Turbine eoliche offshore in Olanda - © fokke baarssen/Shutterstock

Turbine eoliche offshore in Olanda - © fokke baarssen/Shutterstock

Ricavare energia rinnovabile dal vento - installando turbine in mare aperto - sarà sempre più necessario, ma altrettanto lo è rispettare la biodiversità. In Adriatico questa sfida è ancora tutta da giocare: il progetto Beyond nasce per vincerla, partendo da Italia e Croazia

04/06/2025 -  Marta Abbà

Tra il 2015 e il 2021 l’eolico offshore in Europa ha registrato + 326% del proprio valore nominale , solo nel 2024 secondo WindEurope c’è stato un aumento di capacità di produzione pari a 2,6 GW e altri simili dovranno essercene almeno fino al 2030 se l’Ue resterà fedele alla strategia che lei stessa ha steso per la produzione di energie rinnovabili offshore in cui promette di “installare in media quasi 12 GW/anno”.

L’eolico offshore non resterà quindi un settore di nicchia, anzi, sarà molto probabilmente una presenza sempre più visibile sia nei panieri energetici degli stati membri, sia nei nostri paesaggi.

Lo conferma anche Paolo Della Ventura, esperto di energia eolica che da anni ne racconta gli sviluppi sul sito Via col Vento e che, come membro del direttivo di Italian Climate Network, ne sottolinea l’importanza anche dal punto di vista climatico. La ritiene una rinnovabile fondamentale per provare a rispettare gli impegni energetici presi nel 2015 con gli Accordi di Parigi per contenimento dell’innalzamento della temperatura globale.

I conti dell’eolico offshore

“La crisi climatica è sempre più veloce e più feroce e va affrontata con ogni mezzo possibile, senza però inventare nulla di nuovo. È lo stesso IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nel suo ultimo report a indicarci la strada: puntare su solare ed eolico - spiega Della Ventura - tra queste, la tecnologia con resa maggiore in termini di abbattimento di emissioni di gas serra e di costi è proprio quella dell’eolico offshore. Nei prossimi anni sarà sempre più diffusa e, probabilmente, anche più performante, soprattutto vedendo i progressi compiuti in Cina”.

Già facendo i conti su quanto realizzato finora solo sul territorio europeo, emerge chiaramente come l’offshore abbia costi ridotti, rispetto ai combustibili fossili, ma anche rispetto all’eolico onshore.

“Negli impianti a terra ogni singola turbina produce in media 5 MW, per realizzare un parco da 40 MW ne servono quindi almeno 8. Con l’offshore si passa a 15-18 MW a singola turbina, quindi per un parco di equivalente produzione ne servono solo 3 - spiega Della Ventura - sono pale con un'altezza media di 220 metri e sono in grado di ottimizzare la capacità eolica presente in mare, più costante e potente. In futuro si mira a realizzare singole turbine da oltre 20 MW”.

Il rispetto della biodiversità non è accessorio

Se queste cifre fanno pensare che l’eolico offshore avrà la strada spianata, altre suggeriscono prudenza nell’implementarlo ovunque e comunque. Per esempio quelle relative ai rischi che i suoi impianti possono comportare per la biodiversità marina e terrestre.

Secondo uno studio inglese pubblicato nel 2024, infatti, nella fase di costruzione, il loro impatto è definito “prevalentemente negativo (52%)” soprattutto per specie marine come sogliola, merluzzo, platessa e per volatili come uria, fulmaro boreale e moretta.

Meno preoccupa la fase operativa in cui gli effetti sulla biodiversità possono essere tanto negativi (32%) che positivi (34%), molto dipende dalle specie, dalla tipologia di impianti e, soprattutto, dalla situazione geografica e ambientale in cui un impianto è stato installato.

Per lasciar avanzare l’eolico offshore (e la transizione verde europea) ma lasciar vivere pesci e uccelli nel proprio habitat naturale, serve quindi analizzare ogni singolo contesto in modo minuzioso, prendendosi più tempo rispetto ad oggi per effettuare valutazioni di tipo ambientale.

Lo dice lo stesso studio, sottolineando che “in generale, oltre l’86% dei possibili impatti dell’eolico offshore sulla biodiversità rimane sconosciuto”. Lo conferma Gianluca Sarà, ecologo marino dell’Università di Palermo che più volte ha personalmente collaborato con le istituzioni per stimare le conseguenze che un particolare progetto di eolico offshore avrebbe potuto avere su flora e fauna marina.

