Sale la tensione in Kosovo dopo l’arresto del capo dell’Ufficio per il Kosovo del governo serbo. Tensione la cui responsabilità sta nei rispettivi governi che ora cercano di sfruttarla a proprio vantaggio

30/03/2018 -  Dragan Janjić Belgrado

Le autorità di Belgrado e Pristina hanno impedito che si verificasse un’escalation delle tensioni in Kosovo, delle quali però sono direttamente responsabili. Potrebbe recitare così il breve riepilogo dei drammatici avvenimenti legati all’arresto di Marko Đurić, capo dell’Ufficio per il Kosovo del governo serbo, avvenuto il 26 marzo scorso a Mitrovica nord. Đurić, insieme ad alcuni altri funzionari del governo serbo, era entrato nel territorio del Kosovo nonostante il divieto da parte delle autorità di Pristina, motivo per cui è stato arrestato dalle forze speciali della polizia kosovara, che hanno fatto ricorso a un uso eccessivo della forza, compresi gas lacrimogeni e granate stordenti.

Đurić era venuto a Mitrovica per partecipare a un incontro organizzato nell’ambito del cosiddetto “dialogo interno” (interno alla comunità serba, ndr) sul Kosovo, avviato lo scorso anno dal presidente serbo Aleksandar Vučić. È stato arrestato nella sala dove si doveva tenere l’incontro poco prima che iniziasse, dopodiché è stato portato a Pristina, per poi essere espulso dal territorio kosovaro. Insieme a Đurić c’era anche Nikola Selaković, segretario generale della presidenza della Repubblica, anch’egli venuto appositamente per partecipare al summenzionato incontro, ma le autorità kosovare non hanno disposto alcuna misura restrittiva nei suoi confronti. Quello stesso giorno in Kosovo era prevista la visita di due ministri del governo serbo, il ministro della Difesa Aleksandar Vulin e il ministro della Cultura Vladan Vukosavljević, ma alla fine è stata annullata. Il motivo della loro visita non era direttamente legato all’incontro organizzato nell’ambito del dialogo interno.

All’arresto di Đurić ha fatto seguito un drammatico inasprimento dei toni da entrambe le parti, la situazione però è rimasta sotto controllo, e ora sia da Pristina che da Belgrado arrivano dichiarazioni concilianti, a dimostrazione della prontezza nel risolvere i problemi in modo pacifico, attraverso il negoziato. Questo brusco cambio di toni ha fatto sorgere speculazioni sul fatto che si sia trattato di una sorta di “incidente controllato” e che le due parti agiscano in modo coordinato. È da qualche giorno che sui social network gira questa ipotesi, e anche alcuni esponenti dell’opposizione speculano sull’esistenza di un tacito accordo tra le autorità di Belgrado e quelle di Pristina.

Pur non essendoci alcuna prova concreta a sostegno dell’ipotesi che si sia trattato di un incidente premeditato, è ovvio che entrambe le parti stanno cercando, e per ora con successo, di trarne un vantaggio politico. Sia le autorità di Belgrado sia quelle di Pristina hanno sfruttato quanto avvenuto a Mitrovica per mostrarsi forti agli occhi dell’opinione pubblica locale, sostenendo di difendere con risolutezza gli interessi nazionali. La retorica incendiaria, tesa ad accendere passioni, sta portando dei risultati, inducendo gli elettori, soprattutto quelli di orientamento nazionalista, a compattarsi ulteriormente intorno ai loro leader politici.

Politica

L’intera vicenda è strettamente legata alla questione dell’Associazione delle municipalità serbe che, secondo quanto previsto dall’Accordo di Bruxelles, dovrebbe essere creata nel nord del Kosovo. La scorsa settimana si è tenuto a Bruxelles un incontro tra il presidente serbo Aleksandar Vučić e il suo omologo kosovaro Hashim Thaçi. Rientrato a Belgrado, Vučić non ha nascosto la propria delusione per com’è andato l’incontro, dichiarando che l’Unione europea ha fatto sapere alla parte kosovara di dover adempiere all’obbligo di costituire l’Associazione delle municipalità serbe, ma che egli non crede che ciò verrà fatto. “Gli albanesi [kosovari] diranno, per l’ennesima volta, ‘lo faremo la prossima settimana’. Ma così non va bene”, ha detto Vučić.

Proprio in questi giorni il parlamento kosovaro è riuscito a porre fine all’annoso, e piuttosto drammatico, dibattito sulla demarcazione del confine con il Montenegro, giungendo all’approvazione di un accordo sulla questione nonostante la forte resistenza da parte dell’opposizione, che non ha esitato a ricorrere nuovamente all’uso di gas lacrimogeni all’interno dell’aula parlamentare. La creazione dell’Associazione delle municipalità serbe è una questione ancora più delicata, perché negli ambienti dell’opposizione kosovara viene interpretata come un primo passo verso la divisione territoriale del Kosovo. Ed è per questo che il governo di Pristina è molto restio ad affrontare l’argomento, esitando a compiere azioni concrete.

