Le proteste a Bucarest, Courrier des Balkans

Continuano le proteste in piazza contro la depenalizzazione dell'abuso d'ufficio in Romania. Ieri sera 250.000 nelle strade in tutto il paese. E si registrano le prime defenzioni nella maggioranza di governo

02/02/2017 -  Mihaela Iordache

Oltre 150.000 persone hanno protestato ieri nella capitale romena Bucarest. Altre decine di migliaia a Timișoara, Cluj, Sibiu e altre città del paese. La Romania è appena uscita dal voto per le politiche, nel dicembre scorso, e già si trova nel mezzo ad una forte crisi istituzionale.

Le temperature sotto zero non hanno impedito a migliaia di manifestanti di scendere in strada contro gli affrettati decreti varati dal governo che depenalizzano alcuni reati non violenti come l’abuso d'ufficio e il favoreggiamento.

Con questi decreti, adottati nella tarda serata di martedì e subito pubblicati in gazzetta ufficiale – ma anche con altri disegni di legge depositati in parlamento, ad esempio quello relativo alla proposta di amnistia – il governo a guida social-democratica di Sorin Grindeanu si sarebbe - a detta di chi è sceso in strada -  soprattutto preoccupato di salvare i politici corrotti.

I socialdemocratici (PSD) guidati da Liviu Dragnea, presidente della Camera dei deputati e anche lui con problemi giudiziari che gli hanno impedito di ricoprire la carica di primo ministro, sono al governo con i liberal-democratici (ALDE) del presidente del Senato, Călin Popescu Tăriceanu. Alle politiche di dicembre il PSD ha vinto con quasi il 45% dei voti mentre l’affluenza al voto è stata tra le più scarse nella Romania post '89: attorno al 40%.

E sono molti tra quelli che non hanno votato, non sentendosi rappresentati dai candidati in lizza, che ora sono scesi per le strade a protestare insieme ai simpatizzanti dei partiti dell’opposizione parlamentare formata dal Partito Nazionale Liberale, l’Unione Salvate la Romania e il Partito Movimento Popolare. Opposizione che ha già avviato una mozione di censura nei confronti del governo in parlamento, contraccambiata dal PSD con la minaccia di porre il presidente del paese sotto impeachment.

Le proteste

La gente ha iniziato a riversarsi nelle strade della capitale non appena appreso delle nuove misure adottate dal governo e nel corso della giornata di ieri le manifestazioni sono andate ampliandosi. Secondo la stampa romena si tratterebbe delle più ampie proteste dalla caduta del regime comunista durante la rivoluzione del 1989.

“PSD peste rossa”, ”Ladri”, ”Vigliacchi”, alcuni degli slogan intonati. E c'era chi portava ai manifestanti tè caldo, oppure un'azienda di catering che si è offerta di distribuire minestra. Un proprietario di due alberghi di Bucarest ha reso noto di offrire alloggio gratis a chi voleva raggiungere la capitale per protestare.

Intorno alle 22.00 di ieri i manifestanti hanno improvvisato un concerto nei pressi del Museo Antipa, a due passi dal Palazzo Victoria, sede del governo. Qualche minuto dopo si sono sentiti petardi lanciati da alcuni gruppi di persone sia contro la gendarmeria che contro i manifestanti. La stampa romena li ha poi individuati come ultras delle squadre di calcio della Dinamo e del Rapid Bucarest. Ma la maggioranza dei manifestanti ha subito iniziato a gridare "Non siamo con voi” e a prendere le distanze da quanto avveniva.

Poco dopo è intervenuta la gendarmeria, con gas lacrimogeni ed a costretto la manifestazione a sciogliersi.

Le reazioni

In questi giorni di situazione politico-istituzionale fortemente instabile è scesa in campo, con proprie dichiarazioni, anche la responsabile del Dipartimento Nazionale Anti-corruzione (DNA), ente che è stato in questi anni in prima linea nella lotta alla corruzione nel paese. Codruța Kövesi ha dichiarato all'Associated Press, senza mezzi termini, che “le misure adottate renderanno irrilevante la lotta alla corruzione”.

Secondo la Kövesi negli ultimi tre anni il DNA ha lavorato a più di 1170 casi di abuso d’ufficio che avrebbero provocato danni alle casse dello stato per più di un miliardo di euro. La responsabile del DNA inoltre ritiene che la modifica del codice penale non farà che incoraggiare un comportamento illecito dei funzionari e l'abuso degli interessi legittimi di cittadini e persone giuridiche.

Nel frattempo, il ministro della Giustizia Florin Iordache continua a ribadire che le misure intraprese non sono affatto a favore dei politici coinvolti in casi di corruzione e che il decreto approvato d'urgenza dal governo prevede che l'abuso d'ufficio venga comunque punito penalmente se il danno causato supera i 200.000 lei (circa 45.000 euro).

Il presidente della Romania, Klaus Iohannis ha dichiarato al contrario che si tratta di "giorni di lutto per lo stato di diritto (...)” e che la Romania “ha ricevuto un forte colpo dai nemici della giustizia, della ragione e della lotta contro la corruzione”. Iohannis ha inoltre fatto visita all’Ombudsman Victor Ciorbea, chiedendogli di intervenire.

Dall'estero

Anche la Commissione europea ha reagito alle misure prese dal governo di Bucarest. Jean-Claude Junker, il suo presidente, ha inviato un messaggio preoccupato alla Romania: "La lotta alla corruzione deve proseguire, senza passi indietro. Seguiamo con grande attenzione gli ultimi eventi svoltisi in Romania. L’irreversibilità dei progressi registrati nella lotta anti-corruzione è essenziale per la Commissione Europea per quanto riguarda la presa di una decisione per la cessazione del monitoraggio tramite il Meccanismo di Verifica e Cooperazione".

I diplomatici di sei paesi che hanno stretti rapporti con la Romania – Usa, Francia, Germania, Olanda, Belgio e Canada - hanno firmato insieme una lettera indirizza all’esecutivo nella quale oltre ad esprimere la loro “profonda preoccupazione” sottolineano che i decreti varati dal governo hanno minato la lotta anti-corruzione svoltasi negli ultimi 10 anni. Inoltre i diplomatici hanno sottolineato che la decisione del governo rischia di compromettere i partenariati internazionali basati su valori comuni.

Intanto le decisioni del governo hanno iniziato a raccogliere le prime prese di distanza anche in seno alla stessa maggioranza di governo. La parlamentare social-democratica Aurelia Cristea, in parlamento da vent'anni ed ex ministra per il Dialogo Sociale, si è dimessa dal partito. In un'intervista per RFI (lingua romena), Cristea ha affermato che “i decreti sono stati approvati per salvare Liviu Dragnea (presidente del PSD, ndr) dai sui problemi con la giustizia ma anche altri parlamentari che hanno commesso abusi d’ufficio”.

Si è dimesso inoltre oggi il ministro per le Aziende, il Commercio e l'Imprenditorialità Florin Jianu. Quest'ultimo su Facebook ha dichiarato, dimettendosi, che non condivide alcune azioni intraprese dal governo e che vuole uscire a testa alta da una storia che non è sua.


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