Nuovo Islam politico e nazionalismo bosgnacco: caratteristiche e rischi per la stabilità della Bosnia Erzegovina. La sintesi del nuovo rapporto di International Crisis Group sul paese balcanico

14/03/2013 - 

Sarajevo/Istanbul/Bruxelles, 26 febbraio 2013

Nonostante sporadici episodi di violenza, l'islamismo non è un pericolo per la Bosnia, dove i veri rischi derivano dalle opposte ideologie nazionali, e in particolare dal fatto che i leader religiosi islamici rispondono sempre più con un nazionalismo bosniaco ai rinnovati attacchi da parte serba e croata all'integrità territoriale dello Stato.

Bosnia’s Dangerous Tango: Islam and Nationalism, l'ultimo briefing dell'International Crisis Group, prende in esame la crescente sovrapposizione tra nazionalismo bosniaco (che può essere islamico o laico) e identità dello Stato bosniaco. L'islam politico è una novità in Bosnia Erzegovina (BiH), e la sua ascesa è vista come una minaccia per i partiti laici e per i non musulmani. Una dozzina di attacchi attribuiti ai bosniaci negli ultimi dieci anni hanno sollevato timori di terrorismo. Tuttavia, i gruppi salafiti non tradizionali e altri gruppi islamici, che sono apparsi ai margini della società, rimangono piccoli e isolati.

"Praticamente ogni atto di violenza ispirata dall'islamismo è venuto da luoghi in cui le istituzioni islamiche - džemat (congregazione), moschea, madrasa e la famiglia - sono deboli o assenti, e molti degli autori hanno un passato difficile", dice Marko Prelec, Direttore del Crisis Group’s Balkans Project. "C'è molta rabbia e frustrazione tra i bosniaci, e figure di spicco della costituzione islamica hanno cercato di sfruttare questo fatto per i propri obiettivi politici".

La comunità islamica (Islamska zajednica, IZ) in Bosnia Erzegovina è diventata, da organizzazione religiosa, un attore politico importante, che ha contribuito a plasmare l'identità bosniaca. la visione del suo ex-leader, Mustafa ef. Cerić, influente e carismatico, è quella di una BiH che, pur multietnica, dovrebbe essere uno Stato-nazione bosniaco dal momento che, ha sostenuto, croati e serbi hanno già un proprio Paese. Questa visione è attraente per una parte di bosgnacchi, anche laici, ma è rifiutata dalla maggior parte di croati e serbi. Se questo diventa il punto di vista bosgnacco dominante, è difficile vedere come possa conciliarsi con quello delle altre comunità della Bosnia; un conflitto persistente e instabilità diventerebbero quindi sempre più probabili. Invece, la IZ dovrebbe favorire una visione dello Stato come impresa comune, in cui tutti i gruppi si sentono a proprio agio, e concentrarsi sul rinnovo delle proprie istituzioni.

I Salafiti in Bosnia sono divisi tra la lealtà verso lo Stato e verso la Comunità Islamica. La maggior parte di coloro che accettano queste istituzioni sono fortemente patriottici, e alcuni hanno combattuto come mujahidin nella guerra del 1990. Coloro che le rifiutano come non-islamiche invece tendono a ritirarsi in insediamenti isolati per praticare la loro fede e sono più interessati alla umma globale che al destino della Bosnia. Nessuno dei due gruppi ha mostrato una tendenza alla violenza; la maggior parte degli attacchi sono stati opera di emigrati o di persone con precedenti penali o di disturbi psicologici. I funzionari statali e della IZ dovrebbero cooperare per coinvolgere i Salafiti non violenti, in particolare quelli di ritorno dalla diaspora, nel dialogo per favorire la loro integrazione.

"La comunità islamica ha promosso un abbraccio patriottico nei confronti dello Stato. La stabilità dipende dal fatto che riesca a creare una visione della Bosnia che possa essere condivisa da croati e serbi ", ha dichiarato Sabine Freizer, direttrice del Crisis Group’s Europe Program . "Dopo essere entrata nell'arena politica, la comunità islamica ha la responsabilità di re-impegnarsi in soluzioni di compromesso e di dialogo interreligioso per evitare un'ulteriore frammentazione del Paese".

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa


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