L'unità europea rischia di naufragare - anche se non solo - sulle scogliere delle bella isola mediterranea consacrata un tempo ad Afrodite. Ma, come la stessa dea, potrebbe anche rinascere dalle sue luminose e spumeggianti onde. Appunti da una conferenza sul ruolo di Cipro alla vigilia della presidenza di turno Ue

28/06/2012 -  Fabrizio Polacco

"Può l'Europa naufragare a Cipro? Diritto e diritti vs. sovranità nazionale, il recupero del progetto federalista": questo il tema dell'incontro-conferenza stampa organizzato dalla rivista di area radicale Diritto e libertà , presso la sala Nassiriya al Senato in Roma lo scorso mercoledì 20 giugno. Come sottolineato dal Sen. Marco Perduca, che ha coordinato i lavori, l'incontro ha visto una novità assoluta: il primo intervento pubblico in Italia di una rappresentante ufficiale della 'Repubblica Turca di Cipro Nord' (K.K.T.C), l'entità dichiaratasi indipendente nel 1983 in quella parte dell'isola di cui le truppe turche presero il controllo nel 1974 (a seguito dei fatti che portarono, tra l'altro, alla caduta del regime dei colonnelli in Grecia). Come ha rilevato nel suo intervento anche Emma Bonino, attuale Vicepresidente del Senato, poiché la Repubblica nord cipriota non è riconosciuta da alcuno stato eccetto che dalla Turchia - quindi neanche dall'Italia - la sua rappresentante, Ferit Novber Vechi, non gode né del ruolo né del titolo di 'ambasciatore'.

Due stati in una stessa isola

E' però proprio su questo punto, quello di un eventuale riconoscimento internazionale, che si è registrata una delle più rilevanti convergenze da parte di alcuni autorevoli interventi (tra cui quello dell'Ambasciatore della Turchia in Italia, Hakkı Akil, del Sen. Pietro Paolo Amato, Presidente dell'Ass. parlamentare di amicizia Italia-Turchia, e dell'ex ambasciatore ad Ankara Carlo Marsili; oltre che della stessa 'rappresentante' nord cipriota, ovviamente): la necessità di porre un limite temporale, una scadenza ben precisa, alle lunghe e finora vane trattative tra le due parti dell'isola condotte sotto l'egida dell'ONU; e, in assenza di risultati, di avviare un processo di riconoscimento internazionale di 'due Stati' in una stessa isola: un po' come quello che si sta realizzando per il Kosovo, o, per rimanere in ambito UE e in situazione assai differente, come è avvenuto tra Cechia e Slovacchia. E' stato autorevolmente ricordato che tale riconoscimento risulterebbe agevole grazie al fatto che la Turchia occupa attualmente la carica della Segreteria Generale della Conferenza della Cooperazione Islamica, l'organizzazione di Stati di matrice islamica che conta ben 57 associati.

Tale processo, se effettivamente avviato, porterebbe certo nuovamente in risalto sul piano internazionale la spinosissima questione cipriota, andando ad accentuare le frizioni tra Ankara e l'UE già prevedibili a causa dell'assunzione della Presidenza di turno - dal primo luglio 2012 - proprio da parte della Repubblica di Cipro (la quale invero controlla la sola parte a maggioranza greca dell'isola): il tutto, va ricordato, nel contesto dell'effettivo stallo delle trattative per l'ingresso della Turchia nell'Unione. La questione cipriota presenta ora anche risvolti economici di rilievo, come segnalano le polemiche tra Repubblica di Cipro e Turchia in merito allo sfruttamento di cospicui giacimenti di gas rinvenuti nelle acque dell'isola, nonché le sovvenzioni finanziarie garantite a Cipro - in profonda crisi di bilancio sulla scia della Grecia - nientemeno che dalla Russia di Putin, prima ancora che dall'Unione europea di cui pure la Repubblica Cipriota fa parte.

