Diplomazia e conflitti

Tirana pronta a riconoscere la 'Macedonia', Atene in paranoia

26/11/2004 -  Indrit Maraku

La posizione di Tirana sul riconoscimento del nome costituzionale della ex repubblica della Jugoslavia suscita la decisa reazione della Grecia. Quest'ultima teme il propagarsi di un atteggiamento pan-albanese.

Il referendum macedone preoccupa Tirana

03/11/2004 -  Indrit Maraku

Alla vigilia del referendum macedone, nel quale è in questione la nuova legge sul decentramento amministrativo, il premier albanese Fatos Nano interviene dal lago di Ohrid, per mettere in guardia Skopje dai pericoli cui andrebbe incontro se il referendum dovesse passare

Referendum in Macedonia: le lancette della crisi

03/11/2004 -  Risto Karajkov Skopje

Il 7 novembre in Macedonia si terrà il controverso referendum sulla abrogazione della nuova legge sul decentramento. Favorevole l'opposizione, contrari sia il governo che la comunità internazionale, secondo la quale il Paese rischia di far ritorno al passato

Albania-Grecia, scontro aperto sulla "Cameria"

29/10/2004 -  Indrit Maraku

Durante la recente visita del presidente greco Stefanopulos in Albania si è riaccesa l'annosa questione della Cameria, regione al nord ovest della Grecia un tempo abitata da albanesi, spesso fonte di tensione fra i due stati confinanti

UE verso il Kossovo: ma senza strategia

18/10/2004 -  Anonymous User

Se Bruxelles mira a sostituire le Nazioni Unite nel protettorato, deve innanzitutto rendere più univoca e significativa la propria attuale presenza in Kossovo. Un articolo di Markus Bickel, redatto per IWPR e tradotto a cura di Osservatorio sui Balcani.

Fermento in Vojvodina

14/10/2004 -  Danijela Nenadić Belgrado

Sale la tensione in Vojvodina e il timore che possano verificarsi divisioni e conflitti su base etnica. L'insediamento della nuova sindaca del Partito radicale non fa che aumentare il fermento di una scena politica già di per sé piuttosto accesa

Golfo di Pirano: acque agitate

30/09/2004 -  Anonymous User

La Slovenia vuole un proprio accesso alle acque internazionali, la Croazia glielo nega. La questione del Golfo di Pirano, assieme ad altri nodi irrisolti ereditati dalla dissoluzione della Jugoslavia, rendono tesi i rapporti tra i due Paesi. Soprattutto durante le rispettive campagne elettorali. Un contributo di Leonardo Barattin

Bosnia: sotto esame i 'Bonn powers' dell'Alto Rappresentante

29/07/2004 -  Anonymous User

La Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa deve esaminare l'uso dei poteri dell'Alto Rappresentante in Bosnia. Un articolo tratto da IWPR

Tirana-Belgrado, il ghiaccio comincia a sciogliersi

01/06/2004 -  Indrit Maraku

A distanza di 5 anni si sciolgono i rapporti tra le due capitali balcaniche. Dopo la guerra in Kosovo l'allora Federazione di Jugoslava aveva ritirato il proprio ambasciatore da Tirana. Nei giorni scorsi c'è stato il suo ritorno nella capitale albanese

Albania: il confine minato che uccide ancora

20/05/2004 -  Indrit Maraku

Un fatto di cronaca porta a galla la presenza consistente di mine sui confini albanesi. Mortali eredità dei conflitti passati, con le quali si confrontano ragazzini e bambini, principali vittime di questi ordigni a basso costo

Iraq: l'Albania pensa di raddoppiare le truppe

19/04/2004 -  Indrit Maraku Tirana

L'Albania sotto pressione statunitense pensa di raddoppiare la propria presenza in Iraq, contraria l'opposizione. Sconvolta dagli ultimi avvenimenti sul teatro di guerra mediorientale l'opinione pubblica, ora, è più timorosa e meno favorevole all'impegno

La Macedonia è una polveriera sul punto di esplodere?

