Foto Media Center Belgrade - www.mc.rs

Un recente studio sugli effetti del precariato sul giornalismo in Serbia ha rilevato come il 40% degli intervistati si dichiari rassegnato a lasciare la professione

08/02/2016 -  Beta

(Pubblicato originariamente su Beta.rs il 27 gennaio2016)

Di fronte alla possibilità di una scelta, il 40% dei giornalisti in Serbia abbandonerebbe la propria professione mentre un altro 40% sceglierebbe di lavorare per un media in cui sentirsi libero di scrivere, anche se questo costasse ripercussioni sulla propria posizione e sulle proprie entrate. Sono alcuni dei risultati contenuti nel volume "Dai giornalisti agli operai. Vita e precariato", presentato il 27 gennaio a Belgrado. Sempre secondo la ricerca, condotta su un campione di 1.110 giornalisti e 619 operai, un quinto dei giornalisti in Serbia opterebbe per un lavoro più sicuro anche al prezzo di rinunciare a scrivere tutto ciò che pensa.

Precarietà crescente e autocensura

Srećko Mihailovć, sociologo e curatore del volume, ha parlato di precarietà definendola come una nuova condizione che caratterizza le relazioni sociali e che implica insicurezza sia nel lavoro che nella vita. Secondo Mihailovć, uno dei risultati sorprendenti emersi dalla ricerca è l'osservazione che ad un alto grado di precarietà fra i giornalisti corrisponda una notevole integrità professionale. In buona sostanza, puntualizza Mihailovć, i giornalisti sono molto più affidabili di quanto si pensi comunemente.

"Le possibilità di battersi per la libertà dei media sono molto limitate per i giornalisti in Serbia. Una stampa veramente libera può emergere solamente a fronte di un impegno integrale da parte della società, e non è sostenibile senza la presenza consolidata di un pubblico civile", ha argomentato Mihailovć nel corso della presentazione, esprimendo forte insoddisfazione per il fatto che, oggi, molte band musicali dimostrino maggior impegno sociale rispetto ad alcuni professori universitari.

Nel corso della ricerca, ha spiegato Mihailovć, ai giornalisti sono state rivolte domande circa la loro valutazione della libertà di stampa nel paese, la percezione del controllo governativo sui mezzi di comunicazione e la diffusione di fenomeni quali la censura e l'auto-censura. “I giornalisti concordano sul fatto che in Serbia non esista libertà dei media. Questa è l'opinione espressa da oltre il 60 per cento degli intervistati, mentre solo il 13 per cento ha ritenuto che in Serbia la situazione sia soddisfacente. Quasi l'80 per cento dei giornalisti ritiene che lo Stato eserciti qualche forma di controllo sui media, mentre solo il 5 per cento nega l'esistenza di controllo statale”, queste alcuni dei risultati dell'indagine.

Circa il 75 per cento dei giornalisti ritiene che l'incidenza dell'autocensura sia in forte aumento, un'affermazione che viene negata solo dal 5 per cento degli intervistati. L'autocensura è considerata più diffusa della censura dal 76 per cento degli intervistati, ed è vista come una conseguenza del timore da parte dei giornalisti di perdere il lavoro. Anche in questo caso, è un ristretto 5 per cento degli intervistati ad esprimere dissenso verso questa affermazione. La ricerca condotta dal Centro per lo sviluppo del Sindacalismo dimostra che la grande maggioranza dei giornalisti si dice soddisfatta per il solo fatto di avere un impiego.

 

Giornalisti a qualsiasi costo

La direttrice di Open Society Foundation, Jadranka Jelinčić, ha sottolineato che negli ultimi anni la stampa ha drasticamente ridotto la propria funzione informativa a causa del ruolo crescente delle agenzie di marketing nel determinare le sorti dei giornalisti e i contenuti della carta stampata. Data la situazione, ha aggiunto, è incoraggiante che il 40 per cento dei giornalisti si dichiari disposto a svolgere il proprio lavoro anche a condizioni contrattuali più sfavorevoli, pur di avere maggiore libertà editoriale.

Tanja Jakobi, una delle autrici del libro, ha evidenziato che molti fra gli intervistati lamentano la mancanza di professionalità dei proprio colleghi. "Non sono necessariamente pessimi giornalisti, ma intendono questa professione soltanto come un lavoro che garantisce loro un reddito, e questo spiega anche l'aumento di domande per ottenere la licenza di giornalista”. “Un problema notevole,” ha aggiunto Jakobi “risiede nel fatto che i cittadini continuino a non considerare i media come uno strumento al loro servizio, da utilizzarsi per adottare scelte informate.”

Oltre ai nomi già citati, fra gli autori del volume ci sono Miroslav Ružica, Boris Jašović, Maja Jandrić, Gradimir Zajić, Mirjana Vasović, Zoran Stojiljković, Vojislav Mihailović e Dušan Torbica. Secondo i dati del presidente del sindacato dei giornalisti Dragan Čabarkapa, in Serbia ci sono 6.000 giornalisti.  

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto


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