NLB - Le Courrier des Balkans

Tra il 2009 e il 2010 quasi un miliardo di dollari sarebbero transitati dall'Iran verso gli Stati uniti tramite la Nova Ljubljanska Banka (NLB). Nonostante le sanzioni in atto. Il dibattito nel paese

04/07/2017 -  Charles Nonne

Al cuore di uno scandalo diplomatico-finanziario che sta scuotendo la Slovenia vi è un ingegnere elettronico, un certo James Robert Baker. Nato in Iran, l'ormai sessantenne è arrivato negli Stati Uniti con il nome di Majid Karimi, per poi cambiarlo ed acquisire la cittadinanza americana nel 1985. Quello stesso anno è stato assunto presso la Naval Sea Systems Command (NAVSEA), una delle principali aziende fornitrici della marina americana.

Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 James Robert Baker fu costretto a rinunciare alla sua doppia cittadinanza a seguito di nuove regole anti-terrorismo. Gli venne imposto anche di consegnare il suo passaporto iraniano cosa che dichiara di aver fatto al proprio datore di lavoro. Le autorità americane si accorgono qualche settimana dopo che nel frattempo aveva fatto un viaggio in Iran con i suoi documenti iraniani. James Robert Baker riuscì in quel caso a convincere la NAVSEA della sua buona fede.

Servizi segreti sul chi vive

Baker è rimasto comunque sotto lo stretto controllo dei servizi. Nel 2009 questi ultimi hanno individuato un versamento di 133.902 dollari emesso dalla Nova Ljubljanska Banka (NLB) verso un conto intestato a Majid Karimi presso la banca BNY Mellon. I soldi provenivano dalla banca Al Samaa LTD, con sede negli Emirati arabi uniti e proprietà dell'iraniano Ira Farrokhzadeh.

Nei primi sei del 2016, durante una perquisizione nell'abitazione di James Robert Baker e poi in una banca vicina dove l'uomo possedeva una casetta di sicurezza, l'esercito americano ha ritrovato vari passaporti iraniani e quattro diversi numeri di sicurezza sociale appoggiati a conti bancari differenti. Immediatamente sospeso da ogni incarico presso la NAVSEA, James Robert Baker si trova da allora in libertà vigilata in attesa di giudizio.

Nel 2009 Teheran era sotto forti sanzioni internazionali a causa del suo programma nucleare. Questo però non ha impedito a Ira Farrokhzadeh di aprire un conto presso la NLB. La banca slovena era allora proprietà congiunta dello stato e della belga KBC. In un anno, tra il 2009 e il 2010, sarebbe transitato via NLB da Abou Dabi agli Stati uniti quasi un miliardo di dollari.

L'Ufficio sloveno per la prevenzione contro il riciclaggio, la Banca centrale di Slovenia e la polizia ne erano stati avvertiti, ma nessuna misura è stata mai adottata. E' stato necessario che la NLB avviasse un'indagine interna per far decidere, alla Banca centrale slovena, la chiusura definitiva del conto intestato a Ira Farrokhzadeh.

L'ex direttore dei Servizi segreti sloveni, Iztok Podbregar, prova a spiegare il perché gli iraniani possano aver scelto la Slovenia: “La Slovenia è un piccolo paese della periferia dell'Ue, nel quale si pensa non vi siano grandi controlli”. “Non dimentichiamoci che sono molti gli iraniani a conservare buone relazioni con questo paese dell'ex Jugoslavia sin dall'epoca dei non-allineati”, ricorda dal canto suo Uroš Svete, specialista di questioni legate alla difesa dell'Università di Lubiana. “Per un paese strutturato e ben organizzato come l'Iran la scelta della Slovenia non può essere stata fatta a caso”.

Resta da scoprire a che cosa servisse quel denaro: finanziamento del terrorismo internazionale, finanziamento di attività di spionaggio negli Stati uniti o semplice riciclaggio di denaro? La difesa della NLB si è limitata ad un comunicato stampa laconico, dove emerge stupore sul fatto che la questione sia scoppiata proprio ora e si conclude affermando che dopo le riforme degli ultimi anni la NLB è ormai “internazionalmente riconosciuta come una delle migliori” banche nella lotta al riciclaggio del denaro sporco.

La NLB è comunque coinvolta in un altro caso che riguarda l'Iran. Denaro proveniente dalla iraniana Export Development Bank sarebbe transitata su suoi conti per finire in altri paesi dell'Unione europea e in alcuni paradisi fiscali. Questo incrina un po' di più l'immagine della prima banca di Slovenia, già tirata in causa per crediti tossici che hanno portato alla crisi bancaria del paese nel 2013.

La destra si scatena, Pahor si difende

Il Partito democratico sloveno (SDS) dell'ex primo ministro Janez Janša ha subito approfittato della questione, ribattezzandola IranNLBgate. Un'occasione per attaccare i social-democratici, al potere al momento dei fatti. Il presidente della Commissione di sorveglianza dei servizi segreti, Branko Grims (SDS), ha accusato di negligenza le autorità preposte al controllo, le banche e i giornalisti.

Il canale di informazione Nova24TV, conosciuta per essere organo di comunicazione dell'SDS, ha sostenuto una vera e propria offensiva mediatica spiegando che “né i giornalisti di RTV Slovenija e di POP TV, né i giornalisti di Delo e della STA [Agence di stampa della Slovenia] hanno ottemperato al loro dovere di informare i cittadini”.

Primo ministro al momento dei fatti, l'attuale presidente Borut Pahor ha deciso di emettere un comunicato per chiarire i fatti e la sua buona fede. A qualche mese dalle elezioni presidenziali la questione rischia in effetti d'essere un serio impedimento alla sua rielezione.


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