Andrej a Belgrado, di Gianguido Palumbo, Edizioni Ediesse 2002

Le storie di otto anziani. "Andrej a Belgrado" di Gianguido Palumbo ed edito da Ediesse, è un'opera in cui si intrecciano versi, immagini, racconti, informazioni e riflessioni, tracce narrative a scandire il respiro di una bella e tragica Belgrado.

05/10/2004 -  Davide Sighele

Andrej a Belgrado, di Gianguido Palumbo, Edizioni Ediesse 2002

Uno sguardo su Belgrado di un'attenta delicatezza e di una curiosità rispettosa e non invadente. Frutto di lunghe passeggiate sulle rive della Sava, tra la vegetazione rada del parco della fortezza di Kalemegdan, ma anche nella multiforme ed esplosa periferia dell'unica vera metropoli dei Balcani.
15 brevi racconti, quindici storie i cui protagonisti sono persone anziane che hanno vissuto la loro Jugoslavia e che sono sopravvissuti ai dieci anni di Milosevic con la marginalità di chi ha già vissuto e già visto ma non ha rinunciato alla passione, alle piccole felicità della quotidianità, alle lacrime.
"Andrej a Belgrado" di Gianluigi Palumbo non è un libro sul vissuto personale di un "cooperante" (Palumbo è arrivato a Belgrado nella veste di consulente per il MAE, esperto in cooperazione allo sviluppo), arrivato nei Balcani e che ha poi sentito l'esigenza di riflettere il disagio respirato. E' un libro che vive questi ultimi anni senza prescindere dai quarant'anni che vi sono stati prima. Non si ferma a quegli anni " '90" che, come canta Balasevic, cantautore serbo, nessuno rimpiangerà. Non sfrutta la mediaticità della tragedia e proprio per questo la rispetta profondamente.
Belgrado è la grande protagonista di questi racconti. E spesso le descrizioni delle sue vie, dei suoi fiumi, della gente che li attraversa sui grandi ponti risparmiati dalle bombe NATO, assumono un carattere metaforico. Come le fotografie pubblicate, che si intrecciano ai racconti ed alle poesie. L'occhio di Palumbo è affascinato dalla linearità essenziale dell'orizzonte, di una strada diritta, dell'argine con un lungo respiro, dello spazio geometrico disegnato dalle strisce pedonali. E poi compare marginale e minuta una figura umana, due anziani su di una panchina, un manichino; che contemplano le prospettive senza provare ad aggrapparvisi, senza evitare il loro inevitabile ma presente fuggire.
I racconti girano sapientemente attorno ad un vecchio insegnante belgradese di origine russa, Andrej, appassionato di scacchi. E' lui ad iniziare al gioco Mihail, una vita da operaio in una grande segheria; è lui ad assaporare sulla chiatta di Darko, ancorata alla riva della Sava poco prima che quest'ultima si sciolga nel Danubio, una zuppa di pezzi di carpa, pesce gatto, teste di luccio. E poi altri sei personaggi di diverse origini e condizioni attraverso i quali si delinea una grande città europea e balcanica, "che l'Italia ha tanto vicina da potervisi specchiare, a volte senza accorgersene".
Un libro di cui consigliamo vivamente la lettura.


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