Kragujevac, Gughi Fassino

Cosa significa ricordare un passato che non è più? Cosa significano gli oggetti nel percorso di ricostruzione del sé perduto? Eurocream, il dentifricio Kalodont, la Zastava 750 e la Jugonostalgija. Una tesi di laurea

28/10/2014 -  Eva Zilio

Attraverso il saggio/volume/dizionario/contenitore di ricordi Leksikon YU Mitologije, in questo lavoro si analizza l’importanza dell’oggetto nella creazione dell’immaginario collettivo e della cultura condivisa in regimi di tipo socialista e di conseguenza il ruolo che esso riveste dopo la caduta del regime stesso, che in questo caso è la SFRJ (Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia).

Base di quest’indagine è il seguente postulato: la produzione in serie e il monopolio statale hanno fatto sì che nell’ex Repubblica Federale tutti condividessero gli stessi beni, che questi livellassero le differenze tra ceti, divenendo parte di quell’immaginario quotidiano che, soprattutto dopo la caduta traumatizzante del regime in questione, è divenuto tassello indispensabile per la ricostruzione di quello che era, ma soprattutto di quello che si era.

Secondo questa visione, l’oggetto materiale acquista un valore simbolico che va ben oltre la sua funzione pratica: si carica di una valenza aggiuntiva che dura nel tempo e definisce dei tratti estremamente connotativi.

Nell’esperimento socialista, la fruizione e la percezione dell’oggetto da parte del cittadino avevano un ruolo chiave nella costruzione del discorso culturale. I prodotti autarchici erano caricati di un’aura portatrice del messaggio ideologico. Possiamo quindi riscontrare questo doppio rapporto: l’importanza estrema della fruibilità dell’oggetto affiancata dal ruolo emotivo che esso assume.

Quando il regime sparisce improvvisamente, l’oggetto defunzionalizzato resta impresso nelle menti in tutto il suo valore affettivo. Nel rapporto relazionale tra soggetto e oggetto viene quindi meno la funzione pratica e si innesca un processo di risemantizzazione della cosa in questione. Esso resta baluardo di una serie di ricordi, emozioni, sensazioni di una vita sparita che ha cessato di essere e che forse, proprio per questo, esercita un fascino sempre maggiore.

Il passato è facile da lodare in un presente di fatica, guardando ad un futuro incerto. Si innesca così un tipo di memoria proustiana, ovvero il ricordo spontaneo, sulla quale si basa questo sentimento di attaccamento agli oggetti spariti: è ciò che si definisce jugonostalgija.

Attraverso l’oggettistica si possono ricostruire momenti della vita passata, situazioni tipiche, sia private che condivise. Quando poi si tratta di una separazione traumatica dalla propria nazione, come nel caso dei profughi di guerra, gli oggetti hanno un’importanza forse ancora più grande. L’evento traumatico infatti porta a cancellare quelli che sono i ricordi ad esso legati e per molti si è trattato di una vera e propria perdita di identità. E’ grazie ad una ricostruzione a tappe attraverso i beni materiali che si può ricreare il ricordo e tentare una ri-definizione del sé perduto.

Questo è il processo attuato nel romanzo di Dubravka Ugrešić Il ministero del dolore. In quest’analisi si propone, sulla scia del lavoro di recupero fatto dalla scrittrice sia nel già citato romanzo che nel progetto del Leksikon, un focus su tre elementi specifici: la Zastava 750 (Fića), il dentifricio Kalodont e l’Eurocream. Per concludere la risposta ai tre quesiti iniziali, l’oggetto, letto nel caos di identità smarrite causato dalla dissoluzione del regime jugoslavo, è un libro di ricordi, che apre un mondo di memorie e piccole sensazioni di carattere proustiano legate l’una all’altra attraverso una serie di impulsi sensoriali e mentali di cui esso è scrigno. Ricordare tramite esso significa innescare un processo di memoria inversa che è quello che si definisce, appunto, jugonostalgija.


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