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Sviluppo economico? Cooperazione allo sviluppo? Nei Balcani i due ambiti s'intersecano sempre più. In Macedonia per promuovere le giovani aziende si tenta per la prima volta la strada degli incubatori d'impresa. Una sfida assunta da realtà no-profit. Un'intervista

18/03/2010 -  Risto Karajkov Skopje

In tutta l'area dei Balcani si assiste ad un aumento del sostegno allo sviluppo economico attraverso interventi di cooperazione internazionale. L'Assemblea delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2005 Anno Internazionale del Microcredito, il cui inventore Muhammad Yunus ha vinto il premio Nobel nel 2006. L'Unione europea a sua volta sta investendo sempre più sulla promozione dell'imprenditoria nella Regione, come dimostrato da numerosi documenti orientativi sul tema che considerano gli incubatori d'impresa strumenti utili alla creazione di nuovi posti di lavoro. Un'intervista a Ljupco Despotovski, direttore del primo incubatore d'impresa a Skopje, gestito dalla Fondazione Youth Entrepreneurial Service (YES).

Come possono gli incubatori aziendali contribuire allo sviluppo economico di un Paese?

Affinché in una società si arrivi ad uno sviluppo sostenibile è necessario il coinvolgimento di un gruppo esteso di soggetti, tra i quali gli incubatori d'impresa che possono contribuire significativamente al consolidamento dello spirito imprenditoriale all'interno di una comunità. In tal senso, uno o pochi incubatori in un paese possono dare un minimo contributo, mentre decine di incubatori riescono a fare molto di più. Ad esempio, se in Macedonia ci fossero 30 incubatori, ognuno impiegato per dieci nuove aziende, ci sarebbero ben 300 imprese. Gli edifici (che sono spesso di proprietà dello Stato, n.d.r.) inutilizzati o abbandonati potrebbero essere convertiti in incubatori aziendali e funzionare da motori della crescita economica e se, su larga scala, si aggiungessero sovvenzioni alla locazione e incentivi per le nuove imprese, l'effetto sarebbe evidente.

Qual è il ruolo fondamentale di un incubatore aziendale?

Senza dubbio il sostegno alla nascita di nuove imprese. Ma dobbiamo investire anche nella creazione di un nuovo approccio all'imprenditorialità. In tutta l'area dei Balcani i giovani mostrano poco interesse ad avviare un'attività e ciò vale, soprattutto, per la Macedonia. Noi cerchiamo di dimostrare che esiste la possibilità di cambiare lo stato attuale di crisi sul lavoro e che non è necessario emigrare per poter condurre una vita normale. Ecco che invitiamo i giovani a rivolgersi a noi, invece di attendere passivamente degli aiuti o di concentrarsi solo su come emigrare. Attraverso il pagamento di un affitto molto basso per gli spazi dove avviare l'impresa, l'ottenimento di varie sovvenzioni e sussidi finanziari oltre che la consulenza di esperti del settore, diamo loro gli strumenti per costruirsi un futuro e a casa propria.

L'approccio culturale è la soluzione alla crisi economica e alla mancanza di risorse?

A mio parere, l'approccio culturale ha una gran voce in capitolo. Le nuove generazioni hanno il giusto desiderio di migliorare il loro status economico, ma sono molti coloro che desiderano guadagnare subito senza fare alcun sacrificio. Ecco che in questo caso, il problema è soprattutto culturale. Parliamo di etica del lavoro, ma anche di autostima e di capacità di lavorare in autonomia.

Possiamo ipotizzare che ci sono i propositi, ma mancano le risorse?

La mancanza di risorse è un dato di fatto, però ritengo che continuare a dire che “siamo in un periodo di transizione...” sia troppo facile. Va sottolineato che abbiamo ereditato dal governo socialista una certa ostilità all'iniziativa privata, quasi una paura ad avviare iniziative individuali oltre che ad un basso livello di autostima... inoltre, la gente è più disinvolta con i soldi altrui! Ho letto di recente che le imprese comunali [gestite dalle municipalità macedoni, n.d.r.] hanno chiesto al governo centrale la cancellazione dell'ingente debito accumulato fino ad oggi legato a tasse non pagate.

