18 gennaio 2008

L'assemblea dell'Associazione delle ONG ha redatto un documento di riflessione sul testo di riforma in via di analisi in sede di Comitato ristretto del Senato. Forti critiche su molti articoli della proposta di riforma

Fonte: Il Velino

Con un documento votato durante la recente assemblea che si è svolta a Roma l'11 e il 12 gennaio scorsi, l'Associazione delle ONG ha messo sotto la lente il testo di riforma della Cooperazione allo sviluppo scaturito dal lungo lavoro dei membri del Comitato ristretto istituito in seno alla commissione Esteri del Senato, che ha terminato i suoi lavori nel mese di dicembre dello scorso anno. "In attesa dell'audizione al Senato che auspichiamo in tempi stretti - dichiara Sergio Marelli, presidente dell'associazione ong italiane -, diamo il nostro contributo al dibattito in corso sulla cooperazione internazionale convinti della necessità e dell'urgenza della riforma della legge 49/87. La cooperazione ha bisogno di uno strumento che consenta di operare con efficacia, professionalità e soprattutto con nuovi approcci e modalità d'intervento adeguati a rispondere alle impellenti necessità dei paesi in via di sviluppo".

Il documento evidenzia come la proposta depositata al Senato "non promuove una cooperazione che va oltre il semplice dato economico per mettere l'attenzione sullo sviluppo integrale della persona umana e sui suoi diritti fondamentali, sullo sviluppo autonomo locale, sulla giustizia distributiva e sul superamento di ogni idea assistenziale della lotta alla povertà". Un testo che non prevede "meccanismi e prassi innovative" rispetto a quelli inseriti nella legge 49 considerati "necessari e indispensabili" per ridare flessibilità, qualità e adeguatezza "a una legge che si propone di attivare relazioni di partenariato con i Sud del mondo a 20 anni di distanza dalla approvazione della 49". Inoltre, per l'associazione che raggruppa 163 ong italiane "esso presenta in diversi punti dell'articolato un livello di dettaglio superfluo che l'esperienza dimostra essere una delle cause della impossibilità di procedere a successivi adeguamenti delle normative in vigore utili a migliorare l'efficacia dello strumento legislativo".

L'associazione valuta positivamente il testo dove afferma l'unitarietà della direzione politica in capo al ministero degli Esteri (Mae). "Tuttavia il Fondo unico per la cooperazione - si legge nel documento - non dipende dal ministero, ma permangono, come oggi, gli indirizzi e l'utilizzo prioritario da parte del ministero dell'Economia e delle finanze (Mef) della maggior parte di queste risorse. Senza un vero 'Fondo unico' allocato al Mae non potrà esserci unitarietà delle politiche di cooperazione".

Dubbi vengono espressi anche verso il Comitato interministeriale sulla Cooperazione allo Sviluppo (Cics). Un organismo che ha per le ong una "finalità ambigua". "Esso - si legge - deve costituire un importante momento di coordinamento delle politiche di cooperazione attuate dai diversi ministeri e dei soggetti governativi/pubblici per garantirne la coerenza con gli orientamenti politici della cooperazione allo sviluppo. Deve quindi coordinare la cooperazione 'governativa', ma non quella degli altri soggetti del 'sistema nazionale' ai quali - secondo le ong - va garantita la autonomia di progettazione e di realizzazione degli interventi di cooperazione".

Il documento affronta anche la figura dell'Agenzia, istituita all'interno del Mae, con l'obiettivo di "gestire" l'iter dei progetti di cooperazione. Una Agenzia "leggera" per le ong che "da una parte rischia di essere un mero esecutore di progetti programmati altrove, dall'altra si pone come soggetto che può raccogliere fondi da privati e nella società civile e può realizzare progetti in gestione diretta. Non è assegnato all'agenzia alcun ruolo di promozione - si legge -, sostegno e coordinamento delle attività promosse dalla società civile, quasi si trattasse di una mega-ong, salvo poi negarle in via preventiva la possibilità di avere personale e uffici all'estero.

Inoltre non sono stati chiariti i necessari nessi di collaborazione fra Agenzia e struttura diplomatica del Mae. La direzione dell'Agenzia deve prevedere organi direttivi collegiali e rappresentativi del 'sistema nazionale di cooperazione internazionale'". La legge non risolve il problema della effettiva autonomia delle attività di cooperazione allo sviluppo dalla contabilità ordinaria dello Stato. La legge 49/87, che per questi aspetti secondo le ong è stata una buona legge, "ha perduto ogni efficienza quando è stata abolita la contabilità speciale, misura questa che ha ridotto ogni valutazione di efficacia a pura formalità amministrativa".

Viene giudicato poi "confuso" e "contraddittorio" quella parte di articolato che regola la partecipazione della società civile (articoli 15, 16 e 17). "Noi chiediamo - si legge - che fin dal secondo articolo della legge si enunci la soggettività di tutti gli 'attori non statali' pubblici e privati (ciascuno nel proprio ruolo) e la coralità della cooperazione del terzo millennio volta a costruire rete e dialogo di pace fra i popoli mentre lotta contro la povertà". Nell'attuale forma in tale capitolo non è chiaro per le ong "il concetto di società civile che sottende l'articolato in quanto a tale definizione si associano le Regioni, gli Enti locali e gli enti pubblici". In questo modo viene "enormemente" ampliata la platea dei soggetti che possono accedere ai finanziamenti per la cooperazione allo sviluppo in quanto sono inserite genericamente le Onlus (almeno 200 mila sigle) che, come è noto, "non hanno in molti casi alcuna esperienza né finalità connesse con la Cooperazione allo sviluppo".

Il testo presentato dal relatore in commissione Esteri non prevede "il coinvolgimento degli immigrati, da noi a più riprese richiesto, viene previsto con le non meglio precisate 'comunità' di cittadini immigrati; così come "non si comprendono i criteri di accreditamento e di passaggio dall'attuale idoneità concessa alle ong ai nuovi albi". L'articolo 16, che riguarda i volontari e i cooperanti, secondo le ong "è troppo dettagliato nelle indicazioni operative che devono essere lasciate a un regolamento successivo e fa impropriamente riferimento alla legge sul servizio civile che non può essere certo utilizzata tout court per regolare l'impiego di personale espatriato in possesso di esperienza e professionalità che svolge un servizio qualificato nell'ambito di progetti di cooperazione allo sviluppo".

Gran parte delle norme di questi capitoli, inutilmente dettagliate anche nelle parti condivisibili, secondo l'associazione guidata da Marelli "irrigidiscono eccessivamente il futuro dell'attività ordinaria e dovrebbero perciò essere rinviate alla delega governativa e da questa a norme ministeriali e in qualche parte addirittura a regolamenti attuativi della stessa agenzia". Secondo il documento, infine, non è prevista una normativa di transizione che regoli il passaggio dalla legge 49 al nuovo testo, "senza soluzioni di continuità. Includendo tutte quelle agevolazioni fiscali attualmente previste per le attività di cooperazione riconosciuta".