05/04/2004 -  Gordana Stojanovksa Icevksa

Gli ultimi incidenti in Kosovo hanno mostrato il delicato equilibrio in cui si trova l'intera regione balcanica. La prossima esplosione coinvolgerà la Macedonia?

La crisi in Kosovo vista dalla Macedonia

25/03/2004 -  Stojanka Mitreska Skopje

Uniti nella condanna delle violenze, divisi sulle possibili conseguenze della crisi kosovara. Le posizioni di alcuni analisti e dei politici della Macedonia. Per i cittadini una grande tensione, presto dimenticata

Alcune domande per l'ambasciatore USA in Macedonia

28/03/2003 -  Anonymous User

Un commento del nostro corrispondente dalla Macedonia sulla guerra in Iraq. Il testo è stato pubblicato sul quotidiano macedone "Utrinski Vesnik" del 27 marzo 2003 e ancora prima dell'uscita ha suscitato polemiche.

Mladic e Karadzic latitano, ma non sulle bancarelle

18/01/2002 -  Anonymous User

Ieri sembrava Mladic e Karadzic fossero stati arrestati. Ma voci autorevoli smentiscono. Intanto se ne stanno tranquilli sulle bancarelle di Prijedor, BiH.

La Macedonia nel limbo

04/12/2001 -  Dejan Georgievski Skopje

Dal nostro corrispondente da Skopje una rassegna delle questioni che rendono difficile in Macedonia l'implementazione di una pace di lunga durata. Testo in inglese.

Superare gli Accordi di Dayton?

04/12/2001 -  Anonymous User

Se lo chiede l'ICG in un documento recentemente pubblicato: occorre superare le mezze misure del passato anche a costo di un nuovo e maggiore protagonismo della comunità internazionale; solo così la Bosnia Erzegovina riuscirà ad entrare in Europa.

Il dialogo interreligioso. Intervista con Roberto Morozzo della Rocca

10/10/2001 -  Davide Sighele

Abbiamo sentito Roberto Morozzo della Rocca rappresentante della Comunità di Sant'Egidio in merito all'inizio delle ostilità in Afganistan e le possibili ripercussioni nei Balcani

Intervista con Tonino Perna. La guerra al terrorismo e le ripercussioni sui Balcani

09/10/2001 -  Anonymous User

Abbiamo chiesto a Tonino Perna, economista dell'Università di Reggio Calabria, di commentare per noi il recente inizio delle operazioni militari in Afganistan e le loro possibili ripercussioni sullo scenario balcanico.

Crisi in Macedonia: l'etnia non c'entra

28/06/2001 -  Anonymous User

Non sono conflitti etnici quelli che scuotono la Macedonia e l'Albania e che presto potrebbero lacerare il Montenegro. Sono conflitti politici ed economici. Uomini politici la cui identità etnica è posticcia legittimano politiche servili verso Fondo Monetario, Banca Mondiale e USA tramite appelli etnici. Cartelli multietnici si formano per il controllo dei flussi di risorse che traversano i Balcani, destinate ai mercati europei: i conflitti "etnici" servono solo per ampliarne lo spazio di manovra. Questi cartelli governano la transizione dei Balcani verso un'economia di mercato. Ne hanno già definito i contorni mediando i propri interessi con quelli dei poteri globali. Questi interessi si concentrano su alcuni nodi, quelli che permettono il controllo dei flussi di merci dall'Asia verso l'Europa.

