Kiyv, Ucraina - © Pandora Pictures/Shutterstock

Kiyv, Ucraina - © Pandora Pictures/Shutterstock

Nessun tipo di concessione unilaterale ucraina, men che meno territoriale, potrebbe risolvere quelle che Mosca considera le radici profonde del conflitto: ristabilire attraverso la guerra lo status della Russia sia a livello regionale che globale. Un’analisi

07/05/2025 -  Giorgio Comai

Quando Vladimir Putin ha lanciato l'invasione russa dell'Ucraina nel febbraio 2022, ha affermato che lo scopo dell'"operazione militare speciale" era proteggere i residenti della regione ucraina del Donbas. "A tal fine", ha aggiunto, "[la Russia] cercherà di smilitarizzare e denazificare l'Ucraina".

Nella stessa occasione, ha chiarito che il conflitto non riguardava solo l'Ucraina, ma affondava le sue radici nelle "minacce fondamentali che irresponsabili politici occidentali hanno creato per la Russia" e in una vasta gamma di questioni riconducibili a come "gli Stati Uniti non ritengano necessario accordarsi con la Russia" su questioni importanti per Mosca.

Quando nel 2025 i funzionari del Cremlino e i media russi parlano delle "radici del conflitto" che devono essere affrontate per stabilire una pace duratura, si riferiscono alla percepita mancanza di rispetto nei confronti della Russia in un ordine internazionale guidato dagli Stati Uniti, non ai diritti e al benessere dei residenti del Donbas.

La disconnessione tra questi diversi livelli del conflitto (quelli più vicini alla realtà sul terreno in Ucraina e quelli legati allo status della Russia nell'ordine internazionale) rende difficile la creazione di un contesto negoziale funzionale e ostacola un dibattito pubblico sostanziale su questo tema. Se le radici del conflitto sono legate alle relazioni della Russia con l'Occidente, nessuna concessione unilaterale ucraina – men che meno concessioni territoriali – porterebbe ad un risultato soddisfacente per la Russia. L’esito auspicato da Putin semplicemente non può essere il risultato di una decisione presa a Kyiv.

L'Ucraina, ovviamente, rimane centrale per gli interessi russi. Ma se l'Occidente accetterà un quadro di sicurezza che accetti effettivamente la "necessità di concordare con la Russia" tutte le questioni importanti e riconosca l'interesse preminente della Russia nel suo vicinato e in altre aree prioritarie, allora tutto il resto seguirà logicamente, comprese le questioni relative all'Ucraina. In questa visione, una volta rimosse le armi e le ambizioni geopolitiche occidentali dall'Ucraina, quest'ultima rientrerebbe inevitabilmente nello spazio politico e culturale russo, di cui inevitabilmente dovrebbe far parte.

La remissività occidentale alle richieste russe e il disegno neo-imperiale di Mosca di controllare l'Ucraina per includerla nello spazio culturale e politico russo assieme alla Bielorussia, sono inestricabilmente intrecciati, poiché un obiettivo non può essere raggiunto senza l'altro.

Cosa vuole il Cremlino

Da molto tempo, il Cremlino insiste sul fatto che la Russia debba essere "rispettata" dall'Occidente. Non ottenendo il livello di deferenza desiderato, Mosca ha deciso in più occasioni di ricorrere alla forza per palesare l'impotenza dell'Occidente e dimostrare di non poter essere ignorata: l'annessione della Crimea da parte della Russia e il suo successivo intervento militare in Siria avevano anche questo scopo. L'"operazione militare speciale" lanciata nel febbraio 2022 avrebbe dovuto (e dovrebbe tuttora) esprimere questo concetto in modo ancor più convincente.

I contatti in corso tra Russia e Stati Uniti, avviati dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, rappresentano un notevole successo per il Cremlino, poiché Washington e Mosca negoziano sull'Ucraina e sugli accordi di sicurezza a lungo termine in Europa alle condizioni di Mosca: in fondo, ciò che Putin aveva richiesto fin dall'inizio.

È diventato presto chiaro, tuttavia, che le parti non possono tenere dibattiti sostanziali sulle questioni di sicurezza a causa di una discrepanza di aspettative sul focus dei negoziati e su chi dovrebbe fare concessioni.

La leadership statunitense sembrava aspettarsi che costringere l'Ucraina ad accettare perdite territoriali, ottenendo al contempo alcuni guadagni materiali, fosse una ricetta sicura per porre fine alla guerra in modo da potersi dedicare ad altri affari.