“Ogni valutazione è da dividere in tre, una per ogni componente dell’impianto. La parte che si aggancia ai sedimenti sul fondo è quella che crea maggiori danni, soprattutto vicino alla costa, perché fino a circa 300 metri di distanza esiste maggiore biodiversità e vivono tante comunità utilizzate anche dalla pesca. Più al largo, gli effetti negativi possono invece essere più ridotti - afferma Sarà - questo vale in generale ma, nell’Adriatico, si deve tenere conto che i fondali sono prevalentemente composti da fanghi terrigeni e ospitano specie delicate e protette.

Un'analisi pre-installazione dell’eolico offshore dovrebbe quindi a maggior ragione prevedere una valutazione particolarmente attenta delle comunità bentoniche presenti, per evitare di danneggiare quelle di importanza prioritaria ai fini della conservazione”.

Non sempre esistono effetti negativi e non sempre sono duraturi, ma in ogni caso con l’aggancio dell’impianto al fondo “la struttura tridimensionale del fondale inevitabilmente cambia e la maggior parte delle specie che vi abitano, non avendo la possibilità di muoversi, sono costrette ad adattarvisi”.

Pensando alle altre due componenti degli impianti, quella che compare in superficie e quella che interviene sulla colonna d’acqua sottostante, Sarà si dice meno preoccupato perché ci vivono “specie in grado di spostarsi agilmente e le conseguenze sulla loro conservazione sono meno negative”.

Dopo aver visto con i propri occhi come sono gli studi realizzati in vista della realizzazione di impianti eolici offshore, l’ecologo resta però convinto che, anche se prevista dal protocollo, la protezione della biodiversità non sia ancora una reale priorità sia per chi investe in un progetto di eolico offshore, sia per chi lo valuta da esterno.

“Ci sono ancora iter di approvazione fortemente finalizzati a massimizzare le performance energetiche, in un studio di costi e benefici serio, la biodiversità dovrebbe comparire come una componente fondamentale da valutare, non accessoria - spiega - Aggiungerebbe complessità ma transizione verde e protezione dell’ambiente devono camminare assieme. E i modi per far sì che avvenga esistono”.

L’Adriatico si affaccia all’eolico con Beyond

Non in Adriatico, dove l’eolico offshore deve ancora decollare, ma di esempi di impianti realizzati tenendo conto della biodiversità preesistente se ne possono trovare diversi anche già operativi nel Nord Europa.

Nei Paesi Bassi il parco eolico Fryslan che a nord di Amsterdam alimenta 500mila abitazioni, sfrutta l’intelligenza artificiale per monitorare ed evitare di danneggiare gli uccelli marini come la sterna, per esempio, ed è stato progettato fin dall’inizio tenendo conto del benessere della fauna selvatica.

Lo stesso vale per il parco eolico offshore Hornsea 3 sorto in Inghilterra, assieme al quale sono state realizzate come misure di compensazione ecologica una serie di strutture di nidificazione artificiale per uccelli marini.

Per quanto riguarda gli impatti sulla biodiversità sottomarina, un esempio a cui ispirarsi potrebbero essere le scogliere artificiali per stimolare la vita marina installate vicino alla piattaforma di trasformazione eolica offshore Hollandse Kust in Olanda, sul Mare del Nord. Oppure l’impianto di Kriegers Flak gestito a quattro mani dalla società elettrica statale svedese Vattenfall e dall’Università di Aarhus in Danimarca, che lo hanno pensato fin dall’inizio perché sotto le turbine sorgesse un allevamento sperimentale di frutti di mare.

Anche l’inclusione nella rete diffusa di siti ecologici Natura 2000 ottenuta a marzo 2025 dalla Svezia per il suo eolico galleggiante di Mareld da 2,5 GW è l’ennesimo segnale per chi sta disegnando, valutando o realizzando quelli che sorgeranno nell’Adriatico: gli impianti di rinnovabili possono e devono essere alleati della biodiversità.

Per ribadirlo e incoraggiare anche altri Paesi membri a realizzare progetti come quelli citati, l’Unione Europea nella primavera del 2024 ha lanciato un progetto interregionale da 1,76 milioni di euro (per l’80% finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale) in area mediterranea per identificare un modello di eolico offshore inclusivo e attento alla biodiversità e alle comunità locali, oltre che al numero di Watt prodotti.

Si chiama Beyond , si concentra su quattro regioni “pilota” individuate tra Croazia e Italia e mira a disegnare e sperimentare nuovi modelli di eolico in mare che producano energia rinnovabile ma non danni alla biodiversità, né a breve né a lungo termine. È vero che l’eolico offshore sta prendendo piede solo ora nell’Adriatico ma, a maggior ragione, meglio partire con quello giusto.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Cohesion4Climate" cofinanziato dall’Unione europea. L’UE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBCT.


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