Franc Kramberger

Se ne è andato per limiti di età. Ma in realtà sul suo commiato pesa un gravissimo crack finanziario della diocesi che guidava dalla metà degli anni '80. E' Franc Kramberger, vescovo di Maribor. La chiesa slovena, dal comunismo all'euforia degli affari

18/02/2011 -  Stefano Lusa

Era entrato in scena tra le polemiche e tra controversie ancora maggiori se ne è andato. Il vescovo di Maribor, Franc Kramberger, era stato nominato a metà degli anni '80 alla guida della seconda, per importanza, diocesi slovena, nell’ambito di una serie di avvicendamenti voluti dal Vaticano. La cosa fece andare su tutte le furie le autorità dell’epoca. Non che si avesse nulla di particolare contro il prelato, ma semplicemente si credeva che quel posto spettasse a Vekoslav Grmič, che per 12 anni era stato vescovo ausiliario della città.

I comunisti infatti apprezzavano le posizioni “progressiste” di quest’ultimo e le sue tesi che volevano il “socialismo più vicino al vangelo”. Per il regime, la manovra aveva chiaramente l’obiettivo di emarginare Grmič e lui stesso non mancò di mandare una lettera risentita al pontefice. Giovanni Paolo II in quel periodo era impegnato a dare un maggiore rigore dottrinario ed uniformità alla chiesa e il “socialista” Grmič non rientrava certamente nei piani del Vaticano.

L'addio

L’uscita di scena di Kramberger non è stata però accompagnata da polemiche di natura ideologica ma da scandali economici. Il prelato ufficialmente se ne è andato per raggiunti limiti d’età, ma nel suo discorso di commiato ha chiesto scusa anche per i suoi errori in campo finanziario.
 

Il pontefice l’ha sollevato dall’incarico agli inizi di febbraio, dopo che sul settimanale italiano “L’Espresso” era uscito un articolo in cui si accusava la sua diocesi, ovvero le società finanziaria ad esse connessa, di aver creato un buco di “un miliardo” di euro. Da Maribor hanno subito precisato che le cifre non reggono, ma non hanno negato la profonda crisi in cui versano le società della diocesi.

Anime ed affari

La storia iniziò già negli anni Novanta quando la chiesa, oltre che ad occuparsi dei fedeli, pensò bene di entrare anche nel mondo degli affari. Con il crollo del regime comunista per i vertici ecclesiastici le cose cambiarono repentinamente. Dopo aver giocato, per quarant’anni, un ruolo marginale finalmente poterono tornare a rinverdire i fasti del passato in tutti i settori della società: anche in quello imprenditoriale.

In Slovenia il clero aveva tradizionalmente avuto un ruolo centrale ed aveva acquisito un notevole patrimonio immobiliare che il regime comunista aveva nazionalizzato in fretta e furia. Dopo l’indipendenza castelli, monasteri, boschi e terreni vennero in gran parte restituiti alla chiesa, che si trovò nuovamente a gestire un cospicuo patrimonio.

La diocesi di Maribor così, cominciò coraggiosamente a muoversi nel mondo della finanza fondando una banca, delle società d’affari e acquisendo un’impresa che operava nel settore delle telecomunicazioni, la T-2. Fare business in Slovenia del resto sembrava cosa “buona e giusta”. Il mercato azionario tirava e investire in borsa pareva un gioco da ragazzi visto che le azioni erano in costante rialzo.

Non furono pochi i piccoli risparmiatori che affidarono i loro soldi alle società controllate dalla chiesa, si parla ora di circa 60.000 persone. Negli anni del boom la T-2 pensò bene di lanciarsi nell’ambizioso progetto di munirsi di una propria rete a fibra ottica. L’impresa offriva ai cittadini connessioni telefoniche ed internet di nuova generazione, nonché un nutrito pacchetto di programmi televisivi via cavo.

Programmi a luci rosse

Proprio a causa della TV ben presto nacquero le prime polemiche. In Slovenia sono molto diffusi vari tipi di collegamento via cavo o satellitari; mentre soltanto 1/3 della popolazione riceve il segnale televisivo attraverso le tradizionali antenne. Nell’offerta delle TV a pagamento, ovviamente, non manca nemmeno una ricca scelta di canali per soli adulti.

Questi ultimi non potevano mancare neppure nel pacchetto della T-2, anche se il fatto che una società di proprietà dei vescovi avesse programmi a luci rosse non mancò di suscitare ilarità o stizzite reazioni. Era sin troppo semplice accusare la chiesa di avere una doppia morale: da una parte difendeva i valori della famiglia tradizionale e chiedeva costumi sessuali morigerati, dall’altra non si preoccupava di offrire filmini pornografici per far cassa. Ad onor del vero la curia avrebbe visto di buon grado la cancellazione di quei programmi, ma si dovevano fare i conti con i circa 100.000 abbonati e con il danno economico che ci sarebbe stato se si fosse deciso di togliere quei canali.

In ogni modo l’allegra gestione delle finanze delle società legate alla diocesi di Maribor è stata presa in esame da un “visitatore apostolico” , inviato dal Papa, che non ha potuto far altro che constatare la gravità della situazione.

Santa sede non informata

Quello che sembra emergere è che la diocesi abbia agito senza tener conto delle severe regole del Vaticano in materia di investimenti e senza che la Santa sede ne fosse informata in alcun modo. Sta di fatto che ora ci sono molti soldi da restituire alle banche, che hanno allegramente concesso finanziamenti alle società dei preti. Per ottenerli sono state date in garanzia azioni, che ora sono poco più che carta straccia e persino qualche edificio di proprietà del clero.

Quello che è più grave, però, è che a rimetterci potrebbero essere i piccoli risparmiatori che hanno affidato i loro soldi alle società dei vescovi. La Conferenza episcopale slovena, che in questi giorni sta cercando di correre ai ripari, sembra compatta nel ribadire che cercherà prima di tutto di tutelarli. Ora si promette di voler far chiarezza e di essere intenzionati a punire esemplarmente i responsabili. Il colpo, comunque, per la chiesa è durissimo ed il danno d’immagine è evidente.

Il clero sloveno del resto, all’inizio di quest’anno ha dovuto già digerire la rimozione del suo più prestigioso rappresentante a Roma. Il cardinale Franc Rode, pur restando uno degli uomini importanti della curia pontificia, ha perso il posto di Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, ufficialmente per raggiunti limiti d'età. Non sono però mancate velenose speculazioni sulle sue amicizia con Marcial Marciel, il contestato fondatore della congregazione dei Legionari di Cristo.


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