Lecce

Lecce - Di Paolo Margari - Flickr, CC BY 3.0

La Puglia è sempre stata molto attenta a ciò che accade nei paesi a lei dirimpettai. Non fa eccezione una delle sue espressioni culturali, il Festival del cinema europeo di Lecce

11/04/2018 -  Nicola Falcinella

C'è come sempre molto sud-est Europa al 19° Festival del cinema europeo di Lecce in corso fino a sabato 14 aprile. Oltre a omaggi alla regista ungherese Ildiko Enyedi e agli attori Jasmine Trinca e Kim Rossi Stuart, la manifestazione pugliese dedica una personale a Michael Winterbottom. Il regista inglese, vincitore tra l'altro dell'Orso d'oro di Berlino nel 2003 per “Cose di questo mondo”, è da ricordare per “Benvenuti a Sarajevo” (1997), uno dei migliori film sull'assedio alla capitale bosniaca, in calendario giovedì.

Nel concorso per Ulivo d’Oro, vinto lo scorso anno dal croato “The Constitution – Due insolite storie d'amore” (“Ustav Republike Hrvatske”) di Rajko Grlić, ora nelle sale italiane, c'è una forte rappresentanza di Balcani e Caucaso. Vincitore di parecchi premi internazionali è “Scary Mother” della georgiana Ana Urushadze, presentato con la presenza del direttore della fotografia Konstantin Mindia Esadze. C'è poi il curioso “3/4” del bulgaro Ilian Metev, premiato lo scorso anno a Locarno e noto anche per il documentario “Last Ambulance in Sofia”.

La Romania è rappresentata da “Pororoca” di Constantin Popescu (autore già di “Portrait of the Fighter as a Young Man” oltre che per un episodio de “I racconti dell'età dell'oro”) con Bogdan Dumitrache, storia di una famiglia messa in crisi dall'improvvisa scomparsa della figlia in un parco.

Immancabile anche il cinema turco con “Yellow Heat – Sari sicat” dell'esordiente Fikret Reyhan, con la presenza della produttrice Cemre Ceren Hasarli. Un dramma familiare che esplora una Turchia tra passato e futuro, tra miseria e sogni, tra campagna e città che avanza e ingloba tutto.

Infine “Agape” del croato Branko Schmidt (noto per “The Melon Route – Put Lubenica”) con la presenza dell’attore protagonista Goran Bogdan. Nel cast anche Denis Muric, il ragazzo di “Figlio di nessuno” e “Enklave”, che interpreta un adolescente orfano che attira le attenzioni del prete Miran (Bogdan).

Fuori gara mercoledì è in programma la proiezione di “Broken” di Edmond Budina, coproduzione tra Albania, Italia e Macedonia, nuovo lungometraggio del regista d'origine albanese trasferito a Bassano del Grappa dal 1992 e noto per “Lettere al vento” e “Ballkan Bazar”. Il film sarà preceduto da un incontro su “Cinema e cultura albanese” con interventi tra gli altri di Anila Bitri (ambasciatore della Repubblica d’Albania in Italia), Iris Elezi (direttore dell’Archivio centrale del film albanese) e di Edmond Budina, Adele Budina e Paolo Spina (regista e produttori del film).

Nella sezione “Commedia Europea” è proposto il turco “Taksim Hold'em”, esordio nel lungometraggio di Michael Onder, con il protagonista Alper che preferisce una partita a poker con gli amici allo scendere in piazza con la fidanzata per protestare contro il governo.

Tra i finalisti del Premio Lux dell'Unione Europea sarà proiettato il bel “Western” della tedesca Valeska Grisebach ambientato in Bulgaria, nel cantiere di un'azienda che sta costruendo una nuova strada tra la diffidenza dei locali. Un film proposto nel focus sul cinema bulgaro al recente festival Sguardi altrove di Milano dove era in concorso il turco “Hemsire – The Nurse” di Dilek Çolak. Quest'ultimo è un altro lavoro d'esordio molto buono che conferma la forza del movimento delle registe del paese cerniera tra Europa e Asia. L'infermiera trentacinquenne Leyla si sente grassa e si impegna a dimagrire, con poco successo. Nell'infermeria del carcere in cui lavora si occupa di Kerem, un prigioniero politico in sciopero della fame per protesta. Il prigioniero scrive molto, ma gli censurano le lettere e la donna inizia a portargli in cella riviste di viaggi. A un certo punto le condizioni di lui peggiorano, inizia ad avere incubi, a farneticare di fuggire. Un film duro e poetico, realista e anche un po' astratto, tra costrizione e fuga fantastica. I due protagonisti sono molto diversi, ma accomunati da una reclusione, ma il carcerato è più libero: ha ideali e sogni, si dice innamorato della rivoluzione; mentre Leyla è schiacciata e imbruttita dalla quotidianità, si sente vista dagli altri solo come “palla di lardo”, ha dedicato tutta la vita alla famiglia, non si è mai sentita se stessa. Nell'incontro Leyla prende coscienza di esistere come persona e donna. Molto bella la scena del gabbiano, per lui è un'evasione con la fantasia, lei ne è quasi impaurita. L'uccello è un chiaro simbolo di libertà e torna più volte, anche sul fazzoletto che lui le dona. Un film politico e mai banale, che parla di torture e affronta la condizione femminile con sensibilità e senza fronzoli.

Sempre tra le registe turche, da menzionare anche “Torn Love - Iki Yaka Yarim Ask” di Nurdan Tümbek Tekeoğlu, produttrice al debutto dietro la macchina da presa, che sarà nei prossimi giorni al Let's Cee Film Festival di Vienna. Un interessante melodramma che collega il presente al passato e riflette sulla Storia, con una regia un po' acerba ma con diverse idee, una tenerezza e un'amore per i personaggi. Nel 1924 madre, figlia e nipote sono costretti a lasciare Salonicco via mare e tornare in Turchia, in una casa fatiscente sul mare, male accetti e chiamati “infedeli”. L'adolescente Ali si innamora della coetanea Nergis, osteggiato dal villaggio, e, una volta partito per Istanbul con la famiglia, serberà il cuore per lei. Rimpianto e malinconia dove le persone pagano le conseguenze per questioni più grandi di loro.


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