L'assedio di Sarajevo, l'abbattimento del ponte di Mostar e il dramma di Srebrenica raccontati da tre quotidiani nazionali italiani. Un'analisi sull'informazione italiana e la guerra in Bosnia. Una tesi di laurea

01/09/2009 -  Anonymous User

Di Francesca Scappini

La tesi riguarda tre casi della guerra in Bosnia Erzegovina (l'assedio di Sarajevo, la caduta di Srebrenica e l'abbattimento del ponte di Mostar), partendo dall'analisi giornalistica su tre quotidiani italiani, La Repubblica, Il Corriere della Sera e L'Unità.

La prima parte è una parabola storica sulla Jugoslavia, dalla fine della Prima Guerra Mondiale, fino alla disgregazione del 1990, descrivendo gli anni in cui il Paese fu guidato da Josip Broz "Tito". Mentre la seconda parte, analizza l'effettiva comunicazione nel paese balcanico dal 1992 al 1995 con le principali cause con cui la propaganda nazionalista sia serba che croata (e successivamente bosniaco - musulmana) manipolò l'opinione pubblica; e alla comunicazione della guerra in Italia, con la "disinformazione" perpetrata da molti quotidiani e reti televisive.

I capitoli successivi analizzano in modo cronologico, con l'aiuto degli articoli scelti, Sarajevo, Srebrenica e Mostar. Dopo l'analisi cronologica con il supporto dei quotidiani, le conclusioni, divise in due paragrafi, analizzano inizialmente il ruolo dell'occidente e successivamente la comparazione tra gli articoli principali dei tre quotidiani, tracciando le linee generali con cui questi giornali si presentarono all'opinione pubblica italiana.

Molti storici e anche alcuni giornalisti sostengono che la propagazione del nazionalismo che nacque nel decennio dopo la morte di Tito fu esasperato dal ruolo dei media, che manipolando l'opinione pubblica, raccontarono eventi e fatti non attinenti alla realtà, tanto da poter parlare di "disinformazione" nel caso, soprattutto del conflitto in Bosnia Erzegovina, sia per il ruolo dei media interni alla ex- Jugoslavia, sia nel caso degli organi di stampa internazionali.

Se lo scoppio delle ostilità in Slovenia non destarono preoccupazione alla Repubblica Federale Jugoslava, già la secessione della Croazia, fece avanzare l'esercito contro città e popolazioni ancora incredule. L'assedio e la caduta di Vukovar fu l'inizio della disfatta di uno dei Paesi in cui il socialismo reale aveva compiuto il suo ruolo.

La Bosnia Erzegovina, la Repubblica più eterogenea dal punto di vista religioso e culturale di tutta la Jugoslavia, conobbe il conflitto in ogni paese e città.

I due grandi quotidiani italiani (La Repubblica e Il Corriere della Sera) hanno raccontato questa guerra in modo paritario, evidenziando fatti simili e scrivendo reportage di eguale spessore, in periodi simili, cioè dove spesso la cronaca di guerra non era rilevante ai fini comunicativi. L'Unità, invece, con la presenza di Adriano Sofri come inviato di guerra, ha potuto raccontare l'assedio di Sarajevo in un modo più "intimo", mettendo in rilievo storie comuni, che però raccontavano bene la devastata vita della popolazione assediata.

Quello che si è stato rilevato è che nonostante i drammatici racconti che comparivano sui nostri quotidiani, con inviati sempre sul luogo, poche furono le coscienze italiane smosse durante la guerra; l'opinione pubblica rimase, infatti, refrattaria per motivi molto evidenti, il primo fu sicuramente la paura, nel vedere il mattatoio in cui si ritrovarono paesi e civili così vicini alla nostra cultura.


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