In un Azerbaijan prossimo alla presidenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, continua il pugno di ferro contro gli attivisti per i diritti umani. Martedì 6 maggio sono arrivate le condanne per 8 giovani attivisti del movimento NIDA (letteralmente “Punto esclamativo”)

08/05/2014 -  Arzu Geybullayeva

“Non vi sono prigionieri politici, solo persone condotte davanti alla giustizia per i crimini che hanno commesso”, ha dichiarato il vice-presidente del parlamento dell'Azerbaijan Ziyafat Asgarov lo scorso 18 aprile.

Un’affermazione giunta nel corso di una seduta parlamentare il giorno successivo alla richiesta, da parte di un pubblico ministero della Corte penale di Baku, di una dura condanna per otto giovani membri del movimento NIDA (letteralmente “Punto esclamativo”).

Gli attivisti per i diritti umani, locali e internazionali, hanno contestato le accuse a carico degli otto giovani, a loro avviso reclusi nel tentativo da parte del governo di imbrigliare la libertà di espressione nel paese.

Martedì 6 maggio sono poi arrivate le sentenze: 6 anni a Shahin Novruzlu; 7 anni e 6 mesi a Mahammad Azizov e Rashad Hasanovs; 7 anni a Bakhtiyar Guliyev e Uzeyir Mammadli; 8 anni a Rashadat Akhundov, Zaur Gurbanli e Ilkin Rustamzad.

La repressione post-elezioni

Ma torniamo un po' indietro. Nel 2013 una serie di eventi ha causato proteste in tutto l'Azerbaijan facendo nascere speranze di cambiamento in questo paese autocratico di non più 9 milioni di abitanti. Si sono inoltre poste forti aspettative rispetto ai possibili risultati delle elezioni presidenziali dell'ottobre 2013. Ciononostante da allora poco è cambiato.

Dopo le elezioni è invece arrivata la repressione, che se ne va e torna ad ondate. Non appena gli osservatori internazionali hanno lasciato il paese è iniziata la caccia. Sono stati incarcerati personaggi di primo piano come Anar Mammadli, presidente del Centro Studi per il Monitoraggio elettorale e la Democrazia (EMDS), arrestato con le accuse di evasione fiscale e abuso d’ufficio. Paradossalmente è stato proprio lui e la sua organizzazione che per anni hanno denunciato brogli e violazioni elettorali ad essere accusato di “abuso di ufficio” e non viceversa.

Un’altra preoccupante dichiarazione è giunta da Ali Hasanov, politico di lungo corso e di provata fedeltà al regime almeno quanto lo stesso Asgarov. Hasanov ha affermato che “l’influenza occidentale” e le “cosiddette donazioni in beneficenza” corrompono le menti degli azeri.

NIDA!

Coloro che masticano qualcosa del caso Azerbaijan e dei suoi sconcertanti risultati in fatto di rispetto di diritti umani sanno che nelle carceri di questo paese è rinchiuso un considerevole numero di prigionieri politici, tra cui diversi giornalisti e attivisti. A questi si aggiunge ora il caso NIDA che riguarda otto giovani attivisti incarcerati e accusati di detenzione di stupefacenti, possesso di armi da fuoco e attività sovversiva.

La caccia alle streghe è cominciata all’inizio del 2013, quando la leadership del paese si è trovata a dover fronteggiare una serie di manifestazioni come non se ne vedevano da diversi anni, almeno dalle proteste seguite alle elezioni parlamentari del 2005. I cittadini erano irritati dalla condotta degli amministratori locali, i negozianti stanchi dei continui aumenti degli affitti da parte di avidi proprietari, le famiglie esasperate dalle bugie sulle morti dei militari in servizio di leva.

È stato in questo periodo che il movimento NIDA ha guadagnato prestigio. Fondata nel 2011 da alcuni giovani, come riporta il sito del movimento, NIDA lotta per portare democrazia e rinnovamento sociale in Azerbaijan, a difesa della costituzione e dei diritti umani.

L’organizzazione è presto divenuta una delle principali forze a sostegno delle proteste e non stupisce quindi l’intervento delle autorità, volto ad eliminare ciò che era percepito come una minaccia.

Nel marzo 2013 sono cominciati gli arresti. Il giorno 8 Bakhtiyar Guliyev, Shahin Novuzlu e Mahammad Azizov sono stati incarcerati con l’accusa di detenzione illegale di armi e droga. In un comunicato divulgato poco dopo l’arresto, il ministro per la Sicurezza Nazionale ha annunciato il ritrovamento di cocktail molotov durante la perquisizione dell'appartamento in cui vivevano, oltre a poster che recavano la scritta “C'è bisogno di democrazia”. Il giorno seguente i tre sono comparsi in TV dove hanno ammesso le proprie colpe.

Non è trascorsa nemmeno una settimana e un altro membro NIDA, Rashad Hasanov, è stato arrestato. L’accusa, nuovamente, possesso illegale di armi. Il 30 poi la polizia ha arrestato Rashadat Akhundov e Uzeyir Mammadli, membri del direttivo del movimento, accusandoli di detenzione di armi e esplosivi. Il primo aprile è stata la volta di Zaur Gurbanli, con le medesime accuse.

Il 17 maggio un altro giovane attivista, Ilkin Rustamzade (membro del movimento “Gioventù Attiva”) è posto in custodia cautelare, in attesa del processo, per aver girato e condiviso su YouTube un video “Harlem Shake ”.

Il processo agli 8 attivisti, che nel frattempo hanno trascorso oltre un anno in carcere, è iniziato soltanto lo scorso aprile, il 17 dello stesso mese il procuratore generale ha formalizzato la richiesta di condanne tra i 6 e gli 8 anni e gli imputati hanno annunciato l'inizio di uno sciopero della fame. Il 6 maggio scorso sono poi arrivate le dure sentenze.

L'Azerbaijan alla guida del Consiglio d’Europa

Secondo Amnesty International sarebbero diciannove i giornalisti, politici, blogger e rappresentanti della società civile imprigionati nelle carceri azere per reati d’opinione .

Nonostante questo tra due settimane l’Azerbaijan assumerà la presidenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.

Baku sta imbavagliando il dissenso interno attraverso intimidazioni, repressione e processi farsa. Un’azione diplomatica forte è quanto mai necessaria e urgente. Tuttavia sino ad ora nessuno ha avuto il coraggio di esporsi e compiere questo passo, data l’importanza strategica del paese caucasico in particolare per le forniture energetiche.


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