Il "paraesercito macedone" intima agli albanesi di andarsene: ecco il comunicato

26/06/2001 -  Anonymous User

MACEDONIA PARAESERCITO 2000 ORDINA: Ordiniamo a tutti gli schipetari termine peggiorativo per albanese - N.d.T. che hanno oggetti in vendita-sono negozianti qui e intorno al mercato Kvantaski, di andarsene entro tre giorni, mentre per gli schipetari di Aracinovo il termine è di 24 ore. Dopo tale termine, tutti i negozi verranno bruciati e se qualcuno cercherà di proteggerli, verrà anch'egli ucciso senza preavviso. Informiamo gli schipetari della Repubblica di Macedonia che per ogni ufficiale di polizia o soldato ucciso, 100 schipetari che non hanno la cittadinanza o che hanno preso la cittadinanza dopo il 1994 verranno uccisi. Per ogni ufficiale di polizia o soldato reso disabile, verranno uccisi 50 schipetari. Per ogni ufficiale di polizia o soldato verranno uccisi 10 schipetari, senza tenere conto del loro genere o della loro età. Informiamo gli schipetari che non hanno la cittadinanza o la hanno ottenuta dopo il 1994 che devono abbandonare la Macedonia prima del 25 giugno di quest'anno, a mezzanotte. Dopo tale termine, cominceremo con la pulizia -- "La notte più lunga", offerta da Macedonia Paraesercito 2000. Ordiniamo a ogni macedone, turco, Roma, Torbes, Bosgnacco e agli altri di non effettuare compere nei negozi albanesi mentre la guerra è in corso, perché con tali azioni viene fornito direttamente supporto ai narcogangster terroristi schipetari. In caso contrario, tutti i negozi di coloro che commerciano con gli schipetari verranno bruciati. Ordiniamo a tutti di affiggere questo opuscolo sui propri negozi al fine di consentire un'informazione di massa. Le abitazioni che riceveranno questo opuscolo e non lo mostreranno in un luogo visibile saranno potenziali obiettivi, indipendentemente da chi sono i loro proprietari.
L'opuscolo recava un sigillo di gomma rossa con l'immagine di un leone e la scritta M P 2000 intorno al sigillo.

© HUMAN RIGHTS WATCH;

L'accordo raggiunto in Macedonia non piace a tutti

26/06/2001 -  Luka Zanoni

Secondo quanto riportano le agenzie, sembrerebbe che proprio l'accordo, stretto tra i rappresentanti internazionali (NATO e UE) e i guerriglieri dell'UCK per la smilitarizzazione di Aracinovo, sia stato la miccia che ha scatenato l'assalto al parlamento di Skopje la notte scorsa Il governo macedone che inizialmente non si era dimostrato disponibile ad accettare l'accordo per il ritiro delle truppe dell'Esercito di Liberazione Nazionale dal villaggio di Aracinovo, ha dovuto infine cedere alla pressioni internazionali che minacciavano di bloccare il flusso di aiuti.
Occore però aggiungere che alcuni indizi, come la distribuzione di volantini minacciosi ad opera del macedone Paraesecrito 2000, così come la presenza di uomini in uniforme che hanno marciato sul parlamento, lascia pensare che si sia trattato di un'azione pianificata da tempo. Il folto numero di riservisti e agenti delle forze di polizia, armati e in uniforme, ai quali si sono uniti in seguito i civili, ha assaltato la sede del parlamento di Skopje. La protesta, iniziata durante la prima seduta degli incontri tra partiti albanesi e macedoni per cercare di trovare un'intesa politica che ponga fine alla crisi in corso da almeno quattro mesi, è sfociata con atti di violenza da parte dei manifestanti. Divelte le transenne la folla ha fatto irruzione nell'edificio del parlamento e grazie alla pressoché assenza del servizio d'ordine, i dimostranti hanno iniziato a saccheggiare alcuni uffici dell'edificio, quando i politici presenti se ne erano ormai andati dalla porta di servizio.
Il culmine della protesta nazionalista macedone è stato poi raggiunto quando i dimostranti entrati nel parlamento hanno strappato la bandiera macedone che è stata sostituita con il vecchio vessillo nazionale con il sole a sedici raggi, proibito dal 1993 al termine di un lungo contenzioso con la Grecia. I manifestanti tra urla e spari hanno infine esortato il presidente macedone e il capo del governo a presentarsi di fronte alla folla per "dare spiegazioni sull'accordo con i terroristi albanesi".
Civili macedoni avevano inoltre bloccato il convoglio di 15 autobus con il simbolo dell'UN e alcuni camion della compagnia americana "Brown and Root" con i quali più di cento tra guerriglieri albanesi armati e civili hanno lasciato Arcinovo. Il convoglio è riuscito a passare solo dopo che alcuni militari statunitensi hanno sparato in aria alcuni colpi di fucile.