Europa delle patrie o Europa federata

Insomma, proprio su Cipro, come recita il titolo della conferenza, l'Europa politica rischia di naufragare. Un'impostazione diversa, o forse semplicemente più complessiva, è quella emersa dalle parole di Emma Bonino. Premesso che, comunque, a suo parere "l'Europa già rischia di naufragare di suo" - indipendentemente quindi dalla disputa irrisolta tra Cipro Nord e Sud - l'esponente radicale ed ex Commissaria UE ha collocato la questione dell'isola nel più ampio contrasto di fondo tra 'nazionalisti' e 'federalisti' europei: vale a dire tra propugnatori di una 'Europa delle patrie' che è sostanzialmente un coordinamento volontaristico ed intergovernativo tra Stati che restano poi del tutto sovrani e indipendenti tra loro (con quali risultati è facile vedere nella ondivaga e maldestra gestione della attuale crisi economico-finanziaria), e una Europa federata, sull'esempio degli USA, dotata di parlamento con poteri legislativi effettivi e di un governo unitario; in questo secondo contesto la crisi cipriota potrebbe trovare una composizione morbida e magari anche una soluzione definitiva: è chiaro infatti che, in un'Europa politicamente unita, dotata ad esempio di politica estera e di esercito comuni, non avrebbe più senso continuare a proclamare Stati indipendenti e sovrani.

Ecco che allora Cipro costituisce in realtà una sorta di "microcosmo in cui si riflettono tutte le contraddizioni irrisolte della costruzione europea". Notoriamente amica delle Turchia e da sempre schierata in favore di un suo ingresso nell'Unione europea, la vicepresidente del Senato non ha omesso un accenno ad attuali 'deviazioni dallo stato di diritto' in questo Paese (il riferimento era soprattutto alle polemiche sollevate dall'opposizione sulle condizioni della libertà di stampa e di informazione in Turchia, preoccupazioni che il Governo dell'AKP ritiene tuttavia ingiustificate): anche sotto tale aspetto Ankara non potrebbe che trarre giovamento da un più stretto legame con l'Europa.

Insomma, la travagliata e pericolante Unione europea potrebbe e dovrebbe fare molto per Cipro. E d'altra parte proprio da quest'isola che sembra puntare il suo lungo 'dito indice' (la penisola di Karpaz) sul complesso quadrante geopolitico mediorientale, potrebbe giungere un'ulteriore spinta alla trasformazione della stessa Unione in un organismo più definito e quindi anche più incisivo sul piano internazionale: questo è stata la conclusione sulla quale si è riscontrato un accordo davvero unanime degli interventi in programma, tra i quali ricordiamo anche quelli di Mariano Giustino, direttore di Diritto e Libertà, e Nathalie Tocci, Vicedirettore dell'Istituto Affari Internazionali.

I turchi europei

Senza contare un'altra circostanza, forse poco sottolineata: già 'di diritto' i circa 200.000 turchi che vivono nel settore nord dell'isola fanno parte dell'UE, e quindi il rendere anche effettiva e fattuale la loro appartenenza, sotto i vari profili giuridici e pratici, innescherebbe interessanti processi sociali e culturali da una parte e dall'altra del Mediterraneo: essi si troverebbero infatti ad essere da questo punto di vista 'privilegiati' rispetto ai cittadini della Repubblica Turca. D'altra parte, per quanto riguarda la spesso diffidente opinione pubblica degli attuali Paesi UE, essi costituirebbero una sorta di piccolo ma significativo 'campione' dei 70.000.000 cittadini della Turchia che, almeno formalmente, attendono da anni di essere ammessi nell'Europa politica. Insomma, l'unità europea può certo naufragare - oltre che da molte altre parti - sulle scogliere delle bella isola mediterranea consacrata un tempo ad Afrodite; ma, come la stessa dea, potrebbe anche nascere dalle sue luminose, spumeggianti onde.   


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