31 agosto 2012
La crisi in Europa, foto di TaniArt 79 - Flickr.com

Secondo i dati Istat di alcuni anni fa, circa 250 Ong e almeno 1500 associazioni e gruppi si occupano di cooperazione e solidarietà internazionale. La crisi economica e la riduzione progressiva dell’investimento pubblico sulla cooperazione sta mettendo a dura prova questo tessuto di società civile. Un'intervista al ministro Riccardi

Fonte: Bandi Ong blog

Secondo dati Istat di alcuni anni fa in Italia ci sono circa 250 Ong e almeno 1500 associazioni e gruppi che si occupano di cooperazione e solidarietà internazionale. Il lavoro Bandi Ong blog, rivolto a tutte le persone interessate a vario titolo (lavorativo e/o volontario) alla cooperazione, ci mostra numeri sorprendenti e una miriade di realtà sparse per il paese. La crisi economica generalizzata e la riduzione progressiva dell’investimento pubblico sulla cooperazione sta mettendo a dura prova questo tessuto di società civile. Per alcuni osservatori l’esistenza di così tante realtà è un valore aggiunto nel contesto italiano e rappresenta una storia di successo per altri è il motivo principale della crisi del settore e della difficoltà di rilanciare la cooperazione in Italia. Lei cosa ne pensa? Percepisce il valore aggiunto o la criticità?

La diversità e la pluralità dell’associazionismo della solidarietà internazionale italiana sono una ricchezza. La “cooperazione popolare” ha permesso la nascita di una mobilitazione che ha portato all’istituzionalizzazione della politica pubblica di cooperazione. In questi anni di disinvestimento e d’introversione del paese la cooperazione degli italiani, pur con alcune difficoltà, ha resistito. Gli italiani, con le loro donazioni, hanno messo a disposizione più risorse della cooperazione pubblica bilaterale e hanno permesso di mantenere viva la presenza dell’Italia. Il dato delle 1500 onlus dedicate alla solidarietà internazionale è del 1999; il prossimo anno, l’ISTAT aggiornerà questo quadro. Non mi preoccupa la proliferazione delle iniziative, si tratta di una caratteristica del nostro Paese. Quello che è importante è creare una dinamica interistituzionale e un dibattito pubblico che, anche grazie a nuove risorse, permetta di aggregare i vari attori, spingendoli a lavorare assieme per una visione condivisa, migliorando anche la qualità delle singole iniziative.

In un sondaggio su questo tema che abbiamo proposto ai lettori alcuni mesi fa oltre l’87% dei votanti sostengono che sia indispensabile o quantomeno utile una rappresentanza unitaria del mondo non governativo italiano. Lei conosce bene questo ambito e avrà sicuramente presente lo scenario attuale in cui co-esistono diversi soggetti associativi, federativi e gruppi di interesse (Aoi, Cini, Link, i coordinamenti regionali e le federazioni storiche). In diverse occasioni questa frammentazione ha indebolito le capacità del mondo non governativo di portare avanti istanze importanti. Lei cosa ne pensa? Crede che sia utile una rappresentanza unitaria? Perché?

Per quanto riguarda la rappresentanza delle ONG è importante premettere che da qualche anno le ONG hanno avviato un processo aggregativo per cui esistono ormai piattaforme tematiche unitarie, l’ultima di queste è quella europea che dà alle ONG italiane una voce comune. Molti documenti analitici e messaggi alle istituzioni sono frutto di lavoro unitari. Credo che il percorso sia consolidato. Penso che si possa arrivare a una rappresentanza condivisa capace di esprimere portavoce unitari. Sicuramente alle ONG spetta l’onere di coinvolgere anche soggetti fuori dalle rappresentanze, come le onlus di solidarietà, per aumentare la base di legittimità. In questo senso sono certo che anche per il Forum della cooperazione (ndr: che si tiene a Milano, il 1° e 2 ottobre 2012 al Piccolo Teatro) le ONG sapranno dare un messaggio di unità al Paese attraverso un “portavoce unico”.

Ancora un sondaggio proposto ai lettori rileva che l’82% degli operatori ritiene che si debba superare il concetto di idoneità delle ONG concessa ad oggi dalla DGCS per passare a quello di eleggibilità delle organizzazioni rispetto a progetti o programmi precisi. Lei cosa ne pensa? Verso quale direzione sta lavorando come Ministero?

Le linee guida per l’idoneità sono state recentemente riviste dal comitato direzionale ma solo per un periodo transitorio. C’è ormai largo consenso all’interno della Direzione Generale della cooperazione allo sviluppo e nel mondo dell’ONG che si debba passare verso un meccanismo più flessibile a bandi, differenziati sulla base del livello e relazione di partnership con le ONG. Il modello verso cui tendere è quello europeo. Questa è una richiesta anche della Corte dei Conti.

Nelle ultime settimane sono usciti alcuni articoli che hanno sottolineato la peculiarità di una situazione in cui lei lavora per il rilancio della Cooperazione attraverso il Forum e la sua importante consultazione multi-stakeholders mentre in Parlamento è ripreso il percorso di riforma della legge 49/87. Ci spiega la sua posizione su questa faccenda? Hanno ragione gli osservatori a pensare che Governo e Parlamento stanno agendo in questo ambito su binari paralleli?

I due relatori (ndr: i senatori Mantica e Tonini) del provvedimento al Senato sono stati invitati e hanno partecipato all’ultima riunione del tavolo interistituzionale per essere aggiornati sui lavori preparatori del Forum. Sono certo che il Parlamento terrà conto dei risultati del Forum, strumento partecipativo multi-attoriale al massimo livello del Sistema-Italia di cooperazione allo sviluppo.

Pochi giorni dopo la sua nomina abbiamo aperto sul blog il primo dei nostri sondaggi. Chiedevamo agli operatori e volontari di darle dei consigli per il suo futuro impegno da Ministro. Il 64% le suggeriva di lavorare affinché i fondi della cooperazione italiana fossero gestiti con più trasparenza, il 51% le chiedeva di promuovere una semplificazione delle procedure, Il 43% avrebbe voluto vedere più competenza nel sistema della Cooperazione Italiana. Ci può dire se ha avuto modo di occuparsi di uno o più di questi ambiti nei suoi primi nove mesi di lavoro da Ministro? In che modo?

In questo periodo ho lavorato sulla trasparenza, intesa come condivisione delle informazioni e riapertura della concertazione strategica a livello ministeriale ed inter-istituzionale. Sono intervenuto anche al CIPE in sede di presentazione delle relazioni al Parlamento, auspicando un documento unico rispetto all’attuale situazione che prevede le relazioni della DGCS e quella del MEF. Le linee guida 2012-2014 sono state emendate e rese più dettagliate nella parte finanziaria. Entro fine anno credo che sia possibile procedere ad una semplificazione e modifica nelle procedure di attribuzione delle risorse alle ONG. Per quanto riguarda la competenza, qualsiasi istituzione per ben funzionare ha bisogno di personale competente e adeguato da un punto di vista quantitativo e qualitativo.