Scontri a Kumanovo

Pesanti sentenze di primo grado contro il "gruppo di Kumanovo" responsabile dei gravi scontri con la polizia macedone nel maggio 2015. Un giudizio che però non rimuove le ampie zone d'ombra sulla vicenda

27/11/2017 -  Ilcho Cvetanoski Skopje

Il processo per terrorismo contro il cosiddetto "gruppo di Kumanovo" è arrivato alla sentenza di primo grado due anni dopo l'inizio del processo: il tribunale di Skopje ha dichiarato colpevoli 33 imputati su 37. L'episodio, noto come "caso Kumanovo" o "caso Divo Naselje", risale al 9-10 maggio 2015. Un gruppo armato di etnia albanese, proveniente principalmente dal Kosovo, ha ucciso 8 agenti di polizia e ferito oltre 40. Quattordici membri del gruppo sono stati uccisi, mentre gli altri sono stati arrestati.

Il processo è iniziato a febbraio 2016. Il 2 novembre 2017, il tribunale ha emesso il verdetto di primo grado. Sette imputati su 37 sono stati condannati all'ergastolo, 13 a 40 anni di carcere, 6 a 20 anni e uno a 18 anni. Gli ultimi sei imputati sono stati condannati a 14, 13 e 12 anni di carcere. Quattro imputati sono stati assolti per insufficienza di prove. Poiché questo è il primo grado di giudizio, gli imputati avranno la possibilità di fare appello.

Terroristi o mercenari?

Indipendentemente dalla decisione del tribunale, l'opinione pubblica rimane divisa. Per alcuni, Kumanovo è un chiaro caso di attacco terroristico; per altri, gli autori erano solo marionette nelle mani di élite più potenti. Secondo una visione nazionalista, sostenuta principalmente in Kosovo e da gruppi marginali in Macedonia e Albania, gli imputati sono eroi nazionali che combattevano per la liberazione degli albanesi di Kumanovo.

Il profilo professionale del gruppo di Kumanovo è molto vario. Molti sono veterani della guerra del Kosovo e, come riportato dai media macedoni, lavoravano in compagnie private o istituzioni statali come agenti di polizia, operatori di attrezzature pesanti, giornalisti, fotografi, psicologi e avvocati. Alcuni di loro erano disoccupati. Secondo la stessa fonte, i loro livelli di istruzione vanno dall'istruzione primaria e secondaria a quella universitaria.

Cercando di spiegare l'attacco, alcuni media nazionali sono andati oltre lo stereotipo della "polveriera dei Balcani". Le versioni sono divergenti e durante il processo nessuno degli imputati ha fornito una spiegazione convincente, rafforzando ulteriormente l'incertezza dell'opinione pubblica.

All'ultima udienza di fine settembre, gli avvocati degli imputati, nelle loro dichiarazioni conclusive, hanno definito le prove contro i loro clienti insufficienti e circostanziali, chiedendo l'assoluzione. D'altra parte, le testimonianze degli imputati sono state incoerenti. Alcuni di loro hanno ammesso la partecipazione agli scontri armati, mentre altri hanno affermato di essere andati in Macedonia solo per chiedere un'ulteriore attuazione dell'accordo quadro di Ohrid e tenere una conferenza stampa sull'argomento. Hanno negato di aver attaccato la polizia, sostenendo di essersi solo difesi dagli attacchi e di essere vittime di una montatura politica.

Le reazioni

Il verdetto della corte è stato seguito da proteste, bandiere bruciate, attacchi di hacker e ultimatum che hanno riscaldato l'atmosfera nel paese e nei vicini Kosovo e Albania.

Una settimana dopo il verdetto, le famiglie dei condannati hanno organizzato una protesta in piazza Scanderbeg a Skopje, rivendicando la loro innocenza. Nel frattempo, proteste analoghe sono state organizzate in diverse città del Kosovo, tra cui Pristina, Gjilan/Gnjilane e Peć/Peja. I manifestanti hanno chiesto il rilascio degli imputati e bruciato la bandiera della Repubblica di Macedonia.

Pochi giorni dopo il verdetto, una lettera a nome dell'UÇK macedone, un'organizzazione paramilitare di etnia albanese, ha dato agli albanesi impiegati in istituzioni pubbliche in Macedonia un ultimatum di 72 ore per lasciare i loro posti. Nella lettera, intitolata "comunicato numero 6" e inviata al quotidiano Lajm (giornale di lingua albanese in Macedonia), il sedicente quartier generale dell'UÇK a Skopje ha annunciato attacchi armati contro le istituzioni statali.

Poi, il gruppo hacker "Anonymous Albania " ha attaccato i siti web ufficiali della Corte Penale e della Corte Suprema di Macedonia. "Le pagine della Corte Suprema e dell'Alta Corte di Macedonia sono state oscurate, questo è un segno di protesta da parte nostra contro di voi: rilasciate gli eroi di Kumanovo", ha scritto il gruppo su Facebook.

La decisione del governo del Kosovo di fornire sostegno finanziario alle famiglie degli imputati non è stata ben accolta dai media macedoni. Il primo ministro del Kosovo, Ramush Haradinaj, ha dichiarato che il suo governo ha stanziato 219.000 Euro dal bilancio dello stato e che ogni famiglia riceverà fino a 10.000 Euro. Commentando la decisione sui media locali, il ministro degli Esteri macedone Nikola Popovski ha sottolineato che tale misura non è in linea con i valori europei, chiedendo alle istituzioni kosovare di risolvere e chiarire tutti gli incidenti in Kosovo.

Possibili effetti sui rapporti di vicinato

Indipendentemente dagli incidenti correlati, il processo fino ad ora non ha avuto effetti negativi sulle relazioni Macedonia-Kosovo. Le proteste in entrambi i paesi sono state poco frequentate. Oltre alle minacce superficiali e agli attacchi informatici, gli unici incidenti che hanno suscitato le reazioni dei funzionari della Macedonia sono stati il rogo della bandiera e la decisione di sostenere finanziariamente le famiglie del gruppo di Kumanovo.

Il ministro dell'Interno Oliver Spasovski ha annunciato che il governo promuoverà ulteriori indagini sotto supervisione internazionale per far luce sul caso. Anche Ali Ahmeti, leader dell'Unione Democratica per l'Integrazione (DUI), ha chiesto un'indagine internazionale e la creazione di una commissione d'inchiesta in parlamento. Ciò è particolarmente interessante se si pensa che questo partito – in particolare Ahmeti e molti altri funzionari di alto livello – è stato citato dagli imputati e dai media come parte del presunto complotto politico dietro Kumanovo, ovvero l'attacco sarebbe stato organizzato dalla precedente coalizione di governo VMRO-DPMNE e DUI con l'unico scopo di distogliere l'attenzione del pubblico dallo scandalo delle intercettazioni in corso all'epoca.

Forse l'annunciata inchiesta internazionale metterà fine alle speculazioni e aiuterà a chiarire che cosa è realmente accaduto a Kumanovo al di là di ogni ragionevole dubbio. Al momento, l'unica verità incontestabile è la morte di 8 agenti di polizia, quella di 14 terroristi/mercenari e le pesanti sentenze emesse in primo grado.


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