Un museo che intende trasmettere una visione transnazionale della storia europea. Un progetto ambizioso che non ha evitato polemiche e critiche. Un'intervista alla sua direttrice Taja Vovk van Gaal
A maggio 2017, nell'anno in cui ricorre il sessantesimo anniversario dalla firma dei Trattati di Roma, verrà inaugurata a Bruxelles la Casa della storia europea . Il museo, promosso dal Parlamento europeo, avrà l’ambizioso compito di narrare la storia del continente e della sua integrazione politica. Negli ultimi anni il progetto ha fatto discutere, soprattutto per quanto riguarda la necessità e le modalità di presentazione di un “passato europeo”. Tra le numerose tematiche sul tavolo, sarà interessante verificare quali spazi verranno dedicati all’Europa sud-orientale e alle vicende di una regione in parte ancora esclusa dall’integrazione politica continentale. In particolare, affrontando un secolo segnato dai conflitti come il Novecento, risulterà importante capire quale significato verrà assegnato alle guerre di dissoluzione jugoslava.
La Casa della storia europea rappresenta il principale tentativo di politica della storia e della memoria promosso dalle istituzioni europee. Per ospitare le sue esposizioni a Bruxelles è stato appositamente ristrutturato palazzo Eastman, storico edificio a pochi passi dal Parlamento. Il progetto venne lanciato nel 2007, nell’ambito di una più ampia politica volta a consolidare la legittimazione dell’UE attraverso il rafforzamento delle basi culturali dell’integrazione. La portata di questo tipo di operazioni evidenzia come nell’ultimo decennio si sia cercato di superare l’approccio tradizionalmente prudente su questi temi tenuto dalle istituzioni europee.
Le polemiche tuttavia non sono mancate. In primo luogo sono stati contestati gli elevati costi del progetto in tempi di crisi economica. Sono quindi emerse le divergenze interne a un soggetto politico come il Parlamento europeo, che ospita anche formazioni contrarie a ogni tipo di politica di integrazione culturale. Critiche più puntuali hanno inizialmente riguardato l’impostazione dall’alto dell’iniziativa e la scelta di superare le narrazioni nazionali con quella che è stata percepita come un’operazione di ingegneria culturale altrettanto discutibile. Negli ultimi anni, tuttavia, il progetto ha conosciuto una significativa revisione che ha favorito un maggiore coinvolgimento di accademici e museologi, ridimensionando il peso dell’agenda politica sulla rilettura del passato.
In tempi di crescente nazionalismo, la costituzione di un luogo di confronto e riflessione transazionale sulla storia europea è vista dai proponenti come un’opportunità. Sarà tuttavia decisiva in questo senso la capacità dell’istituzione di confrontare e includere divergenze e complessità. Indicazioni possono venire dalla posizioni riservata all’Europa sud-orientale: peseranno gli storici pregiudizi culturali, il balcanismo o le difficoltà nel rapporto con la tradizione islamica della regione? Se lo slogan dell’Unione “unita nella diversità” sintetizza lo spirito costitutivo del progetto politico continentale, la narrazione prodotta dalla Casa della storia europea si troverà a esplicitare concretamente quali storie e culture hanno titolo a far parte di tale orizzonte unitario.
Appare particolarmente complessa l’inclusione delle guerre di dissoluzione jugoslava, che hanno coinvolto paesi membri e paesi che attraversano fasi diverse del processo di integrazione. I conflitti degli anni Novanta, inoltre, rappresentano un passaggio in qualche modo problematico per una rappresentazione del passato talvolta ridotta a una “narrazione di pace” sul continente dopo le violenze della Seconda guerra mondiale, coronata dall’assegnazione del Nobel per la pace all’Unione Europea nel 2012. La crisi jugoslava, all’epoca presentata come “l’ora dell’Europa”, rivelò infatti i limiti della politica europea, in difficoltà nei propri tentativi di prevenire o risolvere il conflitto.
Fino ad oggi, le informazioni trapelate sugli effettivi contenuti dell’esposizione della Casa della storia europea sono limitate a pochi documenti programmatici e a una brochure divulgativa. In attesa dell’imminente apertura, abbiamo chiesto a Taja Vovk van Gaal – storica e curatrice slovena dal 2011 alla guida del progetto – di chiarire alcune questioni. Pur offrendo un interessante quadro generale, la responsabile ha preferito mantenere il riserbo rispetto ad alcuni temi. Ci vorranno ancora le poche settimane che ci separano dal 6 maggio, quando sarà possibile esplorare l’esposizione, per avere un quadro più completo della rappresentazione del passato che la Casa della storia europea offrirà ai propri visitatori.
Dopo una lunga gestazione, nell’anno in cui si celebra il Sessantesimo de Trattati di Roma, la Casa della storia europea aprirà le proprie porte al pubblico. Qual è oggi il significato di un'istituzione volta a raccontare la storia d'Europa?
