Un'ansa del fiume Vjosa nei pressi di Kanikol, Albania - © Darkdriver84/Shutterstock

Il fiume Vjosa nei pressi di Kanikol, Albania - © Darkdriver84/Shutterstock

Il 13 giugno il governo albanese si è impegnato a istituire un Parco Nazionale dedicato alla Vjosa, ultimo grande fiume europeo libero da argini e dighe. La decisione segue a una mobilitazione internazionale quasi ormai decennale

20/06/2022 -  Marco Ranocchiari

L’ultimo fiume d’Europa ancora allo stato selvaggio ospiterà il primo parco nazionale fluviale del continente. È questo l’impegno firmato il 13 giugno dal ministro albanese dell’Ambiente Mirela Kumbaro e da Ryan Gellert, CEO di Patagonia, il brand di abbigliamento sportivo che da anni supporta una mobilitazione ormai diventata globale. Nel memorandum, firmato al Teatro dell’Opera di Tirana alla presenza del premier Edi Rama e dei rappresentanti delle ong della coalizione Save the Blue Earth of Europe, le parti si danno un mese di tempo per costituire un gruppo di lavoro incaricato di intraprendere tutti i passaggi per trasformare il parco in realtà.

A differenza dei parchi tradizionali, in un parco fluviale a essere protetta non è una porzione del territorio ma il fiume stesso, in questo caso la Vjosa in tutta la sua lunghezza fino al confine con la Grecia e i suoi affluenti. A causa della velocità con cui si evolvono i corsi d’acqua e della molteplicità delle funzioni che svolgono, è difficile stabilire e rispettare criteri standardizzati per questo tipo di aree protette, che per questo sono rarissime. Quello della Vjosa sarà il primo in Europa ad assurgere allo status di parco nazionale.

Sono quindi in molti nel continente a guardare con interesse a quello che succederà. Se andrà bene, la speranza è di esportare il modello ai numerosi corsi d’acqua quasi integri dei Balcani, tutti minacciati dall’idroelettrico, e anche nel tratto montano della Vjosa stessa, in Grecia (dove si chiama Aoos), che già attraversa un parco nazionale.

Oltre a un sistema di gestione e controllo, il parco sarà pensato per accogliere visitatori, ospitare attività scientifiche ed educative e rappresentare un’opportunità economica per le popolazioni che ancora vivono a contatto col fiume.

Dieci anni di battaglie

La Vjosa ha assunto da qualche anno una grande visibilità internazionale, anche grazie alla presa di posizione di celebrità come Leonardo di Caprio  e a un documentario di grande successo - Blue Heart - prodotto da Patagonia. Ma la mobilitazione per salvarla è partita molto più in sordina, quasi dieci anni fa.

“Lungo la Vjosa e suoi affluenti erano previste quaranta centrali idroelettriche”, racconta Besjana Guri dell’associazione Eco Albania, tra le prime a schierarsi in difesa del fiume. “Nel 2017 abbiamo vinto, insieme a trentotto residenti nei pressi del fiume, una causa che all’ultimo bloccò una diga a Poçem, nel tratto pianeggiante del fiume. Pochi mesi dopo, però, il governo aveva autorizzato la ripresa dei lavori di un’altra diga, quella di Kalivaç, iniziati nei primi anni 2000 e poi abbandonati”. Tra alterne vicende, uno stop definitivo all’opera sarebbe arrivato solo nel 2021.

Nel frattempo gli ambientalisti si erano raccolti nella coalizione Save the Blue Heart of Europe, che unisce diverse ong balcaniche, l’austriaca River Watch e la fondazione tedesca EuroNatur, in difesa di tutti i fiumi della regione. Le iniziative si moltiplicavano, dalle iniziative legali alle manifestazioni in piazza, passando per concerti affollati e spettacolari discese in kayak. Anche parte della comunità scientifica si impegnava direttamente. Nel 2020 alcuni ricercatori albanesi lanciavano una petizione che sarebbe stata sottoscritta da oltre 700 scienziati di tutto il mondo.

In un sondaggio effettuato alla fine del 2020, il 94% degli albanesi si dichiarava favorevole a proteggere la Vjosa. Il tema fece il suo ingresso nella campagna elettorale del 2021, in cui Edi Rama - poi vincitore - aveva promesso l’istituzione del parco nazionale.

An image of the campaign for the establishment of the Vjosa River National Park

Da allora, però, nulla era stato fatto. In compenso trapelavano notizie poco rassicuranti, come quella dell’avvio, da parte della Shell, di una campagna esplorativa alla ricerca di idrocarburi nella zona.

Il 26 gennaio di quest’anno, infine, il governo aveva annunciato la creazione di un parco naturale, e non nazionale come ci si aspettava. “Un parco naturale è una categoria di protezione troppo bassa”, spiega Besjana Guri “in cui le centrali idroelettriche non sono esplicitamente vietate. E la proposta non comprendeva gli affluenti”. Fu allora lanciata una petizione che a oggi ha superato le 50mila firme, mentre luoghi iconici di tutto il mondo - dal Gran Canyon del Colorado alla Opera House di Sydney, passando naturalmente per le principali città albanesi ed europee - diventavano sfondo di enormi scritte “Vjosa National Park Now”.

Dopo un lungo negoziato, infine, è arrivato il memorandum. A questo punto, salvo colpi di scena, non ci sono più grossi ostacoli, anche grazie al supporto ormai ufficializzato di Patagonia. Il brand californiano, che investe parte dei suoi ricavi in cause ambientali e da anni è in prima fila nelle campagne per i fiumi balcanici, si è impegnato a mettere a disposizione le proprie “capacità e competenze all'istituzione del Parco Nazionale”.

Un unicum in Europa

La Vjosa nasce nelle montagne del Pindo, in Grecia, e sfocia nell’Adriatico nei pressi di Valona. Le sue acque turchesi, nel loro percorso dalle strette gole del tratto montano ai meandri intrecciati in sconfinati alvei di ghiaia, rappresentano un hotspot di biodiversità unico nella regione.

Il tratto medio, da solo, fornisce almeno 8 tipi di habitat della massima importanza per la conservazione a livello europeo, mentre il fiume nel suo complesso ospita almeno quindici specie minacciate a livello globale e settantacinque incluse nella Lista Rossa delle specie a rischio estinzione in Albania.

In realtà una diga su questo fiume esiste, nel tratto greco in prossimità della sorgente. Ma superato questo primo ostacolo la Vjosa scorre libera di inondare vaste pianure alluvionali, depositare i sedimenti e cambiare periodicamente il suo percorso, e così fanno i suoi numerosi affluenti.

Le piene forniscono ai villaggi della Vjosa terreni fertili, mentre l’abbondanza e la diversità dei pesci è vitale per il benessere dei pescatori locali, soprattutto nella parte inferiore. Secondo i proponenti il parco rappresenterebbe un’opportunità per le comunità che vivono lungo il fiume. Prima della pandemia il turismo nella regione cresceva del 15% l’anno e le attività connesse all’acqua, dal kayak al rafting, sono più che raddoppiate in pochi anni. Se gestito in maniera accurata, il parco potrebbe offrire opportunità lungo l'intero percorso del fiume, senza danneggiare il territorio.

“C'è ancora molto lavoro da fare prima di poter garantire il futuro del Vjosa” conclude Guri, “ma il memorandum raggiunto è una pietra miliare per l'Albania e per i difensori dei fiumi di tutto il mondo”.


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