Transalpina, una galleria fotografica

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Sin dall’inaugurazione della ferrovia nella stazione di Gorizia avevano sede le officine dell’intera linea e il deposito delle locomotive con la piattaforma girevole (una rarità quest’ultima, a quanto dicono gli esperti) ancora oggi funzionante (se ne vede in parte l’esterno nella foto 14). Nella stessa foto, in primo piano, la fontana con un cippo del periodo fascista. La scritta in italiano è stata divelta a colpi di arma da fuoco (si vedono ancora i segni delle pallottole).

La mostra fotografica sulla Transalpina
Un viaggio fotografico lungo i chilometri nei quali la linea ferroviaria della Transalpina attraversa la regione di Gorizia e Nova Gorica (Tratto da Isonzo-Soča n.68, giugno-luglio-agosto 2006)
La "porta dell'Isonzo"
Ecco la "porta dell'Isonzo", il varco fra il Sabotino, il Monte Santo e il San Gabriele che il fiume ha scavato per aprirsi poi alla pianura. I tre monti sono come i guardiani di questa porta, e un po' anche si rassomigliano: hanno all'incirca la stessa altezza, la stessa natura rocciosa, la stessa vegetazione e quasi la stessa forma, con una vetta principale e un'altra minore a una certa distanza dalla prima. Sono i tre monti di Gorizia, diventati famosi per le battaglie che vi si svolsero nel corso della prima guerra mondiale. (foto 1)
Il treno
Il treno arriva a Nova Gorica e a Gorizia "trionfalmente", attraversando il ponte di Salcano, alto sull'Isonzo. (foto 2)
I cimiteri
Il primo incontro è con uno dei numerosi cimiteri di caduti austrongarici nella prima guerra mondiale. Lungo l'Isonzo e sul Carso, in Slovenia, ce ne sono molti. Per arrivarci bisogna attraversare i binari. Sin dall'entrata il visitatore si imbatte in lingue diverse, lo sloveno (avverte i visitatori che il cimitero si trova in un sito a rischio frane sull'Isonzo), poi il tedesco ("Avevo un camerata...") e l'ungherese (targa ricordo di una visita di cittadini di Györ), ma si trova anche qualcosa in italiano. I caduti sono quasi tutti ungheresi: Bela, Janos, Geza...ma c'è un Carlo, Carlo Crepaldi, sulla cui pietra sta scritto "austriaco". Molto probabilmente questo Carlo è uno dei tanti soldati italiani, triestini, trentini o goriziani, arruolati nell'esercito austroungarico. Infine un cippo in legno (kopiafa) secondo la tradizione della Transilvania. (foto 3, 4, 5, 6, 7)
I ponti
Sull'altro ponte, "gemello", su cui corre la strada internazionale per il Collio sloveno (foto 8), frotte di studenti appena usciti da scuola si accalcano sul parapetto per assistere ai salti da un'altezza di 55 metri di qualche ragazzo in vena di esibirsi. Questo sport estremo è chiamato Bungee Jumping. (foto 9)
La stazione di Salcano
Il treno si avvia verso la piccola stazione di Salcano, ultima fermata prima di Nova Gorica. Sullo sfondo si può notare il profilo del Castello e della Castagnavizza. (foto 10)
Salcano
Sulla piazza di Salcano una recente fontana rappresenta l'acqua dell'Isonzo nella stretta dei monti mentre sta irrompendo nella pianura. (foto 11) Quando lasciamo Salcano non possiamo non dare un'occhiata alla contestatissima (a Gorizia) fonderia "Livarna". (foto 12)
La stazione di Nova Gorica
La stazione di Nova Gorica è il centro direzionale della linea ferroviaria attuale Jesenice-Nova Gorica-Sežana. Quando fu inaugurata la ferrovia (nel 1906) questa stazione avrebbe dovuto avere, secondo la legge austriaca, una tabella trilingue Görz-Gorizia-Gorica, ma i nazionalisti italiani si opposero alla scritta in sloveno e, dopo lunghe polemiche, per un certo periodo vennero tolte tutte le tabelle con il nome della stazione. (foto 13)
Gorizia
Sin dall'inaugurazione della ferrovia nella stazione di Gorizia avevano sede le officine dell'intera linea e il deposito delle locomotive con la piattaforma girevole (una rarità quest'ultima, a quanto dicono gli esperti) ancora oggi funzionante (se ne vede in parte l'esterno nella foto 14). Nella stessa foto, in primo piano, la fontana con un cippo del periodo fascista. La scritta in italiano è stata divelta a colpi di arma da fuoco (si vedono ancora i segni delle pallottole).