Dal canto suo, Belgrado non vuole fare alcun passo avanti nei negoziati bilaterali finché Pristina non decide di procedere alla creazione dell’Associazione delle municipalità serbe, ritenuta da Belgrado la sua più grande conquista nell’ambito dell’Accordo di Bruxelles. Un’eventuale costituzione dell’Associazione delle municipalità serbe verrebbe sfruttata senz’altro dalle autorità di Belgrado per giustificare, davanti all’opinione pubblica locale, e soprattutto davanti all’elettorato di orientamento nazionalista, l’imminente firma di un accordo legalmente vincolante sulla normalizzazione dei rapporti con Pristina, un accordo fortemente voluto da Bruxelles e Washington.

Nei corridoi della politica belgradese si specula ormai da mesi sul fatto che Vučić abbia già fatto sapere ai suoi interlocutori occidentali di essere disposto a sottoscrivere un tale accordo, pur insistendo nel chiedere che la Serbia “ottenga qualcosa”. Vučić si aspetta che Bruxelles e Washington esercitino ulteriori pressioni su Pristina affinché adempia agli obblighi previsti dall’Accordo di Bruxelles e proceda alla creazione dell’Associazione delle municipalità serbe. Conta in particolare sull’aiuto della Germania, con la quale cerca di mantenere i migliori rapporti possibili. Non gli resta che aspettare e vedere come si svilupperà la situazione.

Pressioni

I rappresentanti politici dei serbi del Kosovo, che godono di un forte appoggio del governo di Belgrado, hanno annunciato che procederanno unilateralmente alla creazione dell’Associazione delle municipalità serbe nel caso le autorità kosovare non facciano alcun concreto passo avanti in tale direzione entro il prossimo 20 aprile. Srpska lista (Lista serba), il principale partito dei serbi del Kosovo, ha ritirato a seguito dell'incidente Đurić i suoi rappresentanti dal governo di Pristina, annunciando che i deputati del parlamento kosovaro eletti nelle sue fila - senza il cui sostegno verrebbe meno la maggioranza parlamentare - non voteranno più a favore delle proposte del governo. Questa decisione apre la strada a una crisi politica in Kosovo, che potrebbe sfociare in elezioni anticipate.

Le mosse compiute dai leader politici serbo-kosovari sono in perfetta sintonia con gli sforzi del governo di Belgrado di assicurarsi il sostegno di Bruxelles e Washington per la creazione dell’Associazione delle municipalità serbe, che è attualmente la richiesta più importante avanzata dalla Serbia nel quadro dei negoziati con il Kosovo. Vučić ha fatto appello alla comunità internazionale affinché facesse pressione su Pristina, contando, al contempo, sul fatto che il premier kosovaro Ramush Haradinaj e il presidente Hashim Thaçi hanno un forte interesse a far sopravvivere l’attuale governo e che per questo risponderanno alle pressioni internazionali e a quelle provenienti dalla minoranza serba.

Questo gioco politico porterà vantaggi alla Serbia e ai serbi del Kosovo solo nel caso in cui entro il prossimo 20 aprile venisse raggiunto un accordo sull’avvio del processo di costituzione dell’Associazione delle municipalità serbe. Qualora, in caso di mancato raggiungimento di tale accordo, i serbi del Kosovo decidessero di procedere autonomamente, Pristina interpreterebbe questa mossa come un atto unilaterale e separatista. L’opposizione parlamentare, già molto forte, sfrutterebbe tale situazione per spingere ancora oltre le proprie azioni e richieste, esercitando pressioni sul governo affinché adotti misure efficaci per scongiurare la realizzazione dell’Associazione delle municipalità serbe.

L’arresto di Marko Đurić, avvenuto nella più grande città a maggioranza serba nel nord del Kosovo, può essere visto come un tentativo di tastare il terreno, una sorta di esercizio di prova durante il quale la polizia kosovara ha dimostrato la sua forza. La Serbia non ha né il diritto né la possibilità di inviare in Kosovo le sue forze di polizia né tanto meno l’esercito, per cui nel caso le autorità kosovare tentassero di impedire con forza la proclamazione dell’Associazione delle municipalità serbe, i serbi del Kosovo verrebbero lasciati a se stessi. È chiaro, quindi, che vi è il rischio concreto che la situazione in Kosovo peggiori ulteriormente, per cui c’è da aspettarsi che nelle prossime settimane la comunità internazionale si impegni seriamente affinché venga raggiunto un compromesso.


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