Un uomo in giacca e cravatta senza viso e al suo fianco numerose maschere

© fran_kie/Shutterstock

"Non ha senso che la società civile spenda il suo tempo per aiutare lo stato a elaborare una strategia che poi non verrà mai applicata. In un paese in cui non esiste lo stato di diritto, non ha alcun senso adottare nuove leggi e strategie". Un incontro con Maja Stojanović direttrice di Građanske inicijative

10/09/2021 -  Vukašin Obradović

Maja Stojanović dirige Građanske inicijative (Iniziative civiche), un’organizzazione non governativa che ormai da venticinque anni lavora con tenacia per rinsaldare i valori democratici in Serbia. Tra le più rinomate attiviste del paese, Stojanović da anni è impegnata per rafforzare la società civile attraverso l’educazione, la promozione della democrazia e il sostegno alla cittadinanza attiva. In questa intervista parla del carattere autoritario dell’attuale leadership politica di Belgrado, degli attacchi e campagne denigratorie contro le organizzazioni non governative, e del dialogo, finora rivelatosi improduttivo, tra il governo e la società civile.

Come descriverebbe il rapporto tra la leadership politica e la società civile serba?

Secondo tutte le rilevanti organizzazioni non governative, nazionali e internazionali, la leadership serba ormai da dieci anni si sta progressivamente allontanando dai principi democratici. La società civile è il primo pilastro della democrazia e il suo principale obiettivo è quello di preservare e rafforzare i valori democratici di una società. Date queste premesse, non è difficile immaginare quale sia il rapporto tra il governo e la società civile serba.

Se il governo e la società civile di un paese non condividono gli stessi obiettivi – lo stato di diritto, il rispetto dei diritti umani, il rafforzamento delle istituzioni democratiche, la separazione dei poteri – , non si può pretendere che riescano a instaurare un rapporto costruttivo di collaborazione che possa contribuire al raggiungimento di suddetti obiettivi. Se poi il governo presenta caratteri autoritari, è inevitabile che la situazione si deteriori ulteriormente. Il carattere autoritario di un governo si riflette nella tendenza a interpretare ogni critica come un attacco allo stato e a calpestare sistematicamente la libertà di espressione e di associazione, cercando di mettere a tacere i media professionali che informano i cittadini del reale stato delle cose nel paese.

Recentemente alcuni media indipendenti e organizzazioni non governative, tra cui Iniziative civiche, hanno inviato una lettera aperta a Gordana Čomić, ministra per i Diritti umani e delle Minoranze e per il Dialogo sociale. Può dirci qualcosa di più su questa iniziativa?

Si tratta dell’ennesima lettera che negli ultimi anni la società civile e i media indipendenti hanno inviato a vari rappresentanti del governo. Dopo l’ultimo cambio di potere – per usare un eufemismo perché è dal 2012 che la Serbia è governata dagli stessi partiti politici, usciti vincitori da una serie di elezioni anticipate il cui unico scopo era quello di tenere i cittadini in uno stato di perenne tensione – è stato istituito un nuovo ministero per i Diritti umani e delle Minoranze e per il Dialogo sociale, alla cui guida è stata nominata una persona che fino ad allora faceva parte dell’opposizione.

Questa mossa della leadership al potere potrebbe essere interpretata come un tentativo di risolvere finalmente alcuni dei problemi più pressanti del paese e, a quanto pare, la comunità internazionale tende ad interpretarla in tale ottica. Quello che però sembra sfuggire a molti è il fatto che la ministra Čomić ha dichiarato pubblicamente che nessuna delle questioni che rivestono grande importanza per la democrazia – tra cui la difesa delle libertà di associazione e di espressione e la tutela dei gruppi più vulnerabili – è di sua competenza, spingendo così queste questioni sotto il tappeto. Abbiamo inviato la summenzionata lettera alla ministra Čomić con due obiettivi: evidenziare la pessima situazione dei media e della società civile in Serbia ed esprimere la nostra contrarietà alla decisione della ministra di dichiararsi incompetente per le questioni di fondamentale importanza per la tutela dei diritti umani e delle minoranze.

Maja Stojanovic, in the centre in blue, with her staff

Maja Stojanovic, in the centre in blue, with her staff

La ministra Čomić ha reagito alla vostra lettera?

Il presidente dell’Associazione indipendente dei giornalisti della Serbia (NUNS) ha letto la lettera alla ministra Čomić durante un incontro, ma lei non ha reagito in alcun modo. Dalla decisione della ministra di rimanere in silenzio si possono trarre alcune conclusioni, tra cui il fatto che il ministero da lei guidato è evidentemente riluttante ad abbandonare una politica, che perdura ormai da decenni, volta a minare la democrazia e non è pronto ad assumersi la responsabilità per l’attuale situazione.

