La Moldavia, con un rush all'ultimo minuto, è divenuta il paese capofila del partenariato orientale con l'Ue, portando a casa dal summit di Vilnius l'avvio dell'accordo di associazione e una serie di commenti positivi dei partner europei. Luci e ombre in un nuovo paper dell'ESI

Nel febbraio 2013, il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski ha elogiato la Moldavia durante la sua visita a Chişinău insieme ai suoi colleghi svedese e britannico, Carl Bildt e William Hague: "La Moldavia è il paese che vediamo come la più grande speranza del partenariato orientale". E durante il suo discorso al Bundestag, il 18 novembre 2013, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha detto: "Nonostante qualche agitazione interna, la Moldavia ha forse dimostrato la più grande volontà politica di tutti i partner orientali ad adottare e attuare le riforme".

La Moldavia è risultata ogni anno al primo posto nell’indice per l’integrazione europea dei paesi del partenariato orientale dal 2011. Nel 2013 i suoi autori hanno concluso che "la Moldavia è il paese più riformatore nella regione ed è più vicino a soddisfare gli standard dell'UE".

La Moldavia, un paese senza sbocco sul mare con una popolazione di soli 3,5 milioni di persone, può sembrare un successo improbabile per la politica dell'UE nel quartiere orientale.

La Moldavia è povera. Il 58 per cento della popolazione vive in zone rurali. I rari film sulla Moldavia solitamente la presentano come un paese da cui le persone fuggono per motivi economici . Nel 2012 il PIL pro capite era di 1.590 euro, il che la rende il paese più povero d'Europa dietro a tutti gli altri paesi europei dell'Est, dei Balcani e del Nord Africa. Tale povertà ha innescato una massiccia emigrazione a partire dai primi anni 1990, portando a un crollo demografico senza precedenti. Tra il 1991 e il 2002, il numero di bambini nati ogni anno in Moldavia è dimezzato, da 72mila a poco più di 35mila.

Povera, sì, ma anche democratica

Tuttavia, benché povera, la Moldavia è anche democratica, un fenomeno raro nella politica dei paesi post-sovietici. Questo non deve essere dato per scontato. Gli ultimi anni hanno visto un consolidamento di autoritarismo nei vicini orientali dell'UE. In Bielorussia, dove Alexander Lukashenko è al potere dal 1994, il governo usa le forze di sicurezza per disperdere violentemente eventuali manifestazioni pubbliche. Nel 2011, oltre 1.500 bielorussi sono stati arrestati per aver partecipato alle "proteste silenziose" contro Lukashenko.

In Russia, nel 2012, Vladimir Putin è diventato presidente per la terza volta. A seguito delle proteste di massa a Mosca, il parlamento russo ha promulgato leggi che prevedono multe per la partecipazione a manifestazioni non autorizzate e nuove restrizioni per le ONG. In Azerbaijan, Ilham Aliyev ha assicurato la sua rielezione per un terzo mandato nel mese di ottobre 2013. La libertà di riunione è quasi inesistente e giornalisti, blogger e attivisti vengono regolarmente imprigionati con pretesti. In Ucraina, le autorità hanno usato la mano pesante sui manifestanti. I principali esponenti dell'opposizione sono stati incarcerati dopo processi ritenuti mancanti di prove dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo .

Dal momento in cui il paese ha ottenuto l'indipendenza nel 1991, si sono tenute sette elezioni politiche che hanno garantito un pacifico avvicendamento del potere. Il parlamento moldavo ha sempre visto rappresentata una vera opposizione. Il Partito Comunista, attualmente il più forte partito in Moldavia, è salito al potere con libere elezioni nel 2001 e lo ha perso nelle elezioni del luglio 2009, quando quattro partiti di opposizione si sono riuniti nell’Alleanza per l'integrazione europea. Le ultime elezioni parlamentari che hanno avuto luogo nel novembre 2010 sono state monitorate dall'OSCE/ODIHR, e hanno ottenuto le valutazioni più elevata tra tutte le elezioni nei paesi del partenariato orientale negli ultimi anni. Solo le elezioni presidenziali georgiane di ottobre 2013 sono state valutate in modo altrettanto positivo.

Visti e diritti dei gay - una questione di (in)tolleranza

La sfida più grande che la Moldavia ha dovuto affrontare nel suo cammino verso la liberalizzazione dei visti riguarda, con sorpresa di molti, i diritti dei gay.

