Sono molte le ragazze kosovare che sposandosi rispolverano antiche tradizioni, quelle che i loro genitori avevano messo da parte

10/10/2014 -  Nora Shabani

(Pubblicato originariamente da Koha.net il 7 settembre 2014, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBC)

Un piede nella modernità e l'altro nella tradizione. Con gli anni, le cerimonie nuziali in Kosovo sono cambiate. Nonostante questo molte ragazze che si sposano sembrano ora voler tornare alla tradizione, anche se gli etnologi sottolineano come “la trasformazione” delle tradizioni è inevitabile e che i “costumi non si possono preservare costi quel che costi”.

18 anni fa, quando si è sposata, Xhevide ha deciso di non rispettare i costumi tradizionali: ha rifiutato di portare il velo rosso e ha deciso di non piangere nella “serata dell'Henné”. Una scelta che ha stupito i suoi familiari: sino ad allora non avevano visto nessuna donna che si sposava senza piangere.

“Nessuno mi ha obbligato a sposarmi, perché allora piangere? E' normale essere tristi di lasciare la propria famiglia, ma è un passo naturale, da farsi prima o poi”, si giustifica. “Dopo di me so che molte ragazze del villaggio non hanno pianto quando si sono sposate ma ho anche sentito dire che in questi ultimi anni questa tradizione sta ritornando”.

Il ritorno alle tradizioni, un fenomeno recente

In effetti è riscontrabile che si stia ritornando ad alcune tradizioni del passato, in chiave però moderna. In passato le ragazze piangevano dal mattino sino alla sera. Abbracciavano durante i singhiozzi i parenti e le altre persone presenti alla festa. I pianti erano poi particolarmente intensi la sera, quando, accompagnate da un tamburino, le ragazze presenti intonavano canti sulla famiglia che la futura sposa stava abbandonando.

Adelina ha scelto di seguire la tradizione delle lacrime, ricoperte da un velo rosso, ma non tutto il giorno, come si faceva in passato. Ha prima danzato e poi la sera si è cambiata i vestiti, si è coperta la testa con un velo rosso ed ha pianto per più di un'ora. “Ho deciso di piangere con il velo, affinché la mia cerimonia fosse come quelle del passato. Al giorno d'oggi le ragazze non piangono perché la ritengono una tradizione fuori moda, vogliono farsi vedere moderne”, racconta Adelina.

Durante la serata le sue amiche e parenti hanno cantato “le stesse canzoni che si cantavano in passato”. “Piangi, mia bella, quando la luna brillerà, tua madre ti mancherà”, dice una di queste.

Canzoni che nominano fratelli, zie, sorelle, zii e amici. Poi, quando la futura sposa è ormai stanca di piangere, si lascia spazio ai canti più leggeri, con i quali si prende in giro il marito. “Il vento soffia ed ha fatto cadere la balla di fieno che ha schiacciato tuo marito, quella canaglia”. Dopo i canti Adelina ha segnato con dell'henné le dita di ciascuna delle ragazze presenti, a ricordo della giornata.

Un'altra tradizione che sta ritornando in voga è proprio quella dell'uso dell'hennè, che dà il nome alla cerimonia nuziale, appunto “dell'henné”. Mettere dell'henné sulle mani delle ragazze che si sposano segna il passaggio dallo stato di ragazza non sposata a quello di moglie. “Piangi mia bella, piangi ad alta voce, non sarai più ragazza”.

Canto dopo canto, la futura moglie si cambia, indossando vari vestiti e lasciando qualche indumento alle amiche, in suo ricordo. Quando infine le si chiede, in un canto, cosa lascerà a sua madre, lei lascerà su una parete le tracce in henné delle sue mani.

Adattarsi alle nuove cerimonie nuziali

Edina desiderava ritornare alla tradizione dell'henné. “Ho voluto fare come in passato. E' stato molto interessante, per me e per le mie amiche e per tutti i presenti. E poi è stato emozionante”.

Secondo la tradizione, affinché la futura sposa abbia come primo figlio un maschietto, è anche necessario che un ragazzino sia presente nell'auto del corteo nuziale sulla quale si trova la sposa. Quest'ultimo dovrà poi rotolarsi sul letto sul quale riposeranno gli sposi nella loro prima notte di nozze. E naturalmente è sempre un ragazzino che alzerà il velo della sposa una volta che quest'ultima è giunta nella sua nuova famiglia.

Per l'etnologo Valon Shkodra tutto questo dimostra l'aspetto patriarcale delle culture popolari. “Anche se alcune famiglie hanno accettato i nuovi valori, vogliono comunque rispettare i costumi tradizionali per mantenere dei punti di riferimento”. Naturalmente dato che ora la maggior parte delle cerimonie nuziali ha luogo in apposite sale, le usanze tipiche subiscono varie modifiche.

Un nuovo che non inquieta

Le cerimonie tradizionali continuano anche dopo l'arrivo della sposa nella sua nuova famiglia. Inizialmente le si augura "di non mettere più il velo in testa" - una metafora per dire che non dovrà mai risposarsi - e che abbia dei figli. Infine si intonano dei canti che prendono cordialmente in giro il marito. La sposa allora danza e le si getta in testa del riso o dello zucchero. Per evitare il malocchio si rompe un bicchiere o un piatto.

"In tutto questo vi è una forma di umorismo, ma è anche per alcuni versi umiliante. E' la sussistenza di una mentalità che vede la sposa come un 'bottino'", sottolinea Shkodra.

A suo avviso questo ritorno alle tradizioni è innanzitutto una moda e in ogni caso la tradizione non rinascerà identica al passato. Negli ultimi tempi inoltre Shkodra sottolinea vi sia anche un ritorno al modo di vestirsi tradizionale. E non interpreta questo ritorno al passato come inquietante: "Vedo questi cambiamenti come un qualcosa di normale. Non ho né paura che questa tradizione vada persa e neppure di veder arrivare altre mode. Non c'è da inquietarsi perché l'essere umano è stato creato per evolvere. Si adatta all'ambiente, ai luoghi, alla società".


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