Johannes Hahn e Denis Zvizdić (foto UE)

Johannes Hahn e Denis Zvizdić (foto UE)

Sono oltre tremila le domande a cui la Bosnia Erzegovina dovrà rispondere per proseguire il cammino verso l'UE. Il questionario della Commissione europea sarà un test difficile ma sarà anche un'occasione per riformare il paese

14/12/2016 -  Andrea Zambelli

(Pubblicato in contemporanea con East Journal )

Il Commissario europeo all'allargamento, Johannes Hahn, ha consegnato venerdì 9 dicembre a Sarajevo al premier bosniaco Denis Zvizdić il questionario della Commissione europea. La Bosnia Erzegovina dovrà rispondere a più di tremila domande - per l'esattezza 3.242 - poste dalla Commissione europea per valutare la situazione nel paese e le riforme necessarie per proseguire nel cammino verso l'UE.

"Questo processo può segnare una svolta per il futuro europeo della Bosnia. Per la prima volta il paese verrà valutato con gli stessi standard che si applicano ad ogni paese membro UE", ha sottolineato Hahn. La redazione delle risposte al questionario rappresenterà uno "stress test" per l'amministrazione pubblica del paese, e richiederà la collaborazione attiva tra i diversi livelli di governo della Bosnia Erzegovina (stato, entità, cantoni), attraverso le procedure stabilite dal meccanismo di coordinamento, per arrivare a presentare nei sei mesi previsti un set unico e coordinato di risposte alle domande della Commissione, che spaziano su tutti i campi delle politiche pubbliche - dall'educazione alla politica estera, all'agricoltura. 

La Bosnia Erzegovina ha depositato domanda d'adesione  all'UE il 15 febbraio scorso. Nel corso di quest'anno le autorità politiche bosniache sono riuscite ad arrivare alla risoluzione di varie questioni aperte da lungo tempo - con la messa in atto della prima fase dell'Agenda di Riforma, l'adozione di un meccanismo di coordinamento sulle questioni europee, e la stipula del Protocollo d'adattamento dell'Accordo d'associazione e stabilizzazione con l'UE, la cui firma è prevista per il 15 dicembre a Bruxelles. Il Consiglio UE ha quindi, lo scorso 20 settembre, deciso di prendere in considerazione la domanda d'adesione della Bosnia Erzegovina e chiedere alla Commissione europea di presentare la propria opinione su di essa.

Il questionario, accessibile online  per intero, è uno strumento diagnostico che servirà alla Commissione per raccogliere informazioni ufficiali sullo stato di avanzamento della Bosnia Erzegovina rispetto ai criteri di Copenhagen (istituzioni democratiche ed economia di mercato) e all'allineamento con l'acquis europeo nei suoi 33 capitoli. Assieme ai risultati di varie missioni di esperti e consultazioni con società civile e organizzazioni internazionali, le risposte delle istituzioni bosniache al questionario permetteranno alla Commissione di redigere poi la propria opinione sulla domanda d'adesione all'UE del paese. L'opinione includerà un rapporto analitico e una serie di raccomandazioni al Consiglio UE sulle riforme necessarie perché al paese richiedente venga concesso lo status di paese candidato ed eventualmente si aprano i negoziati d'adesione. 

L'adesione all'Unione europea è uno dei pochi obiettivi condivisi dalle élite politiche del paese. Dragan Čović, membro croato della presidenza tripartita, ha più volte ripetuto che si aspetta che la Bosnia Erzegovina riceva dal Consiglio UE lo status di paese candidato entro fine 2017. Un obiettivo su cui l'UE non si è pronunciata ma che appare parecchio ambizioso. Soprattutto se, come già appare, i politici nazionalisti inizieranno a porre i propri veti incrociati. I partiti serbo-bosniaci hanno infatti annunciato che ritengono prioritaria la riforma della Corte costituzionale (con l'obiettivo di rimuovere i giudici internazionali che ancora vi siedono), mentre i partiti croato-bosniaci chiedono che si riformi il voto per la Presidenza del paese e la legge elettorale per la città di Mostar, dove dal 2008 non si tengono elezioni dirette.

Certo è che il 2017 sarà un anno privo di campagne elettorali, in cui la politica bosniaca potrebbe concentrarsi sui processi di riforma anziché sulla ricerca del consenso elettorale, che troppo spesso - come nell'ultima campagna per le amministrative - passa per retoriche nazionaliste e referendum. Prima che si inizi a pensare alle elezioni dell'ottobre 2018, quindi, i politici bosniaci potrebbero avere un po' di tempo per riflettere sulle condizioni di vita nel proprio paese e su quanto resta da fare per avvicinarsi agli  standard europei. Ancora oggi a Sarajevo, d'inverno, l'inquinamento da smog è ai massimi e i distacchi delle forniture d'acqua potabile ricordano la mancanza di investimenti in infrastrutture pubbliche. Mentre, sul fronte delle buone notizie, l'adozione di un regolamento sui medicinali nelle scorse settimane ha portato a un calo tra il 10 e il 20 per cento dei prezzi al banco. Il questionario della Commissione, si spera, servirà anche a mantenere il focus su queste questioni concrete.


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