Dallo scoppio della crisi economica in Grecia, sono circa 200mila i migranti albanesi che hanno deciso di tornare in patria. Una scelta difficile e spesso traumatica per i più giovani, che spesso "tornano" e devono adattarsi ad un paese che non hanno mai vissuto

15/11/2013 -  Gilda Lyghounis

A Tirana ora tutti lo chiamano “Greg”, il Greco. Quando viveva a Lagonisi, sulle coste meridionali dell’Attica, invece, il suo nome di battesimo era “Christos”. I suoi genitori gliel’hanno detto all’improvviso, un pomeriggio prima che andasse ad allenarsi a basket, che sarebbero dovuti tornare a vivere in Albania.

Ritorno o sradicamento?

E’ successo un anno fa, quando Christos - Greg aveva appena compiuto sedici anni: suo padre, muratore, non trovava più lavoro da sei mesi, con i guadagni in nero di sua madre che faceva le pulizie nelle villette sulla costa la famiglia non riusciva più a tirare avanti. Ma per un adolescente nato e cresciuto a Lagonisi, dove aveva sempre frequentato le scuole greche, dall’asilo al liceo, partire per Tirana è stato come andare su Marte.

Non sapeva neanche leggere e scrivere in albanese: a che classe iscriversi? Alle elementari per imparare di nuovo l’abc in un’altra lingua? Per non parlare degli amici: “Ho avuto la fortuna di non essere mai oggetto di razzismo fra i miei compagni in Grecia. I miei amici sono lì. E lì voglio tornare appena potrò. Qui devo tornare a casa la sera al massimo alle dieci, perché le strade sono piene di insidie, ci sono le risse fra bande, proprio come succede già a scuola a Tirana. A Lagonisi, invece, tiravamo tardi fino all’alba nel fine settimana: senza spendere soldi, ma scherzando sulla spiaggia, o giocando a basket”.

Quella di Greg - Christos è una delle tante testimonianze di ragazzi e ragazze di origine albanese raccolte dal quotidiano Ta nea nei giorni scorsi. Adolescenti che sono dovuti tornare a vivere a Tirana o a Durazzo a causa della crisi economica ellenica.

Duecentomila contro-migranti

Secondo un’indagine dell’ente Usadis, patrocinato dal ministero degli Esteri statunitense e da quello albanese, negli ultimi cinque anni hanno lasciato la Grecia per rientrare in Albania circa 200mila persone. Ma quanti saranno i vari Greg-Christos nati ad Atene o nelle isole dell’Egeo che masticano poco l'albanese a casa e imparano e giocano in greco a scuola? Per loro la parola “tornare” ha poco senso. Ha più senso il termine “sradicarsi”.

Solo nel periodo fra il 2004 e il 2012 secondo l’anagrafe ellenica sono nati su suolo greco 104.225 bambini da genitori immigrati albanesi. Nel 2004, Greg-Christos era già nato. I suoi genitori, infatti, erano arrivati dall’Albania a piedi nel lontano 1994, con il sogno di formare la loro famiglia nell’Unione europea. Il loro bambino è nato in riva al mare: “Adesso per vedere il mare, da Tirana, devo fare quasi due ore di corriera” dice Christos con amarezza.

Identità divise

La piccola Eleni, nove anni, invece, è nata proprio nel 2004: per lei due anni fa è stato più facile inserirsi in una terza elementare di Tirana. Per sua sorella maggiore Anna il ricordo più brutto della sua giovane vita di tredicenne è stato al contrario quando la disoccupazione del padre, che durava ormai da due anni, ha costretto la famiglia a lasciare Kypseli, sobborgo verde alle porte di Atene.

“A scuola in Grecia ero brava: un anno mi hanno conferito l’incarico di portare la bandiera greca alla sfilata della festa nazionale: un onore riservato allo studente o alla studentessa che ha ottenuto i migliori voti! Ora, invece, ho paura di dimenticare a poco a poco la lingua greca: anche se i miei genitori hanno fatto di tutto per trovare qui in Albania una scuola con una sezione dove si impara anche la lingua di Atene (è una scuola dell’Ong Arsakeio ndr, fondata originalmente nel 1836 da famiglie facoltose greche solo per bambine, destinate a diventare maestre e preservare la lingua ellenica, con cinque sedi in Grecia e che ha aperto dal 1999 una sede a Tirana).

"Mio padre fatica a trovare lavoro anche qui, probabilmente dovremo traslocare in un’altra città. E non è detto che lì ci sia il greco come seconda lingua…”

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa


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