La Casa della storia europea si propone di trasmettere una visione transnazionale della storia europea, tenendo conto sia della sua diversità che delle sue numerose interpretazioni e percezioni. La Casa si propone di contribuire alla comprensione della storia europea e del più ampio contesto globale, stimolando il dibattito sull'Europa e sul processo di integrazione. L'esposizione permanente si focalizzerà principalmente sulla storia europea del ventesimo secolo e sulla storia dell'integrazione europea, considerate da un'ampia prospettiva storica, riportando sia le esperienze contrastanti che quelle condivise vissute in passato dagli europei.
Come sarà organizzata l’esposizione permanente? Quanto spazio sarà dedicato alla storia generale del continente e quanto al processo di integrazione inaugurato dai trattati degli anni Cinquanta?
La mostra permanente si concentra sui principali processi e fenomeni che hanno plasmato l'Europa contemporanea nel corso della storia, sottolineando le diversità di esperienza, consapevolezza e interpretazione rispetto a tali sviluppi. Non rappresenta le singole storie degli stati e delle regioni europee, ma si concentra sui fenomeni di carattere europeo. L’ Academic Project Team ha scelto tre criteri per la selezione dei contenuti dell'esposizione: l'evento o l'idea deve avere avuto origine in Europa, aver attraversato l'Europa e continuare a essere rilevante oggi. Sulla base di questi criteri, il gruppo di lavoro ha individuato sei macrotemi che sottendono un ampio numero di argomenti e sotto-argomenti.
L'esposizione permanente quindi valica spesso i confini dell'UE. La storia europea può essere complessa, diversificata e frammentata, ma è contraddistinta da molte caratteristiche comuni e da esperienze ampiamente condivise. L’'esposizione permanente è volta a presentarne alcune. A partire dall'antico mito di Europa e il toro e dalle sue diverse interpretazioni, la mostra mette in luce gli elementi fondanti del patrimonio comune europeo, che lo hanno influenzato profondamente fino ad oggi. Il processo di integrazione europea è presentato nel contesto storico europeo dopo la Seconda guerra mondiale attraverso quindici importanti “tappe miliari” e copre circa la metà dello spazio espositivo dedicato a questo periodo. Il periodo successivo alla Seconda guerra mondiale occupa tre dei cinque piani dedicati all'esposizione permanente.
L’unica istituzione simile promossa dalle istituzioni europee, il Parlamentarium, è stato accusato di fornire una rappresentazione eccessivamente teleologica della storia dell’Unione Europea. La Casa della storia europea rifletterà anche sulle difficoltà e sulle contraddizioni del processo di integrazione? Troveranno spazio anche forme di dissenso e di opposizione?
Nelle nostre “linee progettuali ” – un documento preparato da un comitato di esperti nel 2008 – è chiaramente affermato che l'indipendenza scientifica e la rappresentazione oggettiva della storia hanno la massima priorità. L’ Academic Project Team della Casa della storia europea ha preso questa indicazione come punto di partenza del proprio lavoro. Ciò significa che la narrazione è costruita in modo tale che le contraddizioni, le difficoltà, le espressioni di opposizione così come i disaccordi, sono stati integrati in settori più ampi di quelli che riguardano la storia del processo di integrazione europea.
L’allargamento dell’UE verso Est nel 2004 ha portato a una riapertura della discussione sulla “memoria europea”. In che modo verranno considerate le diverse esperienze della parte orientale e della parte occidentale del continente nel XX secolo?
Uno dei fondamenti della narrazione è un concetto di memoria che si rifà in particolare a una definizione di Adolf Muschg: la memoria comune è quello che lega l'Europa e ciò che la divide. L'ambizione degli autori dell'esposizione permanente della Casa della storia europea è quella di fare di questo museo un “serbatoio della memoria europea”, contenente esperienze e interpretazioni in tutte le loro diversità, i loro contrasti e le loro contraddizioni.
Alcuni paesi del sud-est Europa sono entrati a far parte dell’Unione Europea mentre altri restano tutt’ora esclusi. Ci può dare qualche anticipazione rispetto allo spazio che verrà dedicato a questa parte del continente nel lavoro dell’istituzione?
L'esposizione permanente della Casa della storia europea non racconta fenomeni storici che sono limitati ai ventotto stati membri dell'Unione Europea. La nostra rappresentazione include anche la storia d'Europa oltre i confini dell'UE.
Le guerre di dissoluzione jugoslava rappresentano una passaggio particolarmente complesso nella narrazione del recente passato europeo. L’esposizione permanente presenterà anche questi conflitti, che hanno sconvolto il continente e visto protagonisti attuali stati membri, paesi candidati e potenziali candidati?
Il recente passato sarà presentato allo stesso modo degli altri argomenti della mostra permanente, in modo multiprospettico e con approccio critico.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto Testimony – Truth or Politics. The Concept of Testimony in the Commemoration of the Yugoslav Wars, coordinato dal CZKD (http://www.czkd.org/ ) e cofinanziato dal programma "Europa per i cittadini" dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.
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