In piazza a Chișinău (flickr/Savinov Alexandru)

Nato tra le proteste contro la classe politica e la corruzione, il nuovo governo recentemente insediatosi, il terzo in 12 mesi, sembra avere già le ore contate. E l'Ue non sa che fare

19/02/2016 -  Danilo Elia

La Moldavia ha un problema. Dopo che lo scorso novembre le forze di sicurezza hanno eliminato una cellula paramilitare che stava organizzando una rivolta separatista filorussa nel nord del paese, l’ufficio del procuratore generale ha fatto sapere giovedì scorso in una conferenza stampa che decine di cittadini moldavi sono stati arruolati come mercenari nella guerra in Ucraina.

Gli arrestati sono finora dieci, di cui due già condannati per il reato previsto dalla legge moldava sui foreign fighters. Si tratta in prevalenza di moldavi di lingua russa, provenienti dal sud del paese, che hanno combattuto al fianco dei ribelli appoggiati dalla Russia. Certamente a muoverli non è stato solo l’incentivo economico ma anche le simpatie per la causa separatista dell’est ucraino.

La notizia arriva mentre la Moldavia è alle prese con mesi di proteste animate dalle forze antagoniste filoeuropee da una parte e filorusse dall'altra.

Pochi giorni prima, il leader del partito Socialista e animatore della protesta filorussa, Igor Dodon, ha detto di essere a conoscenza di un piano americano per riunificare la Moldavia alla Romania e scatenare la reazione delle truppe russe di stanza in Transnistria. “Questo scenario tragico è quello che gli Usa vogliono”, ha dichiarato al quotidiano russo Komsomolskaya pravda. “L’unico modo per evitarlo è entrare nell’Unione economica eurasiatica con la Russia. Vogliamo tornare a casa, di nuovo nell’Urss”.

Parlamento occupato

Lo scontro politico si è fatto più aspro dopo la caduta del governo filoeuropeo di Iurie Leancă, un anno fa, e lo scandalo del furto di un miliardo di dollari dalle tre principali banche del paese. L’impossibilità di formare un governo stabile è stata alimentata anche dalle continue proteste di piazza nelle quali i cittadini chiedono lotta alla corruzione ed elezioni anticipate.

Il nuovo governo attualmente al potere, il terzo in un anno, guidato dal primo ministro Pavel Filip del partito Democratico è nato già sotto una cattiva stella. Mentre i deputati erano in seduta per votare la fiducia, il 20 gennaio, migliaia di manifestanti protestavano fuori dal Parlamento. In serata alcune centinaia di loro hanno forzato il cordone di sicurezza e sono entrati nel palazzo, occupandolo brevemente prima che la polizia riuscisse a riprenderne il controllo. Meno di una settimana dopo in piazza c’erano 40mila persone a chiederne le dimissioni ed elezioni anticipate. Filip ha fatto sapere di non avere alcuna intenzione di mollare. “Questo governo è l’ultima occasione per la Moldavia di riconquistare la fiducia dei partner stranieri e continuare il suo percorso verso l’Europa", ha detto durante un visita in Romania.

Ma qui sorge uno dei problemi di questa lunga crisi. Il governo di Filip, dicono i suoi detrattori, è filoeuropeo solo a parole.

Un business redditizio

I cittadini che protestavano fuori dal Parlamento rimproveravano a Filip di essere solo un uomo di paglia. Qualche giorno prima della sua investitura, il presidente Nicolae Timofti si era rifiutato di conferire l’incarico al discusso oligarca Vlad Plahotniuc, uomo più ricco e influente del paese nonché vicino a Filip.

Dopo la caduta del governo di Filat, Plahotniuc è riuscito a mettere assieme una coalizione capace di 55 voti parlamentari a fronte di una maggioranza richiesta di 51. Di questi, solo 32 appartengono a partiti filoeuropei, ovvero al partito Democratico e a quello Liberale. Gli altri 23 provengono dal partito Comunista e dal partito Socialista, tutte forze prepotentemente filorusse o, quantomeno, per niente europeiste, e dal partito Liberaldemocratico che non ha appoggiato il governo di FIlip. 

Plahotniuc, dicono, sta sostituendosi alle istituzioni. Oltre ai suoi affari nel petrolio e nella finanza, possiede tre televisioni e quattro radio, per un patrimonio stimato in due miliardi di dollari.

Il movimento Dignità e giustizia, nato sull’onda delle proteste e che si batte fortemente per un cambio della classe politica, accusa Plahotniuc di riempirsi la bocca con l’Europa mentre ammassa ricchezze illecite ed estende il proprio potere sulla Moldavia. “Lui e Filat hanno trasformato la politica moldava in un business molto redditizio”, ha detto al Finacial Times Igor Botan, uno dei leader di Democrazia e giustizia.

Massa eterogenea

Reanto Usatii, uomo d’affari nato in Moldavia ma formatosi in Russia e leader del partito filorusso Patria, ha dichiarato durante il programma “Politica” di TV7 che Plahotniuc ha pagato i parlamentari comunisti e liberaldemocratici fino a 300mila dollari ciascuno per appoggiare la maggioranza e che ha ottenuto così il consenso attorno a Filip. Tutto per evitare elezioni anticipate.

I più recenti sondaggi piazzano Plahotniuc in testa ai politici più odiati, con un poco invidiabile tasso di disapprovazione dell’85%. Dall’altro lato gli stessi sondaggi danno per super favoriti i partiti filorussi in caso di elezioni anticipate. In piazza in questi mesi sta scendendo una massa critica molto eterogenea fatta di moldavi che spingono per una maggiore integrazione con l’Europa da un lato, e russofoni ed etnici russi che chiedono la revoca dell’Accordo di associazione e l’ingresso nell’Unione economica eurasiatica con la Russia dall'altro.

Non c’è dubbio che la Russia – che ha un piano chiaro per riportare la Moldavia nella sua orbita e non ne ha mai fatto segreto – sta cavalcando il crescente sentimento antieuropeo nel paese, mentre l’Ue continua con un po’ d’imbarazzo a sostenere i governi che si avvicendano pur di allontanare il pericolo di elezioni. Così, quello che fino a poco fa era considerato uno dei pochi successi dell’Ue e del Partenariato orientale si sta trasformando in un mal di pancia per la diplomazia di Bruxelles. Tanto che, se la vittoria di una coalizione filorussa alle prossime elezioni è vista come una catastrofe per il paese, il Finacial Times rivela che alcuni diplomatici europei sotto sotto vedrebbero quest’ipotesi quasi di buon occhio. Almeno tirerebbe fuori l’Unione europea dall'attuale imbarazzo.


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