Si aggrava la crisi macedone

26/06/2001 -  Luka Zanoni

La crisi macedone si acuisce di giorno in giorno. Dalla seduta di ieri del vertice europeo dei ministri degli esteri a Lussemburgo non è uscito un granché. Da parte macedone era presente solo il ministro degli esteri Ilenka Mitreva, mentre ci si aspettava la presenza del premier di governo o del presidente Trajkovski. La Mitreva ha dichiarato che passi avanti si stanno facendo, nonostante le critiche e le riserve della presidentessa di turno per la UE Anna Lindh.
La parte albanese era presente col vice rappresentante dell'Uck per l'Europa, Florin Ramadani, che ha dichiarato "Noi vogliamo la Nato in tutto il territorio macedone, ma senza creare zone cuscinetto che dividano le due comunità". Più volte, sostiene Ramadani, l'UCK ha esortato le forze di sicurezza macedoni a cessare il fuoco, ma - aggiunge il rappresentante - l'esecutivo di Skopje "ha preferito usare il modello Milosevic".
L'insoddisfazione dei ministri della UE è stata espressa nella minaccia di cessazione degli aiuti finanziari alla Macedonia. Si parla di circa 80 milioni di euro, dei quali 30 sono già stati stanziati. La preoccupazione dei quindici ministri è motivata dall'impiego degli aiuti finanziari come approvvigionamenti militari. Gli aiuti erano stati stanziati dopo la firma dell'Accordo di associazione e stabilizzazione con la UE, da parte della Macedonia, primo paese balcanico a sottoscrivere tale tipo di accordo.
In conclusione, i ministri europei addossano una pesante responsabilità a tutti i leader politici del paese ed invocano il rispetto dell'accordo sulla smilitarizzazione di Aracinovo e sul ritiro delle truppe dell'UCK, ciò inoltre "deve essere seguito rapidamente da un cessate il fuoco per l'intero paese e da ulteriori progressi nelle misure di rafforzamento della fiducia". Tutto ciò verrà fatto con la presenza di mediatori internazionali e a tal proposito è stato nominato l'ex ministro della difesa francese Francois Leotard come rappresentante permanente dell'UE a Skopje, sotto le direttive di Javier Solana.

Il bilancio dell'attacco macedone

25/06/2001 -  Anonymous User

Al termine di un week-end che ha visto duri scontri tra le forze macedoni e l'Esercito di Liberazione Nazionale (UCK), nei quali sono stati impiegati dall'esercito macedone, alcuni elicotteri, armi pesanti e per la prima volta aerei da ricognizione (si è trattato di "caccia Suhoi-25" come confermato dal portavoce dell'esercito Blagoja Markovski), e che ha lasciato sul campo alcune vittime e parecchi feriti, sembra che si sia raggiunto una sorta di accordo.
Da parte del governo macedone ciò è stato immediatamente interpretato come una disfatta dei ribelli albanesi, mentre il comandante della guerriglia albanese, noto come Hoxha, ha fatto sapere di aver ricevuto "dallo stato maggiore l'ordine di sospendere il fuoco. Noi non ci siamo arresi - ha aggiunto - i macedoni hanno subito perdite enormi ma è possibile che il nostro comando ci ordini il ritiro perché sono in corso negoziati internazionali". Sembra infatti che l'UCK non abbia per niente gradito il modo in cui il governo macedone ha presentato questa nuova tregua, ovvero come una disfatta. L'esercito di liberazione nazionale ha infatti inteso la resa come "un gesto di buona volontà politica" e Solana ha dichiarato che la tregua è stata possibile "grazie alla disponibilità delle due parti".
L'Uck dovrebbe, a partire da oggi, iniziare a il ritiro delle truppe verso la cittadina di Lipkovo, nella Macedonia settentrionale, mentre ad Aracinovo sono entrati i rappresentanti dell'OSCE, della NATO e della Croce Rossa Internazionale.
Nella giornata odierna è anche previsto il vertice europeo in Lussemburgo durante il quale verrà affrontata la crisi macedone e dove saranno presenti alcuni rappresentanti macedoni.

