I paesi del Gruppo di Visegrad

Le relazioni tra l’UE e i paesi del cosiddetto Gruppo di Visegrad sono quantomai tese. Sulle ragioni, abbiamo intervistato la professoressa Bela Plechanovova della Charles University di Praga

19/10/2017 -  Daniela Giordano

A partire dalla svolta populista in Ungheria e Polonia, possiamo dire che il cosiddetto Gruppo di Visegrad creda ancora ad un progetto comune europeo?

Non penso che si possa definire il Gruppo come una qualche entità coerente o la manifestazione di una posizione comune. Questi paesi per ragioni storiche e per esperienze comuni condividono specifiche priorità che riguardano la loro sicurezza ed il loro posto nel sistema di sicurezza dell'Europa, soprattutto in relazione con gli USA, principale garante della sicurezza europea. Oltre a ciò, condividono la passata esperienza del controllo sovietico durante la Guerra Fredda, qualcosa che vogliono assolutamente evitare si ripeta nel futuro.

Queste sono le motivazioni generali che li uniscono, ma ciò non significa che condividano necessariamente qualsiasi altra posizione politica, in particolare se si tratta di questioni politiche interne. Tutti questi paesi cercano di evitare di prendere posizione in contrasto ai problemi interni degli altri. Qualora cominciassero a farlo, finirebbero con il rompere il gruppo, dal momento che questi stati sono molto diversi tra loro.

Hanno quindi un'attitudine molto pragmatica, basata sull'idea condivisa di non ampliare le divisioni già esistenti, per provare a costruire partendo da quelle priorità dove si possono condividere posizioni comuni e ritenute più importanti di questioni generali di democrazia.

Oggigiorno sembra che ci siano delle frizioni tra i V4 e l'Unione Europea. Quali le ragioni fondamentali secondo lei?

In realtà non vedo molta frizione tra gli stati di Visegrad e i singoli stati membri dell'Unione Europea. Ma ci sono sicuramente delle tensioni per quanto riguarda specificatamente la politica migratoria e le recenti decisioni prese in queste settore.

Non credo però in futuro si rischi di acuire la crisi aperta dai disaccordi dell'Ungheria rispetto alla decisione presa dalla Germania durante la crisi migratoria del 2015 e alle decisioni sulle quote dei migranti prese due anni fa.

I V4 preferiscono evitare l'allargamento dei dissidi. E' comprensibile perché la loro posizione negoziale è piuttosto debole e perché chiaramente i grandi giocatori in questa partita sono allo stesso tempo gli stati che hanno maggiormente a che fare con grossi numeri di immigrati: Germania, Francia e Italia.

Il Gruppo di Visegrad non si sente parte del processo decisionale, specialmente in relazione alla questione migratoria?

Non è tanto un problema essere parte del processo decisionale, perché loro ne sono parte. Il problema sono gli strumenti legali che sono stati usati per la decisione sulle quote, utilizzando l'uso della maggioranza qualificata. Questi paesi non sono d'accordo sull'uso di quel tipo di strumento legale e ciò è stato parte della discussione portata poi davanti alla Corte di Giustizia. Consideravano la vicenda rilevante per la propria sovranità e non volevano seguire il sentiero dei paesi occidentali con alle spalle una storia di migrazioni più lunga.

La Germania ricopre un ruolo importante per il Gruppo di Visegrad, che tipo di impatto possono avere le recenti elezioni tedesche sui V4? Ci sono in questi paesi partiti politici simili all'AfD?

Per quanto riguarda l'Ungheria un partito simile è al governo, il Fidesz, e in Polonia, in pratica, possiamo dire che la situazione è molto simile a quella ungherese, anche se le priorità del partito Prawo i Sprawiedliwość sono leggermente diverse. In Slovacchia, c'è un partito di estrema destra abbastanza forte, ma dal momento che non sono prossimi alle elezioni la propaganda è meno pressante.

In Repubblica Ceca la situazione è differente; questo tipo di discorsi sono usati con successo da quasi tutti, anche dai Socialdemocratici attualmente al governo. E' probabile che questi ultimi non si riconfermino alle prossime politiche e i partiti che più probabilmente vinceranno sono quelli che stanno creando un programma su discorsi populisti anche se il tema migrazioni resta a margine, con una generalizzata opposizione alla redistribuzione delle quote. In generale, tutti vogliono ottenere un profitto politico da questi problemi, visto quanto risuonano tra gli elettori.