Avendo constatato l'intrattabilità delle questioni di sicurezza sulla base di queste premesse, ha cercato comunque di dedicarsi ad altri affari, anche con Mosca, senza ottenere molto se non l’aver compromesso le relazioni con tutti i suoi alleati più consolidati. Riflettendo l’effettivo focus dei negoziati, sia gli Stati Uniti che la Russia hanno scelto di affidare i contatti tra le parti a uomini d’affari.

Nel complesso, emerge come il Cremlino stia ancora perseguendo gli stessi obiettivi che si era prefissato all'inizio dell'invasione su vasta scala nel 2022: da un lato, rimodellare forzatamente l'architettura di sicurezza in Europa e costringere l'Occidente a "rispettare" il ruolo centrale della Russia sulla scena globale; dall'altro, ridurre l'Ucraina ad un vassallo docile e inoffensivo, da integrare nel "mondo russo" insieme alla Bielorussia.

Allo stesso tempo, Mosca continua a perseguire attivamente i propri obiettivi immediati: un cambio di leadership a Kyiv (un primo passo verso la più radicale epurazione dell’élite politica e culturale nazionale ucraina presentata come “denazificazione”) e notevoli limitazioni all’esercito ucraino (l’obiettivo di "smilitarizzazione").

E gli "abitanti del Donbas"?

C'è, tuttavia, un'eccezione a questa apparente coerenza: la componente umanitaria, tanto decantata nelle prime fasi della guerra, insieme alla necessità di salvare e liberare gli abitanti del Donbas, è praticamente scomparsa dalla retorica ufficiale russa.

Immagini di alcune città come Mariupol, scelte per mostrare gli sforzi di ricostruzione, vengono presentate dai media come utile sfondo alle visite dei funzionari federali, ma non sono affatto centrali nelle narrazioni che legittimano la guerra.

L'invasione russa ha distrutto la vita e i mezzi di sussistenza di milioni di persone che vivono in queste aree, al punto che persino le autorità e i media russi hanno smesso di insistere sul fatto che tutto ciò fosse stato fatto principalmente per il benessere delle persone che un tempo vivevano in città ora in rovina.

Al contrario, il tema degli "abitanti del Donbas " è lentamente svanito dall'attenzione pubblica in Russia dopo i primi mesi di guerra. Si parla ancora meno degli abitanti delle regioni di Kherson e Zaporizhia, che, in linea con la retorica originaria del Cremlino avrebbero dovuto essere in impaziente attesa di essere liberati dal giogo di Kyiv.

I territori sono a volte nominati nei resoconti sui combattimenti in corso, ma non effettivamente come una terra ambita da liberare e restituire alla madrepatria. Non vi è alcun accenno al fatto che l'obiettivo finale della guerra sia quello di stabilire il pieno controllo di quelle regioni e che il raggiungimento di quei confini amministrativi determinerebbe una conclusione vittoriosa della guerra per la Russia.

Questo è uno dei motivi per cui, mentre la leadership statunitense iniziava a spingere per raggiungere un accordo basato su concessioni territoriali, la parte russa ha parlato con sempre maggiore insistenza della necessità di affrontare le "cause profonde" del conflitto, spostando gradualmente l'attenzione dei negoziati dalla guerra alle questioni economiche, in una manovra che indirettamente avvicina il Cremlino a tutti i suoi obiettivi molto più di quanto avrebbero mai potuto fare concessioni territoriali o politiche da parte di Kyiv.

Conclusioni

L'invasione russa dell'Ucraina è una guerra performativa neo-imperiale condotta per affermare lo status della Russia sia a livello regionale che globale.

Nell'attuale contesto internazionale, fortemente influenzato da una leadership statunitense instabile, in Europa sono in corso importanti dibattiti sulla strada migliore per stabilire una pace duratura nel continente, senza soluzioni facili in vista.

Accettare che nessuna concessione plausibile da parte di Kyiv può porre fine al conflitto è una premessa necessaria per dibattiti politici più sostanziali in Europa e altrove.

 

Questo articolo è stato scritto nell'ambito del progetto “Caratterizzazioni dell’invasione dell’Ucraina nel discorso pubblico filo-governativo russo”.

Il progetto è realizzato con il contributo dell’Unità di Analisi, Programmazione, Statistica e Documentazione Storica – Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ai sensi dell’art. 23 – bis del DPR 18/1967. Le opinioni contenute nella presente pubblicazione sono espressione degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.


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