Si dimette il Ministro degli Interni

20/06/2001 -  Anonymous User boskovski, ljuboten

Macedonia: proseguono i negoziati

19/06/2001 -  Anonymous User

A Skopje sono in corso da cinque giorni i negoziati tra i partiti albanesi e quelli macedoni per porre fine alla profonda crisi che dallo scorso febbraio sta sconvolgendo l'intero paese. Tuttavia, dopo estenuanti sedute, non sembra che si riesca ad avanzare alcun accordo possibile, eccetto forse l'accettazione da parte di entrambe le parti in conflitto della presenza della NATO come garante della sicurezza del paese.
I poteri occidentali, ansiosi di siglare una soluzione di pace piuttosto che essere chiamati per raccoglierne i pezzi, stanno ponendo la Macedonia sotto una pesante pressione, al fine di procedere velocemente verso i cambiamenti costituzionali richiesti dall'Esercito di Liberazione Nazionale. Tuttavia la difficoltà riguarda in modo prevalente il cambio della costituzione, vecchia di dieci anni, nella quale la popolazione albano-macedone dovrebbe essere considerata come popolo costituente. Inoltre i partiti albanesi, riuniti a colloquio da cinque giorni, stanno premendo per ottenere la creazione della figura di un vice presidente della Repubblica, di nazionalità albanese, con diritto di veto e una seconda camera del parlamento nella quale le decisioni vengano approvate all'unanimità. Tali richieste sono state immediatamente considerate, dal governo macedone, "inaccettabili".
Dalla breve visita in Kosovo si è fatto sentire anche il presidente russo Vladimir Putin,che ha accusato la NATO di non riuscire a fermare il passaggio dei guerriglieri albanesi provenienti dalla vicina provincia jugoslava, e di forzare ora la Macedonia nell'accettazione delle loro richieste.
L'UCK, nel frattempo, minaccia la ripresa del conflitto armato in caso di fallimento delle trattative. Queste ultime dovrebbero terminare il prossimo mercoledì, ma l'impossibilità di raggiungere un'intesa, senza una mediazione internazionale, sembra per ora l'unica cosa certa.

L' UCK annuncia la tregua

15/06/2001 -  Anonymous User

Il leader politico dell'UCK, Ali Ahmeti, ha reso noto mediante un comunicato che i guerriglieri osserveranno una tregua fino al 27 giugno prossimo, al fine di facilitare la soluzione politica della crisi in corso. Ahmeti scrive nel comunicato (disponibile on line in sola lingua albanese sul sitoshqiponjapress) che: "L'Uck segue con particolare attenzione tutto ciò che può porre termine alla guerra e accoglie con favore, in particolare, il messaggio del segretario generale della Nato George Roberston e del capo della diplomazia europea Javier Solana".Solo ieri l'Esercito di Liberazione Nazionale aveva presentato un proprio piano di pace, fermamente respinto dalle autorità di Skopje, nel quale si chiedeva la partecipazione della NATO nel ruolo di mediatore. Il piano, suddiviso in tre parti, poneva come punto centrale il riconoscimento politico dell'UCK e, quindi, la sua presenza al tavolo dei negoziati di pace. Il piano, rende noto l'Ansa, ribadisce le stesse richieste politiche già presentate dai guerriglieri nello scorso mese di aprile nel loro primo memorandum ufficiale inviato a tutte le diplomazie occidentali. Tali richieste per ora sono state respinte non solo dalle autorità macedoni, ma anche dalle diplomazie internazionali.

Si intensificano i segnali di guerra civile in Macedonia

14/06/2001 -  Luka Zanoni

I segnali di un'imminente guerra civile sembrano esserci ormai tutti. Non solo per il fatto che le agenzie di ieri ed oggi riportino la dizione "guerra civile" nei loro testi, ma anche e soprattutto per le parole che nelle scorse ore sono state espresse dagli uomini politici coinvolti nella crisi. A tutto ciò occorre aggiungere il panico della popolazione che già avverte il precipitare della crisi.
Forse rimane ancora una flebile speranza nell'incontro diplomatico di oggi e domani a Ohrid, in Macedonia. Anche se una sensazione condivisa dice che la crisi macedone ormai scivola su un pericoloso piano inclinato.

