alexander Langer Stiftung

e-mail: giulia@alexanderlanger.net

web: www.alexanderlanger.org/it