Piazza Syntagma, moderna agorà della democrazia greca, è a pezzi. La piazza di Atene, situata di fronte al parlamento greco, in questi anni è stata ridotta a campo di battaglia da numerose manifestazioni sfociate in guerriglia urbana.
“Non ci vedo niente di male”, ha risposto sibillino il premier bulgaro Boyko Borisov. Lo scoop, uscito nelle scorse settimane, è del quotidiano “Presa”: la squadra di calcio dilettante del “Vitosha Bistritza”, di cui Borisov è centravanti e stella assoluta, ha utilizzato l'Airbus governativo per andare al mare, a Varna, e giocare un'amichevole contro il “Chavdar” di Etropole, formazione di cui è presidente un altro politico di maggioranza, il parlamentare Emil Dimitrov.
Un'edizione rilegata del classico del pensiero cinese “L'arte della guerra” di Sun Tzu, con una dedica in bella vista sulla pagina d'apertura, tratta dall'opera stessa: “Se non puoi sconfiggere un avversario, o fartelo amico, meglio lasciarlo stare”.
Tutti i politici hanno un sogno: entrare, presto o tardi, nei libri di storia. Non molti, però, hanno la fortuna di realizzarlo in vita, o addirittura ancora in carica. Boyko Borisov, volitivo premier bulgaro al primo mandato, può dire di avercela fatta.
Momento storico? Coraggio? Opportunismo politico? La stretta di mano tra l'ex presidente serbo Tadić e il premier kosovaro Thaçi, avvenuta la scorsa settimana a margine del “Croatia summit” di Dubrovnik, ha scatenato reazioni contrastanti.
Al vertice UE del prossimo 28-29 giugno erano gli ospiti più attesi. E invece il nuovo premier greco Antonis Samaras e il suo ministro delle Finanze, Vassilis Rapanos, non ci saranno. Sono entrambi in ospedale: Samaras per un'operazione alla retina, Rapanos (economista di area PASOK) per un malore che gli ha impedito di prestare giuramento.
Sabato 16 giugno 2012. Le cinque di pomeriggio. Un gruppetto di turisti vocia di fronte al cancello d'entrata all'acropoli di Atene, il monumento più noto della capitale ellenica e icona della Grecia nel mondo. Il cancello però è chiuso, anche se la targa scintillante all'ingresso riporta che l'orario d'apertura è fino alle otto.
In questi giorni, le tante voci che ho sentito per riflettere sulle elezioni in Grecia erano d'accordo su un punto: esercitare pressioni dall'esterno sugli elettori ellenici è un esercizio sicuramente sterile, e molto probabilmente controproducente. La cosa è tanto più vera se i “consigli elettorali” vengono dalla Germania, paese che al momento non gode di grandi simpatie ad Atene e dintorni.
Pochi, ma (poco) buoni. Il 2012 non sembra l'anno dei Balcani agli europei di calcio. Solo due le squadre della regione in Polonia e Ucraina (quattro anni fa erano il doppio), entrambe senza i favori del pronostico: Grecia e Croazia.
Se la televisione è lo specchio (seppur deformato) di un paese, la crisi ha trasformato la Grecia in un campo di battaglia, senza rispetto per le regole, né per gli avversari.