La divisione del governo macedone

La spaccatura all'interno dell'ampia coalizione del governo macedone sembra sul punto di saltare. Il premier di governo Georgievski, sempre più orientato verso la dichiarazione dello stato di guerra, è in aperto conflitto con il presidente Trajkovski. Quest'ultimo, ampiamente appoggiato dalla comunità internazionale, cerca di sganciarsi dall'ombra del primo ministro per poter riprendere in mano la crisi interna ed uscirne in qualche modo vincitore, proprio quando la popolarità di Georgievski è in calo continuo e i suoi governi sono sempre meno stabili, senza contare poi che "il gruppo parlamentare del suo partito continua a disgregarsi a favore di altri gruppi parlamentari, mentre il ministro degli interni, Ljube Boskovski, che è stato portato a tale funzione da Georgievski come proprio 'soldato di partito' fidato, ha dichiarato che lo stato di guerra non è necessario" (D. Nikolic, La macedonia sta scivolando verso la guerra civile?, Danas, 9-10 giugno2001, tr.it. Notizie Est 447).
L'assenza di una vera comunicazione tra Georgievski e i leader albanesi, presenti nella coalizione di governo, uniti ai tentativi di boicottaggio del presidente Trajkovski da parte del primo ministro macedone, sono elementi che offrono la difficoltà strutturale del quadro entro il quale è collocata la crisi macedone. Pertanto in una situazione in cui "il vertice dello stato è 'amorfo'" sembra che sia difficile definire in tempi brevi un piano per la soluzione della crisi. Va aggiunto infine che l'esaurimento dei mezzi finanziari macedoni desta una certa preoccupazione. Sempre Danas riferisce che "finora la guerra è costata circa 350 milioni di marchi, cioè un milione di marchi al giorno", preannunciando che con il proseguimento del conflitto verranno drasticamente diminuiti stipendi e pensioni. Tutto ciò in previsione di un aumento delle forze di sicurezza macedoni, che dovrebbero acquistare nuovi armamenti dall'Ucraina e dalla Jugoslavia.
Trajkovski ha, tuttavia, proposto un piano di soluzione della crisi, che, a ben guardare, sembra ricalcare il piano avanzato tempo fa dall'ambasciatore Frowick. Il piano in cinque punti, da realizzare nell'arco di circa 45 giorni, mira, soprattutto nelle prime due fasi, alla soluzione militare addolcita dalla promessa di amnistia di quei combattenti non volontari che non si sono macchiati di crimini. Un commento di Andrea Ferrario, curatore di Notizie Est, definisce il piano "più un pietoso velo per coprire la mancanza di prospettive dei vertici del potere macedone, che un documento in grado di fornire una base, anche solo generica, per una soluzione della crisi nel paese" (Notizie Est 447).
Una cosa sembra certa, e cioè che il piano di Trajkovski ha tutta l'aria di essere "l'ultima chance" del dibattimento "politico", prima di procedere ad un intervento radicale e gettare il paese nella guerra civile (cfr. Saso Ordanoski, Trajkovski's "last chance plan", IWPR, 13 june 2001). Acquista, infine, rilievo il fatto che - come comunica l'agenzia serba Beta, su informazione del portavoce della polizia macedone Stevo Pendarovski - "a Skopje sia iniziato l'armamento dei maschi militarmente abili, al fine di accelerare la mobilitazione delle pattuglie dei riservisti della polizia, in caso di attacco degli estremisti albanesi".