La Moldavia rimane una società conservatrice e gli atteggiamenti omofobici sono all'ordine del giorno. Nessun’altra minoranza in Moldavia soffre tanto pregiudizio e aggressività come quella di gay e lesbiche. Personaggi pubblici moldavi di tutto lo spettro politico hanno risposto alle richieste dell'UE di affrontare la discriminazione delle minoranze sessuali descrivendole come anormali, malsane e pervertite. Il Partito Comunista ha unito le forze con la Chiesa ortodossa contro una proposta di legge sulla non discriminazione. Nel febbraio 2012 , prendendo esempio da San Pietroburgo, le autorità di Bălţi, la seconda città della Moldavia, hanno promulgato un divieto locale di "propaganda aggressiva di orientamenti sessuali non tradizionali". Diversi comuni hanno seguito l'esempio.

Tuttavia, uno dei requisiti del piano d'azione dell’UE per la liberalizzazione dei visti è stato quello di approvare una legge contro la discriminazione a tutela delle minoranze, compresa quella LGBT. ONG che lottano per la parità di diritti per la comunità LGBT, come Gender-Doc, hanno visto questo come un'opportunità fondamentale per vincere una battaglia tutta in salita in mezzo alla crescente intolleranza contro i gay in tutta l'Europa dell'Est ed ex Unione Sovietica .

In questo caso l’aver posto una condizione e aver mantenuto posizioni di principio da parte dell’UE ha prodotto un risultato. Il parlamento moldavo ha approvato una legge anti discriminazione nel maggio 2012. La legge vieta ogni tipo di discriminazione ed esplicitamente si riferisce agli orientamenti sessuali in relazione alle discriminazioni sul posto di lavoro. Il divieto di Bălţi sulla "propaganda" è stato giudicato incostituzionale da una corte d'appello locale nel mese di febbraio 2013.

Un successo fragile?

Tuttavia, non ci sono molti motivi di soddisfazione né a Chişinău né nelle altre capitali europee. Il "successo" della Moldavia resta fragile, non si è ancora tradotto in miglioramenti concreti sentiti dai cittadini, e anche l'obbligo del visto non è ancora stato rimosso.

Parlando al Bundestag un paio di settimane fa, Angela Merkel ha sottolineato l'importanza del partenariato orientale per l'Unione europea, ha elogiato la Moldavia e la Georgia e poi ha sottolineato che "Il nostro partenariato orientale non riguarda le prospettive di adesione all'UE".

Prima del vertice di Vilnius c'è stato un dibattito nei paesi del partenariato orientale circa la formulazione della bozza della dichiarazione finale. Con delusione da parte della Moldavia e della Georgia, la dichiarazione finale adottata il 29 novembre non contiene alcun riferimento all'articolo 49 del trattato sull'Unione europea, che afferma che "ogni Stato europeo" può presentare domanda di adesione all'UE, purché rispetti i valori fondamentali dell'UE.

La povertà della Moldavia è strutturale: è troppo rurale e produce troppo pochi beni che la gente di altri paesi potrebbe voler acquistare. Sono necessari enormi cambiamenti - investimenti nelle infrastrutture, nell'agricoltura, nell'industria, nelle capacità della sua gente. Perché ciò avvenga è necessario che ci siano fiducia nel futuro e un chiaro senso di direzione.

Le prospettive di ottenere l'esenzione dai visti e la firma dell'accordo di associazione sono entrambe buone notizie. Allo stesso tempo però, la Moldavia ha disperatamente bisogno di sviluppo economico e di un aumento degli investimenti esteri diretti. Per questo una chiara prospettiva a lungo termine di adesione all'UE sarebbe fondamentale.

Parlando al Forum UE-Moldavia a Berlino nell'ottobre 2012, il commissario all'allargamento Štefan Füle si è mostrato apertamente a favore di una prospettiva di adesione all’UE: "La Moldavia merita un supporto continuo per ottemperare ai propri impegni ed è mia convinzione che meriti un futuro ambizioso. Sto parlando qui del più potente strumento di politica estera dell'Unione europea e l'espressione del suo massimo potere di trasformarsi, ossia fornire a un paese la prospettiva di aderire..."

Se l'UE vuole che la Moldavia diventi una vera storia di successo nell’area orientale, dovrebbe essere disposta ad andare oltre Vilnius. Il prossimo Consiglio UE nel mese di dicembre è il momento giusto per mostrare al popolo, e ai leader, in Moldavia (e attraverso questo esempio, in Georgia e in Ucraina) che le riforme aprono le porte e che la visione di un’Europa unita e libera, di cui all'articolo 49 del trattato europeo, è ancora capace di trasformare la società.


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