Quando incontri una persona davvero speciale, lo senti subito, lo senti addosso, ti travolge dentro. Non capita spesso e quando ci capita siamo fortunati.Quello che racconto non fa parte della "Storia ufficiale" del Generale Jovan Divjak ma parla di quanti momenti incredibili ho vissuto con lui. Il Generale mi ha travolto anche fisicamente, trascinandomi di corsa per attraversare la Titova in mezzo alle auto che correvano nel centro di Sarajevo, come ragazzini incauti ridendo da matti. Sapete perché? Gli avevo spiegato che soffro di pressione alta. Sembra incredibile ma Divjak, come lo conoscevi, diventava uno di famiglia, e dato che anche lui aveva lo stesso problema, improvvisamente si alzò dal tavolo della birreria e mi trascinò a misurare la pressione di ambedue, nella farmacia dall'altro lato della strada. A ricordarlo sembra un sogno. Era invulnerabile come Superman, in mezzo alle auto in corsa. Entrando in farmacia, si fermarono anche gli orologi, come accadeva continuamente a Sarajevo appena il Generale compariva da qualche parte.Iniziò subito a scherzare nel suo modo coinvolgente, con le farmaciste, ma potevano essere bariste o cameriere, e fortunatamente la pressione andava bene a ambedue. A proposito, la cameriera della birreria cadde nello scherzo del Generale in pieno. Arrivò con quanto avevamo ordinato sul vassoio, con aria emozionata e deferente, lei che probabilmente era una bambina durante la guerra ma sapeva che aveva di fronte una leggenda, e il Generale la guardò con aria sbalordita, accigliato, chiedendole chi avesse ordinato quella roba. La poveretta sbiancò pensando di aver sbagliato tutto l'ordine ma la risata seguente del Generale svelò la celia di Divjak e tutti risero. Passare del tempo con il Generale Divjak, Zio Jovo, mi ha portato a riscoprire due verbi che forse non avevo mai usato prima: celiare e ruzzare. Azzeccati in pieno per descrivere l'animo formidabile con il quale Divjak coinvolgeva chiunque sin dal primo incontro. Era sempre una festa.Arrivò a Firenze, dove lo avevo invitato, per ricordare degnamente il genocidio di Srebrenica, il 24 giugno del 2015, vent'anni dopo. Arrivò in macchina direttamente da Sarajevo, con un giovane amico, passando tutti i confini, interni non scritti e esterni della ex Jugoslavia. Era il 24 giugno, San Giovanni, quando a Firenze si festeggia il patrono con fuochi d'artificio spettacolari. Il generale si tuffò nella grande folla "pe' fochi" come un bambino scatenato e noi dietro a cercare di non perderlo. Dopo i "fochi" volle andare a giro in centro, tra piazza Signoria, Duomo e Ponte Vecchio. Quasi di corsa, entrava in tutti i negozi, si infilava nei gruppi di turisti per farsi fotografare nei loro selfie, tra gli sguardi sbalorditi di chi si chiedeva chi fosse quel signore matto. Come un bambino con il suo sorriso furbo...In quei giorni camminavo a un metro da terra per l'effetto che mi faceva la vicinanza con il Generale. Ero più distratto del solito e accadde una cosa mai capitata prima, né dopo. Per fortuna.Al mattino seguente c'era il primo incontro pubblico su Srebrenica e io andai a prendere Divjak all'albergo. Arrivando, lo trovai con il suo accompagnatore del quale purtroppo non ricordo il nome e mi avvidi che stavano ridendo. Mi accorsi allora che stavo indossando un paio di pantaloni che erano completamente sbranati sul di dietro! Praticamente visto da dietro ero in mutande. Le risate si sentivano da chilometri...Come era potuto accadere? Non era uno strappo, si era sbranato tutto il dietro!Ora come facevo? Eravamo già in ritardo. Sarei dovuto tornare a casa, distante. Allora ecco che il giovane amico che accompagnava Divjak mi condusse nella sua camera dove mi offrì un paio di suoi pantaloni. Il tutto accompagnato da risate di tutti eccetto il sottoscritto, potete immaginare...La misura era esattamente la mia. Avevamo la stessa taglia, io e il nostro amico. Era fatta, avevamo risolto... Incredibile. Resta ancora un mistero come io non possa essermi accorto di aver indossato pantaloni sbranati e come questi si fossero sbranati. Divjak aveva capito che gli eventi per Srebrenica, venti anni dopo, a Firenze, li avessi organizzati praticamente quasi da solo. con pochissimi fedeli amici. Del resto a Firenze è raro anche che si sappia dove si trova la Bosnia Erzegovina. Questo mio appassionato lavoro aveva la sua simpatia e gratitudine e la nostra amicizia era consolidata. Ero entrato a far parte del mondo dei suoi amici, un vero mondo per numero e qualità e lui ricordava ognuno in modo speciale. Lo si capiva bene. Erano tantissimi, oltre all'intera città di Sarajevo, ma erano ognuno un amico personale. Lui, sono certo che ricordasse tutto di tutti.Poi andai a trovarlo a Sarajevo. Grazie al fedele amico Vedran, avevo sempre sue notizie e lui chiedeva di me. Vedran e Divjak sono i "PDV" di Sarajevo... PDV è la sigla che da noi e IVA. In Bosnia Erzegovina l'IVA - PDV è al 15%. Vedran e Divjak facevano parte del 15% di cittadini originari di Sarajevo, rimasti dopo la guerra. Conoscere loro vuol dire conoscere la Sarajevo vera, quella degli anni 70 e 80, quella delle Olimpiadi invernali del 1984, quella che fu scelta perché "Altre città hanno ottimi comitati olimpici ma a Sarajevo sarà tutta la città a organizzare i giochi". Il sogno infranto ma magico che leggi negli occhi dei PDV e del Generale, che cambiò le sorti della guerra fino a impedire all'aggressore di conquistare la capitale. "Loro" ancora si chiedono come sia stato impossibile.Avevamo fissato in un bar del centro. Portai con me una giovane madre con i suoi tre figlioletti, da Kalesija (chi conosce la Bosnia sa che si trova in un angolo disgraziato di una nazione disgraziata). Mi occupavo da quasi venti anni di quella famiglia e nel mio piccolo facevo qualcosa anche io di simile alla attività della associazione fondata da Divjak. Ci vedemmo in centro e lui subito si interessò dei bimbi. In seguito ci vedemmo in sede e sul terrazzo vista Sarajevo che era troppo bello. Sapete che la sede della associazione del Generale si trova a un passo dal confine invisibile con la Serbo-Bosnia? Su una delle colline dalle quali si bombardava Sarajevo. Ci raccontammo delle nostre malattie e ci consolammo con tazze di tea. Grazie Generale. Grazie a lei siamo migliori. Di lei si racconterà per generazioni. La Storia le deve molto.

Jovan Divjak e Claudio Gherardini

Jovan Divjak e Claudio Gherardini

22/04/2021 - 

Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!