Complessivamente, la strategia dei governi V4 è quella di aspettare e vedere come gli altri stati europei risolveranno il problema; la Germania, di recente, la Francia, l'anno scorso e l'Italia il prossimo anno, tutti stanno sperimentando un'impennata di partiti populisti sotto elezione. Quindi nonostante la sentenza della Corte, da un punto di vista politico il piano è di aspettare. Questo ovviamente rende più difficile l'implementazione del meccanismo di trasferimento delle quote di migranti.

In questo contesto politico, che ruolo hanno i media? Secondo alcuni report ufficiali, per esempio quello di Reporter senza Frontiere, la libertà dei media nei V4 è generalmente peggiorata, anche se ci sono grosse differenze tra l'Ungheria e la Polonia, da una parte e la Repubblica Ceca e la Slovacchia dall'altra. Si percepisce questo peggioramento?

Come ha ben sottolineato c'è una forte differenza tra Ungheria e Polonia da un lato e Repubblica Ceca e Slovacchia dall'altra. Ma parlando della rilevanza e dell'influenza dei discorsi mediatici, dobbiamo tenere in considerazione il fatto che i media tradizionali stanno perdendo terreno, specialmente con i giovani.

A mio avviso è difficile comprendere l'influenza dei media tradizionali sul dibattito politico o sulla percezione di esso.

Alcuni politici hanno provato a influenzare i media tradizionali. Per esempio, in Repubblica Ceca, il leader del movimento ANO, Andrej Babis - che ora sembra prossimo a vincere le elezioni parlamentari - all'inizio della sua entrata nel governo aveva fatto l'errore di comperare due dei maggiori quotidiani, dei quali le copie vendute si stavano riducendo. Ciò ha però provocato uno scandalo ed è stato costretto a subirne le ripercussioni. Non vedo nessun tipo di compensazione per la perdita di credibilità politica, in influenza che potrebbe aver acquisito grazie ai due quotidiani.

Dal momento che i giovani si informano maggiormente sui social media, piuttosto che sui media tradizionali, quanto è percepito il fenomeno delle' fake news' nei V4?

Non sono a conoscenza di casi eclatanti, a volte capita che circolino notizie sui social media non affidabili, ma per ora non ho la sensazione che si tratti di qualcosa che abbia influenzato il dibattito politico.

Quali atteggiamenti e quali misure si aspetterebbe e spererebbe che l'UE intraprendesse nei confronti dei V4?

L'Unione Europea, o meglio le sue istituzioni, hanno problemi di legittimità in relazione a tutti gli stati membri, ma in particolare nei confronti dei nuovi arrivati. Dopo più di dieci anni dall'entrata nel club, questi si sentono sempre più in una situazione che tocca la loro identità.

La combinazione tra sensibilità sociale e la gestione populista di questi problemi sta peggiorando la situazione. Ma anche la gestione delle relazioni con questi paesi da parte della Commissione Europea non è un buon approccio, né particolarmente promettente. A mio giudizio, gli strumenti legali hanno senso e sono importanti in situazioni dove sono generalmente accettabili. Sono prodotti di decisioni politiche. Se le precedenti decisioni politiche non sono accettate bisogna in qualche modo adattare gli strumenti giuridici che ne sono nati.

C'è uno sbilanciamento tra i vecchi ed i nuovi membri Ue in termini di conoscenza reciproca. Ai nuovi membri è stato chiesto un rapido adeguamento in termini di trasformazione politica ed economica. Così hanno imparato come l'UE funziona, quali sono le regole, i principi, etc, ma da parte delle istituzioni o dei vecchi membri non c'è stato nessun tentativo di comprendere le ragioni dei comportamenti dei nuovi stati.

Nei periodi iniziali, quando i nuovi membri sono entrati per la prima volta nel club sono accompagnati da slanci di ottimismo nell'adeguarsi alle decisioni dei vecchi membri. Ma presto o tardi questo periodo finisce e i nuovi membri vogliono essere allo stesso livello dei vecchi. Questa, a mio parere, è l'unica soluzione.

Sono più scettica sulla possibilità di creare una nuova Unione perché questo significherebbe riaprire i trattati. Al momento tutti sono spaventati da diversi problemi, sui quali i paesi hanno diverse opinioni. Potrebbe accadere sfruttando i cambiamenti imposti dalla Brexit e se le ragioni per farlo fossero molto serie. In ogni caso, ritengo che sia una prospettiva più teorica che reale, almeno per ora.


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