E' tra gli ultimi paesi entrati nell'Unione europea. Un'analisi del percorso della Romania verso l'integrazione. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

31/03/2010 -  Andrea Chiriu

Essendo una relazione finale di laurea triennale, i contenuti di questo studio sono necessariamente limitati, ma tuttavia possono rivelarsi utili per chi vuole velocemente ripercorrere le tappe dell’integrazione europea di un paese, la Romania, così culturalmente vicino all’Italia, eppure spesso considerato in maniera negativa a causa di alcuni fatti di cronaca nera.

Si è seguita una impostazione cronologica, iniziando col descrivere sommariamente gli oltre quarant’anni di regime comunista, poiché la Romania è stata senza dubbio un caso atipico nel panorama degli stati satelliti dell’URSS: se è vero che i regimi autoritari di stampo comunista hanno sempre fatto riferimento a un leader carismatico (il segretario o il presidente del partito), in Romania ci si è avvicinati in maniera decisa a una impostazione sultanistica, specialmente negli ultimi anni di Ceauşescu, andando spesso in contrasto con le direttive sovietiche ma senza mai abbandonare l’orbita di Mosca. Perfino la fine del regime è stata atipica, nel panorama della fine del comunismo in Europa orientale: non è attuata nessuna perestrojka, che anzi viene completamente rigettata, ma scoppia l’unica rivoluzione cruenta del 1989. C’è chi sostiene che la rivoluzione, ad oggi orgoglio nazionalistico del popolo romeno, non fu altro che un colpo di stato nato all’interno dello stesso PCR: se ciò fosse vero, sarebbe comunque un fatto atipico.

La transizione verso la democrazia è stata difficile, e queste difficoltà si sono inevitabilmente riflesse sul percorso di avvicinamento all’Unione europea, prolungato e ritardato rispetto agli altri paesi che hanno fatto parte del blocco sovietico, nonostante il forte e sincero europeismo del popolo romeno. Il ritardo dell’adesione della Romania è da attribuire sicuramente a scelte politiche, sociali ed economiche errate da parte della classe dirigente romena (formata in gran parte da ex comunisti e afflitta dalla piaga della corruzione), ma anche dalla diffidenza e dalle contraddizioni mostrate dalla stessa Unione Europea e dai suoi membri, allettati dalle potenzialità offerte dal mercato romeno ma allo stesso tempo preoccupati dal problema di una possibile ondata migratoria verso occidente (in particolar modo si temeva l’immigrazione dei rom).

Il percorso di avvicinamento e integrazione con l’Europa è stato scandito da alcune tappe fondamentali, quali il Consiglio Europeo di Copenaghen del 1993, il Consiglio Europeo di Madrid del 1995, l’avvio dei colloqui bilaterali nel 2000, il Consiglio Europeo di Nizza sempre nel 2000, il Consiglio Europeo di Copenaghen del 2002, la firma del Trattato di adesione all’Unione Europea il 25 aprile 2005 e, infine l’effettiva entrata nella UE il 1° gennaio 2007. La lunghezza delle negoziazioni e lo stesso Trattato di adesione all’Unione hanno dimostrato e dimostrano però tutte le paure europee verso un paese visto ancora oggi come lontano, sconosciuto, inaffidabile.

L’adesione alla UE ha significato per la Romania un notevole afflusso di finanziamenti e una grande opportunità di sviluppo; tuttavia, lo scoppio della crisi economica e finanziaria mondiale ha creato notevoli difficoltà a Bucarest, complicando di fatto il raggiungimento degli obiettivi necessari a soddisfare pienamente il rispetto dei requisiti richiesti da Bruxelles.


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