White House (foto Matt H. Wade)

White House (foto Matt H. Wade )

La scorsa settimana il premier serbo Aleksandar Vučić è andato in visita negli Stati Uniti. La visita può essere definita un successo, gli USA appoggiano la Serbia ma fissano i “compiti a casa”

12/06/2015 -  Dragan Janjić Belgrado

“Per quanto riguarda il sostegno americano, la risposta è 'sì', avete il nostro sostegno politico. Ma se mi chiedete se esso è senza condizioni, devo dire che desideriamo sostenervi, ma voi dovete fare i vostri compiti a casa”. Questa dichiarazione dell’ambasciatore americano a Belgrado Michael Kirby rilasciata alla Radiotelevisione della Serbia dopo la visita del premier Aleksandar Vučić negli Usa la scorsa settimana, descrive bene quest'ultima. Detto in parole povere, per la Serbia le porte restano aperte, ma l’evolversi della situazione dipende soprattutto dalla sua capacità di adempiere alle richieste poste.

Di sicuro l’incontro più importante che Vučić ha avuto a Washington è stato quello con la consigliera del presidente americano per la sicurezza nazionale Susan Rice. E' stato non a caso l’incontro dopo il quale il governo degli Stati Uniti ha rilasciato un comunicato stampa ufficiale con cui ha manifestato il sostegno al cammino della Serbia verso l’integrazione europea, ha ribadito la necessità di continuare da parte della Serbia nell'impegno profuso nei negoziati con il Kosovo e ci si è detti convinti che ulteriori sforzi vi saranno anche nella direzione dell'integrazione euroatlantica.

È chiaro quindi che Washington sosterrà gli sforzi della Serbia per far sì che il prima possibile diventi membro dell’Unione europea, ma si aspetta che Belgrado mostri chiaramente da che parte vuole stare. Dal comunicato si evince che un aumento dell’interesse delle istituzioni serbe per l’integrazione euro-atlantica (leggi ingresso nella NATO) sarebbe una prova molto convincente dell’orientamento della Serbia nell’attuale conflitto tra Mosca da un lato e Bruxelles e Washington dall’altro. Washington, ovviamente, non si aspetta che tale svolta avvenga immediatamente, ma ha fatto sapere cosa desidera che accada.

“Il premier è arrivato per chiedere il sostegno politico americano sulla prospettiva europea della Serbia. Appoggio che, per quanto ne so, è stato ottenuto. Egli inoltre desiderava lasciare una buona impressione, di una persona che mantiene seriamente le proprie promesse e le porta a termine. Anche in questo è riuscito. Desiderava anche proporre la Serbia come fattore di stabilità regionale, altra cosa che gli Usa sostengono con favore”, ha precisato alla Tanjug, l’agenzia stampa statale serba l’esperto di politica estera Daniel Server, docente presso l’Università John Hopkins.

Compiti a casa

Vučić però, se guarda al recente passato, ha il pessimo esempio dell’ex presidente della Serbia Boris Tadić: ci si aspettava che riformasse la Serbia e che la avvicinasse di più all’integrazione euro-atlantica. Ma Tadić ha perso il sostegno di Bruxelles e di Washington proprio perché non è stato in grado di compiere quei passi avanti verso la soluzione della questione Kosovo - e di altri importanti problemi - ed è risultato poi sconfitto alle elezioni di tre anni fa.

Di contro, Vučić a Washington ci è andato preparato. Ha mostrato di essere efficace per quanto concerne la normalizzazione delle relazioni con il Kosovo, si è posto in modo responsabile rispetto alla crisi in Macedonia, ha da poco portato a casa una visita di successo in Albania, ha annunciato la soluzione del caso Bytyqi (i fratelli Bytyqi, cittadini americani uccisi dalle forze serbe durante il conflitto in Kosovo), ha aperto il dialogo con il settore non governativo e con gli organi di controllo indipendenti della Serbia, ecc.

Con queste mosse il premier serbo si è guadagnato la piena attenzione di Washington. Ora ci si aspetta che continui nella soluzione dei problemi che i precedenti governi non hanno avuto la forza di affrontare e che prosegua nel dimostrare che la Serbia fa parte del blocco di Washington e Bruxelles. Se non dovesse riuscire in questo, molto probabilmente incontrerà le stesse difficoltà di Tadić.

Vučić non ha nascosto di desiderare che Washington spinga i paesi dell’Unione europea ad accelerare l’integrazione della Serbia. Questa promessa, almeno a giudicare da quanto scritto dai media serbi, l’ha ottenuta, ma molto probabilmente è consapevole che il sostegno americano può essere utile ma non è decisivo su questa questione. Anche perché alcuni paesi che godono dell’indubbio sostegno degli USA, come per esempio la Turchia, da decenni non riescono a fare il passo decisivo verso l’UE.

L’avanzamento della Serbia dipende soprattutto dalla sua capacità di rispettare le richieste che le sono state poste, e una parte di queste richieste è stata comunicata anche a Washington. Il prossimo luglio a Belgrado arriverà la cancelliera tedesca Angela Merkel, e con lei arriveranno altre richieste, in particolare sulla normalizzazione delle relazioni col Kosovo. Sarà quella un’occasione per Vučić di verificare se le promesse di impegno da parte di Washington a favore della Serbia hanno effetto, e anche di convincere la Merkel che il governo serbo è pronto e deciso a rispettare quello che gli si chiede.

Preparativi

L’opposizione in Serbia ha parlato con un po’ di disprezzo e malizia della visita di Vučić a Washington, situazione a cui ha contribuito con una certa goffaggine il PR del premier, ponendo l’accento sulla passeggiata sul prato davanti alla Casa Bianca e sulla visita al Palazzo del Congresso, luoghi però accessibili anche ai turisti un po’ di insistenza. Il portavoce del governo evidentemente voleva dimostrare, all'opinione pubblica in Serbia, che il premier anche fisicamente è vicino ai più importanti centri del potere.

Nonostante tutto, la visita di Vučić può dirsi riuscita e per la Serbia è molto importante. È stata preparata accuratamente da entrambe le parti, con l’intento di creare le condizioni per l’avvicinamento di Belgrado a Washington e Bruxelles. Vučić in America avrebbe dovuto incontrarsi con il vicepresidente Joseph Biden, ma l’incontro è stato annullato a causa della morte del figlio di Biden. 

Le fonti di Belgrado sostengono che c'era una forte speranza che, nel caso in cui l'incontro con Biden fosse andato bene, il premier serbo avrebbe incontrato anche John Kerry. Ma è successo che Kerry si è rotto una gamba e quindi quella possibilità, se effettivamente esisteva, è sfumata. Ma gli ospiti americani hanno fatto di tutto per far sì che la visita non fosse un fiasco, mettendo in chiaro che sono pronti a sostenere la Serbia se questa, come ha precisato l'ambasciatore americano a Belgrado, fa i “compiti a casa”.

Al premier serbo è stato consentito di incontrarsi con la consigliera del presidente Barack Obama per la sicurezza nazionale Susan Rice, cosa che può essere assunta come una buona compensazione degli incontri annullati. Dopodiché a Capitol Hill Vučić si è incontrato anche con il presidente del Comitato del Senato per le forze armate John McCain. Al Dipartimento di stato ha poi parlato con l’assistente della segretaria americana per l’Europa e l’Eurasia Victoria Nuland, e brevemente si è visto con il vice di Kerry Antony Blinken.


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