L’anno scorso alcune decine di individui, media e organizzazioni della società civile serba sono stati sottoposti a controlli da parte della Direzione per la prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo del ministero dell’Interno. Come mai questa operazione?

Lo stato ha semplicemente abusato della normativa vigente e delle raccomandazioni del Financial Action Task Force (FATF) riguardanti la prevenzione del riciclaggio di denaro per scagliarsi contro le organizzazioni che mettono in luce diverse pratiche corruttive, violazioni dei diritti umani, ma anche l’importanza del confronto con il passato, e contro i giornalisti che fanno il loro lavoro in modo professionale e si rifiutano di piegarsi alle pressioni politiche e finanziarie da parte della leadership al potere.

La Direzione aveva inviato una lettera a tutte le banche in Serbia, affermando di sospettare che certi individui e organizzazioni fossero coinvolti in operazioni di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo, e quindi le banche non potevano fare altro che rispettare la legge e inoltrare alla Direzione tutte le informazioni riguardanti i conti e le transazioni eseguite dai soggetti sospettati. Dopo aver ricevuto i dati richiesti, il direttore della Direzione ha dichiarato che i soggetti in questione non hanno mai destato alcun sospetto della Direzione, ma che quello era l’unico modo di ottenere i dati dalla banche. In altre parole, la Direzione ha mentito sull’esistenza di un fondato sospetto nei confronti di certe persone e organizzazioni, pur di costringere le banche a fornirle i dati che altrimenti non avrebbero potuto ottenere, trattandosi di dati che le banche sono obbligate a proteggere.

Com’è finita questa vicenda?

L’unico epilogo sono le campagne denigratorie costantemente condotte dai tabloid filogovernativi che usano quei dati per screditare la società civile e i media indipendenti, accusandoli di essere mercenari al soldo degli stranieri. La Direzione per la prevenzione del riciclaggio di denaro non è mai stata chiamata ad assumersi la propria responsabilità per quanto accaduto.

D’altra parte, molte istituzioni e organizzazioni internazionali hanno criticato il comportamento della Direzione. Ad esempio, Moneyval, l'organismo del Consiglio d'Europa che vigila sulla lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, ha emesso un comunicato affermando che la Direzione può chiedere tali dati solo se sussiste un fondato sospetto, aggiungendo inoltre gli stati membri del Consiglio d’Europa non possono abusare delle raccomandazione del FATF allo scopo di screditare la società civile.

Perché le organizzazioni non governative hanno deciso di non partecipare alle consultazioni organizzate dal ministero per i Diritti umani e delle Minoranze per l’elaborazione di una strategia per la creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo della società civile in Serbia?

Qualche anno fa, il processo di adozione di una nuova strategia dei media è stato interrotto a causa delle pressioni esercitate dai media indipendenti e della società civile, che hanno giudicato inadeguata la proposta della strategia avanzata dal governo, ritenendo inoltre che l’intera procedura fosse poco inclusiva. Poi il governo ha avviato un nuovo processo, molto più inclusivo, secondo tutti gli standard internazionali, e un anno dopo la nuova strategia per i media è stata finalmente adottata. Nonostante si trattasse di una strategia abbastanza adeguata, dopo la sua adozione la situazione dei media nel paese si è deteriorata. Questo esempio mostra meglio di qualsiasi altra cosa perché non ha senso che la società civile spenda le sue risorse e il tempo per aiutare lo stato a elaborare una strategia che poi non verrà mai applicata. In un paese in cui non esiste lo stato di diritto, non ha alcun senso adottare nuove leggi e strategie. La situazione della società civile e dei media serbi migliorerebbe molto anche solo se le leggi esistenti venissero applicate.

Quali sono i presupposti per avviare un vero dialogo tra la leadership al potere e la società civile? Secondo lei, tale dialogo è possibile in Serbia?

Credo che la leadership al potere voglia solo un dialogo meramente formale. Il suo obiettivo è quello di far credere alla comunità internazionale che il governo sia disposto ad ascoltare le opinioni dei cittadini. Tuttavia, quando arriva il momento di accettare tali opinioni, il governo si tira indietro. Va inoltre sottolineato che la società civile ha sempre partecipato ai processi consultivi organizzati dal governo. Le organizzazioni della società civile partecipano ai dibattiti pubblici, fanno parte di vari gruppi di lavoro incaricati della stesura di nuove leggi e strategie, organizzano incontri con i rappresentanti del governo, conformemente alle leggi vigenti. Tuttavia, questa collaborazione – come più volte sottolineato dalla società civile – non sta dando frutti. Quindi, non abbiamo bisogno di aprire un altro dialogo, abbiamo bisogno di una vera comunicazione con il governo e di vedere i risultati dei processi già avviati. Perché lo stato sostiene di voler avviare solo ora un dialogo con la società civile, al di fuori del quadro normativo vigente, questo bisognerebbe chiederlo ai rappresentanti del potere.


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