9 settembre 2014

Si tiene oggi a Roma una giornata di dibattito sull'agenda dell'Ue relativa ai nuovi Obiettivi dello sviluppo sostenibile. Associazioni e ong sottoporranno al ministero degli Esteri italiano indicazioni e posizioni, chiedendo al governo di assumere un ruolo attivo nel percorso di definizione dei nuovi SDG 2015-2030 e in vista dei prossimi passaggi che l’Italia dovrà guidare nel semestre di presidenza europea

Fonte: Info-Cooperazione

Nella prima riunione dei ministri europei dello sviluppo del semestre italiano che si è tenuta a luglio scorso a Firenze il vice ministro degli Esteri, Lapo Pistelli, ha ottenuto mandato dai paesi membri di lavorare a una posizione comune dell’Unione europea sul quadro post-2015. Ma qual è la posizione italiana sugli SDGs (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile) e il post 2015? Vogliamo che gli SDGs siano strettamente legati ai diritti umani (Human-Right based)? Il nostro governo manterrà la sua posizione contraria alla costituzione di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla violazione dei diritti umani da parte di società transnazionali e altre imprese commerciali? Sono queste alcune delle domande che la società civile italiana sottopone al nostro esecutivo in vista dei prossimi passaggi che l’Italia dovrà guidare nel suo ruolo di presidenza dell’Unione Europea.

Oggi a Roma si svolge infatti una Giornata di Consultazione Nazionale post 2015 promossa da Concord Italia e GCAP - Coalizione italiana contro la povertà, organizzata nell'ambito del semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea e del programma "More and Better Europe", con il patrocinio della Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo del ministero Affari Esteri. In questa giornata verrà presentato un documento di posizionamento delle ONG e associazioni che chiede al nostro governo di assumere un ruolo attivo nel complesso percorso di definizione dei nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) per il periodo 2015-2030, che l’ONU approverà nel settembre 2015.

All’Unione Europea, e quindi all’Italia, si chiede una contribuzione originale e visionaria che non si limiti ad accettare passivamente il documento uscito dal Open Working Group delle Nazioni Unite. Serve un passo più coraggioso fuori dalla retorica del “trasformative change” che garantisca priorità all’ingiustizia sociale, ai gruppi vulnerabili e adeguata attenzione alle dimensioni sociali e ambientali della sostenibilità.

L’attenzione è sicuramente più alta quando si parla di sostenibilità economica. Su questi temi, che hanno a che fare anche con la riorganizzazione del sistema dell’aiuto, sono tutti più partecipi e il coro all’unisono è quello del coinvolgimento del settore privato profit. Anche l’attivazione del nostro ministero degli Esteri (e della Cooperazione) si è decisamente concentrata finora su questo aspetto.

C’è poi la questione legata al nesso migrazione-sviluppo che il governo Renzi hanno promesso di tenere al centro del dibattito europeo. Che tipo di impegno metterà l’Italia insieme all’Unione europea per affermare e ampliare la presenza della questione migrazione/sviluppo nel quadro post-2015? Inserirla negli SDGs sarebbe un’occasione per definire e attuare una vera politica comune dell’UE in materia di mobilità-migrazione e protezione internazionale volta a facilitare la circolazione e l’inclusione delle persone in cerca di una vita migliore e in grado di partecipare e contribuire allo sviluppo umano nei paesi di destinazione e di origine.

Infine c’è la partita Expo 2015 e relativa tematica, la sicurezza alimentare e il diritto al cibo. L’Italia, anche attraverso Expo, riuscirà a porre la questione con forza al di fuori dello schema riduttivo del “cibo sufficiente per tutti” ad oggi inserito nel rapporto finale del OWG? La società civile sostiene che il diritto al cibo sia ostacolato da disuguaglianze economiche, sociali e politiche che possono essere superate solo attraverso l’imposizione di norme adeguate e il richiamo alla trasparenza e alla responsabilità degli attori economici più rilevanti, come ad esempio le imprese multinazionali.

Su questa domanda una mezza risposta l’aveva già data lo stesso Pistelli nel suo intervento a luglio scorso in occasione del seminario tematico organizzato da Concord e Expo dei Popoli. “Non aspettative granché, si tratta di temi sensibili che dividono anziché unire”, meglio puntare a risultati più bassi ma concreti aveva dichiarato il vice ministro. Esattamente quell’approccio che GCAP chiama “slighly-better-than-usual”, approccio che sembra dominante al tavolo dei policy makers.