Il doppio tunnel sotto la Castagnavizza
Il doppio tunnel sotto la Castagnavizza (foto 15). Funzionando un solo binario, il secondo tunnel è stato adibito a pista ciclabile. Sopra i tunnel si vede il parapetto che proteggeva il proseguimento della vecchia via del Poligono, oggi interrotta dal confine circa venti metri prima. La via (Streliška pot) prosegue ancora oggi fino al bosco del Panovec, dove si trovano ancora i resti del vecchio poligono di Gorizia (luogo in cui venivano eseguite le fucilazioni di partigiani rinchiusi nelle carceri di via Barzellini).
Castagnavizza
Nella zona della Castagnavizza alcune strade sono "sparite", interrotte e rese inutilizzabili dal confine. Oltre alla via del Poligono sono interrotte la via della Cappella e la via Tonzig. Quest'ultima proseguiva oltre i binari attraversandoli su questo ponte. (foto 16)
Il valico del Rafut
Al valico del Rafut treno e biciclette procedono appaiati. (foto 17)
Valdirose
Valdirose fotografata dai bastioni del castello. La ferrovia corre oltre la rete bianca che protegge la pista ciclabile (foto 18). Pasolini fa arrivare quassù nel 1948 i personaggi del suo romanzo "Il sogno di una cosa", i quali da Gorizia si apprestano a trasferirsi in Jugoslavia per cercare lavoro e per "costruire il socialismo". "Sotto il castello, sul costone di una collina, si vedeva a non più di due o trecento metri, una strada bianca disegnata tra case e orticelli; degli uomini vi camminavano; una donna venne alla finestra a sbattere un panno. Là non era più l'Italia: pareva che non ci fosse più mondo, o che avesse inizio un mondo del tutto nuovo, libero, luminoso". Dagli stessi bastioni il 27 giugno del 1991 una folla di goriziani assiste alla "battaglia della Casa Rossa" fra i "territoriali" sloveni e i soldati dell'armata jugoslava. Le tracce dei fori provocati dalle pallottole si vedono ancora, in Italia, nel bar "Alla Casa Rossa" (foto 19).
La Casa Rossa
Quello della Casa Rossa è il valico "storico" di Gorizia. La ferrovia transita praticamente sopra la "terra di nessuno" (foto 20). Qui il 13 agosto 1950 una folla enorme di jugoslavi travolse le sbarre e invase pacificamente la città, per far compere e per rivedere parenti e amici dopo tre anni di chiusura totale del confine. E' la "domenica delle scope", la prima crepa della "cortina di ferro". Ai tempi dell'Austria da qui partiva la strada per Vienna che collegava Gorizia al cuore dell'impero. "Dietro alle colline ricoperte di boschi e al di là delle alte montagne attraverso le quali si inoltrava la vecchia Wienerstrasse, quante volte ho immaginato misteri di terre lontane" (Anton von Mailly, "La Casa Rossa", Leg, Gorizia).
Vertoibizza
La Transalpina prosegue oltrepassando il torrente Vertoibizza (foto 21) che entra in Italia e subito dopo rientra in Slovenia. A questa altezza, dalla parte italiana, in via Cravos, si trova la vecchia casa contadina di Dario Zoff, contornata dal confine (foto 22).
La stalla di Zoff
I suoi pomodori crescono in Slovenia accanto al terrapieno della ferrovia, invece le verze e i cardi in Italia. Zoff è l'unico contadino della città a possedere ancora una stalla con diverse mucche (sei, per la precisione; foto 23). Proprio sul terrapieno della ferrovia, dietro alla casa dei Zoff, nel novembre del 1915 venne fucilato dagli austriaci l'irredentista Emilio Cravos, un fruttivendolo goriziano (aveva un banco al mercato), che era stato sorpreso dai gendarmi a gridare "Viva l'Italia" in un'osteria di piazza Grande (questa è la versione ufficiale, ma su questo episodio vi sono opinioni contrastanti).
Verso Sežana
La ferrovia in vista del castello e dell'ex seminario, ora sede universitaria. (foto 24, 25) Il treno lascia la città e transita accanto all'ospedale di Šempeter dirigendosi verso la rampa carsica che lo porterà a Štanjel e a Sežana. (foto 26).