L'intervento internazionale

La possibilità di un intervento internazionale è riecheggiata nelle parole del presidente francese Chirac e in quelle del consigliere del capo della diplomazia greca Alexis Rondos. Durante il summit della NATO che si è tenuto ieri a Bruxelles, il presidente francese ha detto, riferendosi alla crisi macedone, che "non bisogna escludere qualsiasi forma di azione necessaria a fermare questo sviluppo" (Sense). Solo poco dopo Chirac si è premurato di ribadire che "non stava pensando ad un eventuale azione militare" e che eventualmente la considererebbe come "l'ultima risorsa". Ma anche le parole di Blair sembrano andare nella direzione di un intervento. Secondo quando riportato dalla Reuters, Tony Blair ha detto che "è meglio creare dei preparativi e stabilizzare la situazione piuttosto che aspettare e lasciare che la situazione si deteriori" (Reuters 13 giugno 2001). L'agenzia inglese sottolinea inoltre che Francia e Gran Bretagna sono i primi promotori del piano della UE per creare una propria forza militare di reazione rapida.
Tuttavia anche la Grecia, come abbiamo detto, avanza ipotesi di intervento. Secondo Alexis Rondos l'azione della NATO in Macedonia non la si dovrebbe immaginare come "una grande campagna sul tipo di quella in Kosovo", né come una qualsiasi invasione. "Per quanto riguarda la presenza militare non richiederebbe un gran numero di persone. Si tratterebbe di un piccolo gruppo di militari ben addestrati, che rappresenterebbero la comunità internazionale in senso militare. Tale presenza militare garantirebbe il rispetto del cessate il fuoco, il disarmo dei rivoltosi e la sorveglianza sulla loro ritirata. Tale sviluppo offrirebbe lo spazio e il tempo per un accordo politico inter-macedone" (Sense, 13 giugno 2001). Fonti dalla Bulgaria riportano inoltre che, dopo la decisione della riunione del consiglio di sicurezza nazionale, sono già in corso nel paese esercitazioni di truppe speciali bulgare anti terrorismo (Sega, Monitor).
Ma le pressioni internazionali e macedoni sembrano aver favorito la crescita, anche nel Congresso americano, di un'ala favorevole all'intervento in Macedonia. Come riporta l'Ansa "senatori e autorevoli 'opinion makers' hanno oggi chiesto che gli Stati Uniti prendano l'iniziativa di cercare una soluzione politica alla crisi macedone, se necessario con il ricorso a truppe della Nato e anche americane. Il senatore Joseph Biden presidente della commissione del Senato per gli affari esteri dedicata alla crisi in Macedonia e alla presenza degli Usa nella Regione ha detto che: "Il nostro Paese deve aumentare il proprio impegno. La posta in palio in Macedonia è semplicemente troppo alta perché possiamo scegliere di avere un ruolo di secondo piano. Che piaccia o no, solo gli Stati Uniti hanno la credibilità politica e militare presso tutti i gruppi etnici per gestire con successo e risolvere la crisi nei Balcani" (Ansa 13 giugno 2001).

La popolazione nel panico

I quotidiani bulgari affermano che sono in corso allestimenti di capi profughi nel paese, per far fronte all'escalation di un intervento militare (Sega, Monitor). La preoccupazione della popolazione civile in Macedonia è altissima. Le rincorse ai generi alimentari, alle pompe di benzina e ai farmaci, sono indici sintomatici del forte odore di guerra che si avverte nella regione. Non sono pochi quelli che iniziano a lasciare il paese, senza aiuti dal governo o dalle agenzie internazionali. Migliaia di persone, insieme albanesi e macedoni, stanno lasciando Skopje, come conseguenza all'arrivo dell'UCK nei villaggi attorno alla capitale. La popolazione di Aracinovo, Vrnjarce, Stajkovci, tutti villaggi nei dintorni della capitale, così come i residenti di Cento e degli altri sobborghi di Skopje stanno lasciando le proprie abitazioni ( Gordana Stojanskova Icevska, "Skopje braced for war", IWPR 13 june 2001). L'UNCHR ha fatto sapere che dall'8 giugno presso la frontiera di Blace, fra il Kosovo e la Macedonia, è stato stimato un flusso di 12.00 persone, in prevalenza donne e bambini, verso la regione del Kosovo.
Nonostante i ripetuti inviti da parte del governo macedone rivolti a tranquillizzare la popolazione - "i cittadini non dovrebbero preoccuparsi della sicurezza della città di Skopje e delle sue vitali facilità perché sono assicurati" ha detto il portavoce del governo Antonio Milososki, riferendosi alle minacce fatte nei giorni scorsi dal comandante dell'UCK, Hoxha, circa la possibilità di colpire la capitale macedone - la psicosi da guerra si è già innescata.