Perché il settore privato dovrebbe essere da meno? In Macedonia la cattiva gestione viene purtroppo ancora ricompensata. Non credo che un manager di un'impresa pubblica nell'Ue possa essere premiato per la sua cattiva gestione anche se, in parte, con l'attuale crisi finanziaria abbiamo assistito a piani di salvataggio delle aziende europee. Il governo macedone dovrebbe contribuire anche alla nascita e allo sviluppo di un nuovo approccio culturale. Ad esempio, oltre alla campagna di promozione dell'istruzione, dovrebbe realizzarne una anche per chi si prepara al mondo del lavoro.

Gli incubatori funzionano tutti allo stesso modo?

No, ci sono delle differenze. Alcuni elementi sono standard: il flusso di persone e di idee, la gamma di nuove potenziali aziende tra le quali alcune accedono all'incubatore come beneficiarie, e chiamate “affittuarie”. Molti altri elementi sono diversi tra loro. Gran parte degli incubatori nei Balcani, creati negli ultimi anni, sono no-profit, mentre altrove esistono incubatori che fungono da vere aziende. Insieme ad alcuni nostri partner stiamo infatti lavorando per andare in questa direzione. Ovviamente in quest'ultimo caso, le regole sono diverse: è più difficile per una giovane impresa accedere agli incubatori e il costo del servizio varia a seconda della partecipazione delle società affittuarie. Comunque ad oggi il modello no-profit è quello dominante, il che è comprensibile visto il ruolo sociale che assumono nello sviluppo del paese.

Cosa può offrire l'incubatore aziendale che le giovani società non possono ottenere altrove? In che modo può aiutarle?

Può sembrare retorico, ma l'incubatore offre un buon ambiente aziendale. E questo è un fattore importante. Un conto è, ad esempio, se sei da solo, hai il tuo ufficio in una zona residenziale, e un altro se sei circondato da altre 20 società, da colleghi, da soci. Incontri persone simili a te, con cui condividere obiettivi e nuove sfide. In tal modo si creano contatti importanti. Ovviamente a ciò si aggiungono le infrastrutture, un buon luogo di lavoro, un affitto basso e la disponibilità di soluzioni tecniche. Inoltre ultimamente, grazie ad un progetto nuovo, vengono offerte anche sovvenzioni per incentivare le nuove assunzioni.

Il suo incubatore aziendale è interessato principalmente al settore IT. È così per tutti gli incubatori?

Sì, noi lavoriamo soprattutto con le neonate società dell'Information Technology (IT), settore che in Macedonia ha registrato negli ultimi 5 anni la crescita maggiore. Ad esempio, lo scorso anno, il tasso di crescita è stato del 17 %, il che rappresenta un'alta percentuale per il mercato macedone. Questo dato indica che ci sono buone possibilità di sviluppo, sebbene esistano anche in questo settore alti e bassi. Tuttavia, molti incubatori nella Regione si occupano un po' di tutto. Ritengo semmai che andrebbe chiarita meglio alla popolazione la differenza tra parco industriale e incubatore. Difatti spesso le persone confondono l'incubatore aziendale, che si occupa maggiormente di servizi, con il cosiddetto parco industriale, più orientato alla produzione e spesso crea lavoro con aziende già esistenti che subentrano per un affitto più economico.

Qual è la sfida più importante per le nuove imprese nella regione?

Penso siano due i problemi maggiori da affrontare: un'adeguata formazione e un accesso facilitato ai finanziamenti. Le nuove imprese hanno sempre bisogno di know-how e l'accesso ai finanziamenti non è facile. I mercati finanziari non riescono a crescere, c'è poca disponibilità di capitale di rischio e le banche non concedono prestiti alle giovani imprese. Poi, ad esempio, il regolamento sulla proprietà intellettuale è ancora un concetto del tutto nuovo, per cui si hanno società che vogliono vendere all'estero ma non sono in grado di far fronte alla macchina burocratica, e così aprirsi all'export. E ritengo che la cosa più importante sia avere un'adeguata formazione.


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