Il governo macedone approva il piano Trajakovski

13/06/2001 -  Anonymous User

Il governo di unità nazionale macedone ha approvato il piano di soluzione della crisi proposto dal presidente Boris Trajkovski. Il piano presentato ieri dal capo di stato macedone prevede cinque fasi da realizzare in 45 giorni, che vanno dalle attività militari all'amnistia per quei guerriglieri che deporranno le armi.
La prima fase del piano che è già in corso si riferisce alle attività politiche e diplomatiche e alla formazione di un'unione delle forze di polizia e militari al fine di combattere la guerriglia albanese. La quarta fase dovrebbe riguardare il disarmo dei combattenti albanesi. Questa fase del piano contiene inoltre l'amnistia per quei combattenti che sono stati mobilitati con la forza, quindi non volontari, e che non hanno commesso alcun crimine.
Il piano di soluzione della crisi, che non prevede alcun cambiamento delle frontiere dello stato né una sua federalizzazione o cantonizzazione, è già stato pienamente accolto dalla comunità internazionale e dal presidente dell'Albania Pascal Milo.

Macedonia: ancora incidenti

10/06/2001 -  Luka Zanoni

La situazione in Macedonia peggiora di giorno in giorno. Dopo l'uccisione di cinque militari dell'Esercito macedone, un altro soldato macedone è morto domenica, come comunica l'agenzia "Beta" si tratta del capitano Sinisa Stojilov. Con lui altri tre soldati sono rimasti feriti dalle milizie dell'UCK nelle vicinanze del villaggio di Slupcane, presso Kumanovo. L'azione, dell'Esercito macedone, era iniziata all'alba di domenica nei dintorni di Slupcane, Orizare e Otlja.Ieri, per voce di uno dei capi dei ribelli albanesi, il comandante Hoxha, è stato lanciato un ultimatum al governo di Skopje. Il comandante Hoxha ha dichiarato, infatti, che se l'esercito macedone non cesserà le offensive contro i villaggi del nord controllati dall'Uck, le forze della guerriglia colpiranno Skopje. Hoxha ha riferito via telefono alla Reuters che "saremo in grado di colpire gli obiettivi che consideriamo legittimi nella stessa Skopje, quali: l'aeroporto, il parlamento, la stazione di polizia, il Ministero della Difesa o il Ministero dell'Interno". Hoxha ha inoltre precisato che la città verrebbe colpita dalle montagne con razzi, proiettili di mortaio da 120mm e alcune armi anti aeree, aggiungendo infine, che la quantità di armi a disposizione non è ampia ma sufficiente.
Il luogo dal quale condurre gli attacchi alla capitale macedone potrebbe essere la collina attorno alla cittadina di Aracinovo, distante solo dieci chilometri da Skopje e occupata venerdì dall'UCK che immediatamente ha proclamato l'intera zona "territorio libero". Tuttavia, come riporta l'agenzia "Reuters", un esperto della difesa ha fatto notare che i proiettili da 120mm utilizzati dai mortai, hanno una gittata di 4,5 miglia, non sufficiente quindi per colpire l'aeroporto o gli altri obiettivi che Hoxha ha menzionato. Non è chiaro quindi quanto sia credibile la minaccia rappresentata dalle altre armi a disposizione.Nel frattempo continua la fuga di civili dalla zona dei combattimenti. Secondo l'Alto commissariato dell'ONU per i rifugiati, nella sola giornata di sabato circa 4.500, fra i quali bambini e anziani, hanno, attraversato la frontiera col Kosovo , come riporta l'"Ansa" si tratterebbe del numero più alto raggiunto dall'inizio del conflitto a febbraio scorso. Come riporta in prima pagina il quotidiano "Danas" , la situazione è preoccupante anche per la popolazione civile di Kumanovo (oltre 100.000 abitanti), che da giorni ormai rimane sotto regime di ristrettezza idrica, dopo che l'Esercito di Liberazione Nazionale (UCK) ha preso possesso della diga di Lipkovo. Attualmente la città viene rifornita da una trentina di cisterne per l'acqua potabile, che tuttavia non sono sufficienti nemmeno per i bisogni minimi.